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«Prima di noi ci sono state diverse specie umane caratterizzate da comportamenti che presupponevano una certa complessità intellettuale» obiettò Mary. «Homo ergaster, Homo erectus, Homo abilis, perfino l'australopiteco e il Kenyanthropus.»

«Be', mi rendo conto che siamo nel suo campo, professoressa Vaughan…» Mary si meravigliò di non averla mai invitata a chiamarla per nome malgrado tutto il tempo trascorso insieme rinchiusi a casa di Reuben «ma su Internet ho letto un bel po' di questa roba. E, dall'idea che mi sono fatta, i comportamenti di tutte quelle specie primitive non erano più sofisticati di quelli di un castoro che costruisce una diga.»

«Hanno costruito degli utensili» ribatté Mary.

«Oui. Ma non si trattava forse di utensili costruiti in serie, virtualmente identici, prodotti a migliaia nei secoli, tutti con la stessa forma, che presupponevano la stessa idea di base?»

«Be', questo è vero» convenne Mary.

«Naturalmente nel caso dei manufatti litici dovevano esserci per forza delle differenze casuali dovute alla difficoltà della lavorazione della pietra. Se fosse esistita una qualche forma di consapevolezza, gli ominidi avrebbero dovuto accorgersi che alcuni oggetti erano migliori di altri anche senza aver apportato miglioramenti alla forma standard. È un po' come per l'invenzione della ruota: non è stata ideata tout court, probabilmente si è cominciato con un manufatto a cinque facce, poi si è visto che a sei rotolava meglio, finché si è arrivati alla forma completamente tonda.»

Mary annuì.

«Senza consapevolezza, non si è in grado di capire che una versione diversa dal modello originale prodotto in serie potrebbe essere migliore. I reperti archeologici a nostra disposizione non mostrano variazioni o miglioramenti consapevoli nel tempo. E l'unica spiegazione che mi viene in mente è che i miglioramenti apportati al modello originale non erano frutto di una scelta: chi costruiva quegli oggetti non era consapevole, non era in grado di rendersi conto che quel particolare modo di scheggiare la pietra produceva uno strumento migliore rispetto al procedimento consueto. Il modello era immutabile.»

«È un ragionamento interessante» disse Mary sinceramente ammirata.

«Quando siamo di fronte a un comportamento complesso e ripetitivo degli animali, come la costruzione di una diga, lo chiamiamo istinto: e questo secondo me vale anche per la costruzione di utensili da parte dei primi ominidi. No, sono convinta che fino alla comparsa dell'Homo sapiens non si possa parlare di consapevolezza, e — qui è l'arcano — anche per i successivi sessantamila anni.»

«Che cosa intende?»

«Quando è apparso il primo uomo anatomicamente uguale a noi?» le chiese Louise riprendendo il bicchiere di caffè.

«Circa centomila anni fa.»

«Ho letto la stessa cosa sul Web. Quindi, ho capito bene? Centomila anni fa per la prima volta fecero la loro comparsa delle creature molto simili a noi, che camminavano su due gambe. Creature, a giudicare dai cranii ritrovati, con il cervello avente la stessa forma e grandezza del nostro, giusto?»

«Sì, è così» confermò Mary che aveva finito le patatine. Tirò fuori un fazzolettino dalla borsa e si nettò le dita unte.

«Ma» continuò Louise «a giudicare da quanto ho letto, per almeno sessantamila anni non manifestarono una particolare capacità intellettiva, limitandosi a seguire comportamenti fondamentalmente istintuali. Finché, quarantamila anni fa, avvenne qualcosa che cambiò radicalmente la situazione.»

«Il grande balzo in avanti!» esclamò Mary spalancando gli occhi.

«Esatto!»

Mary sentì il cuore in gola. Il grande balzo in avanti era l'espressione con la quale alcuni antropologi denominavano il grande risveglio culturale avvenuto quarantamila anni fa, che altri invece chiamavano la rivoluzione del paleolitico superiore. Come aveva detto Louise, i primi esseri umani con le stesse caratteristiche fisiche dell'uomo moderno erano comparsi già da circa seicento secoli, ma non avevano prodotto manufatti artistici, non indossavano monili, e non inumavano i morti con oggetti di nessun genere. Ma improvvisamente, a partire da quarantamila anni fa, gli esseri umani cominciarono a dipingere splendide scene sulle mura delle caverne, a indossare collanine e braccialetti e a seppellire i propri cari con cibo e oggetti di valore di varia natura che si credeva potessero essere utili ai defunti nell'altro mondo. Arte, moda e religione fecero simultaneamente la loro comparsa: davvero un grande balzo in avanti.

«Quindi vorrebbe dire che quarantamila anni fa qualche Cro-Magnon ha improvvisamente cominciato a fare delle scelte, determinando la prima scissione dell'universo?»

«Non proprio» rispose Louise, che si era alzata a prendere un secondo caffè. «Il nodo da sciogliere è stabilire cos'è che ha dato il via al grande balzo in avanti.»

«Nessuno può dirlo» disse Mary.

«Si tratta di un punto di svolta testimoniato dai reperti archeologici, che segnano la nascita della consapevolezza dell'umanità, vero?»

«Suppongo di sì» rispose Mary.

«Ma a quel momento non si accompagna nessuna mutazione fisica di rilievo; non apparve all'improvviso una nuova forma di umanità che tutto a un tratto cominciò a creare opere d'arte. Cervelli dotati di una consapevolezza in embrione esistevano già sessantamila anni fa, ma non erano in grado di attivare questa funzione. Finché non accadde qualcosa.»

«Sì, il grande balzo in avanti. Ma come ho già detto, nessuno sa cos'è che l'ha determinato.»

«Ha mai letto The Emperor's New Mind di Roger Penrose?»

Mary scosse il capo.

«È un matematico di Oxford. Sostiene che la coscienza umana segue i principi di meccanica quantistica»

«E con ciò cosa intende?»

«Che quello che noi comunemente crediamo siano l'intelligenza e la sensibilità non è determinato dalle sinapsi dei neuroni, o da spiegazioni altrettanto primitive, bensì da particolari processi quantistici. Insieme a un certo Hameroff, un anestesiologo, sostiene che la superimposizione quantistica di elettroni isolati nei microtuboli delle cellule cerebrali determina il fenomeno della coscienza.»

«Ah!» fece Mary dubbiosa.

«Be', non capisce?» disse Louise sorseggiando il secondo caffè. «Questa teoria è in grado di spiegare il grande balzo in avanti. Probabilmente centomila anni fa i nostri cervelli erano gli stessi di oggi, ma la coscienza si attivò solo quando si verificò il fenomeno di meccanica quantistica, probabilmente dovuto al caso: l'unica scissione che ha dato vita a un nuovo universo è avvenuta proprio nel modo ipotizzato da Everett.»

Mary annuì; era una teoria estremamente interessante.