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— È appena arrivata la chiamata — disse Damon a Elene. — Siamo in comunicazione con la Porta dell’Infinito. Una navetta in avaria ha chiesto alla Mallory di essere portata via dalla base principale… e un operatore, lontano dalla base… ha comunicato che Emilio e Miliko sono salvi. Non ho potuto avere la conferma… laggiù c’è un gran caos. La base dell’operatore è sulle colline; ma evidentemente tutti sono al riparo, al sicuro. Ho bisogno di mandare laggiù una delle nostre navi, magari con qualche medico.

— Neihart — disse Elene, alzando la testa verso i suoi accompagnatori. Un uomo grande e grosso annuì. — Tutto quello che occorre — disse. — Lo porteremo noi.

CAPITOLO SESTO

PELL: SETTORE VERDE UNO; 29/1/53; ore 2200 pg.; ore 1000 ag.

Era un’assemblea bizzarra, persino per Pell, quella che si svolgeva nella sezione in fondo al ritrovo, l’area dove gli schermi offrivano un po’ d’isolamento. Damon stringeva la mano di Elene, e sul tavolo c’era l’occhio rosso di una telecamera portatile, anch’essa una sorta di presenza, perché Damon aveva voluto che lei fosse tra loro, quella sera, come era sempre stato con suo padre e con tutti loro, nelle feste di famiglia. C’era Emilio, accanto a lui; e Miliko; e Josh alla sua sinistra, e dopo Miliko un gruppetto di hisa, che evidentemente stavano scomodi sulle sedie ma erano felici di poterle provare e di assaggiare cibi prelibati, e frutti di stagione. In fondo al tavolo c’erano Neihart e Signy Mallory; quest’ultima era accompagnata da militari armati che si rilassavano tranquillamente nell’ombra.

Intorno a loro c’era la musica, la danza lenta delle stelle e delle navi, sulle pareti. Il salone era tornato quasi alla normalità… non completamente, ma adesso era tutto diverso.

— Ripartirò — disse la Mallory. — Questa notte. Sono rimasta… per cortesia.

— Dove andrà? — chiese bruscamente Neihart.

— Faccia quel che le consiglio, Neihart; designi le sue navi Alleanza. Siete intoccabili, per me. E poi, al momento ho le stive piene di provviste.

— Non vada troppo lontano — disse Damon. — Francamente, non sono sicuro che la Confederazione non tenti qualcosa. Preferirei sapere che la Norway è nelle vicinanze.

La Mallory rise, senza allegria. — Lo metta ai voti. Io non me la sento di girare per i corridoi di Pell senza una scorta.

— Comunque — disse Damon, — preferiamo avervi vicini.

— Non mi chieda la rotta — disse lei. — Quella è affar mio. Conosco certi luoghi. Sono rimasta ferma anche troppo.

— Noi proveremo a fare una corsa a Viking — disse Neihart. — Per vedere come ci accoglieranno… tra un mese circa.

— Può essere interessante — ammise la Mallory.

— Buona fortuna a tutti noi — disse Damon.

PELL: MOLO AZZURRO; 30/1/53; ore 0130 pg.; ore 1330 ag.

Ormai era altergiorno, e in quell’area non commerciale i moli erano quasi deserti. Josh si muoveva rapidamente, con il nervosismo che sempre lo prendeva quando non c’era qualcuno che lo proteggesse, su Pell, e con la precisa sensazione che i pochi passanti potessero riconoscerlo. Gli hisa lo guardarono con aria solenne. Quelli della squadra dell’attracco quattro lo riconobbero senza ombra di dubbio, e anche i militari di guardia; i fucili si puntarono verso di lui.

— Devo parlare con la Mallory — disse. L’ufficiale era un uomo che lui conosceva: Di Janz. Janz diede un ordine e uno dei soldati si passò il fucile ad armacollo e accennò a Josh di salire la rampa d’accesso, e poi lo seguì nella camera stagna, in mezzo alle truppe in movimento. Presero l’ascensore e salirono nel corridoio centrale, dove i membri dell’equipaggio sbrigavano le ultime incombenze prima di partire. Suoni familiari. Odori familiari. E tutto il resto.

Lei era in sala comando. Josh fece per entrare e la guardia all’interno lo fermò, ma la Mallory alzò gli occhi e accennò di farlo passare, incuriosita.

— Ti ha mandato Damon? — gli chiese quando lo ebbe davanti.

Josh scrollò la testa.

Lei aggrottò la fronte e portò istintivamente la mano alla pistola. — Allora perché sei venuto?

— Pensavo che ti servisse un tecnico dei computer. Qualcuno che conosca la Confederazione… dentro e fuori.

Signy Mallory rise. — O che mi spari quando guardo da un’altra parte?

— Non sono andato con la Confederazione — disse lui. — Avrebbero modificato i nastri… mi avrebbero dato un nuovo passato. Mi avrebbero mandato… forse alla stazione di Sol. Non so. Ma restare su Pell, adesso… non posso. Quelli della stazione… mi conoscono. E non posso vivere in una stazione. Mi trovo a disagio.

— Un altro lavaggio del cervello potrebbe rimediare a tutto.

— Io voglio ricordare. Adesso ho qualcosa. L’unica cosa vera. Tutto quello che per me è importante.

— E allora te ne vai e l’abbandoni?

— Per un po’ — disse Josh.

— Ne hai parlato con Damon?

— Prima di venire qui. Lo sa. Anche Elene lo sa.

Signy Mallory si appoggiò al banco, e lo squadrò pensosamente, a braccia conserte. — Perché la Norway?

Lui alzò le spalle. — Nessuna fermata alle stazioni, vero? Tranne qui?

— Nessuna. — Lei sorrise a denti stretti. — Soltanto qui. Qualche volta.

— Nave lei va — mormorò Lily, fissando gli schermi, e accarezzò i capelli della Sognatrice. La nave si staccò, ondeggiò con un movimento diverso da quelli della maggioranza delle navi in arrivo e in partenza, e sfrecciò via.

— La Norway — disse la Sognatrice.

— Un giorno — disse la Narratrice, che era ritornata dalla grande sala portando tante notizie, — un giorno noi andiamo. Konstantin danno noi navi. Noi andiamo, portiamo sole in noi occhi, non paura di buio, non noi. Noi vediamo molte cose, molte cose. Bennett, lui dato noi venire qui. Konstantin, loro danno noi camminare lontano, lontano, lontano. Ma primavera viene ancora. Io voglio camminare lontano, fare me nido là… io trovo me stella e vado.

La Sognatrice rise, una risata affettuosa. E guardò il buio immenso, il movimento lento del Sole, e sorrise.

FINE