Выбрать главу

— Questa non è la completa mistura del Carnevale. Soltanto l’afrodisiaco, a metà potenza, e un rilassante muscolare. Penso che tu ne abbia bisogno, da quando ho fracassato il granchio spinale. Mi sembri nervosa.

— Sai anche troppo bene quello che mi serve.

— Così siamo in due. — Lindsay tirò su la manica floscia della propria giubba. — Ecco, Nora: adesso potresti uccidermi e chiamarla reazione allergica, stress, qualsiasi cosa. — Fissò gli sgargianti tatuaggi sulla pelle del suo braccio. — Non farlo.

Lei condivideva i suoi sospetti. — Stai registrando?

— Non permetto che ci siano nastri nella mia stanza. — Tirò fuori un paio di lacci emostatici da un armadietto in styrene e ne passò uno a Nora.

Strinse il laccio intorno al proprio bicipite, e lei fece lo stesso. Con le maniche arrotolate all’insù, aspettarono con calma che le loro vene si gonfiassero. Era il momento più intimo che avessero mai avuto insieme. Questo pensiero lo eccitò.

Lei gli fece scivolare la propria ipodermica nel cavo del gomito, e trovò la vena grazie all’improvvisa rosetta di sangue alla radice dell’ago. Lui fece la stessa cosa. Si guardarono negli occhi e premettero gli stantuffi.

Il momento passò. Lindsay ritirò l’ago e premette un tamponcino di plastica sterile contro la puntura di lei. Poi lo fece sulla propria. Allentarono i lacci.

— Pare che nessuno di noi due stia morendo.

— È un buon segno — annuì Lindsay. Buttò da parte i lacci. — Finora tutto bene.

— Oh. — Lei socchiuse gli occhi. — Mi sta facendo effetto. Oh, Abelard.

— Come ti senti? — Le prese la spalla fra le mani. Il legamento tra l’osso e il muscolo parve ammorbidirsi a quel contatto. Lei stava respirando affannosamente, le labbra dischiuse, gli occhi incupiti.

— Mi pare di fondermi — disse.

La fenilxantina colpì lui per primo. Si sentiva come un re. — Non mi faresti mai dal male — dichiarò. — Siamo due dello stesso genere, tu ed io.

Disfece i lacci e le sfilò la camicetta, poi le fece sgusciar via i calzoni dalla parte dei piedi. Le lasciò i sandali. I suoi indumenti sbatterono in aria quando li buttò via. Rotearono lentamente, a mezz’aria.

L’attirò a sé con occhi avvampanti.

— Aiutami a respirare — lei bisbigliò. Il rilassante le era arrivato ai polmoni. Lindsay le prese il mento fra le mani, le aprì la bocca, e chiuse le proprie labbra intorno ad essa. Soffiò con delicatezza e sentì le costole di lei che si espandevano contro il suo petto. La testa di Nora ciondolò all’indietro; i muscoli del suo collo erano come cera. Agganciò le proprie gambe intorno a quelle di lei, dall’interno, e respirò per lei.

Nora lasciò che le proprie braccia andassero pigramente alla deriva intorno al suo collo. Tirò indietro la bocca di una frazione di centimetro. — Prova adesso.

Tentò di penetrarla. Malgrado la propria eccitazione, fu inutile; gli afrodisiaci non avevano ancora fatto effetto su di lei. — Non farmi male — disse.

— Ti voglio — disse Lindsay. — Appartieni a me, non a quegli altri.

— Non dire questo — replicò lei. — Questo è un esperimento.

— Per loro, forse. Non per noi. — La fenilxantina l’aveva reso certo, e spericolato nella sua certezza. — Il resto non ha importanza. Ucciderò chiunque di loro, basterà che tu mi dica di farlo. Ti amo, Nora. Dimmi che mi ami.

— Non posso dirlo. — Nora sussultò. — Mi stai facendo male.

— Allora di’ che ti fidi di me.

— Mi fido di te. Ecco, è fatto. Rimani fermo un momento. È questo, dunque, il sesso?

— Non l’hai mai avuto prima?

— All’accademia una volta, per una scommessa. Non era così.

— Ti senti bene?

— Sono comoda. Procedi pure, Abelard.

Ma adesso la sua curiosità si era destata. — Ti hanno fatto anche l’analisi del piacere? Io l’ho avuta una volta. Un esercizio d’interrogatorio.

— Certo che l’hanno fatto. Ma non era niente di umano, solo pura estasi. — Stava sudando. — Su, tesoro, dài.

— No, aspetta un momento. — Ammiccò più volte, mentre lo stringeva alla vita. — Capisco cosa vuoi dire. Questo è stupido, vero? Siamo già amici.

— Ti voglio, Abelard!

— Abbiamo dimostrato quello che volevamo. Inoltre, io sono sudicio.

— Non me ne frega niente di quanto tu sia sporco! Per l’amor di Dio, spicciati!

Allora cercò di favorirla e proseguì con movimenti meccanici per circa un minuto. Lei si morse il labbro e gemette per l’anticipazione del culmine, gettando la testa all’indietro. Ma ormai, per lui tutto il significato se n’era sgusciato fuori.

— Non posso continuare — disse. — Non vedo proprio perché dovremmo darci tanto da fare.

Cercò di pensare a qualcosa di eccitante. Il solito umido turbinio d’immagini erotiche della sua mente gli pareva astratto e remoto, come qualcosa fatto da un’altra specie. Pensò alla sua ex moglie. Il sesso con Alexandrina era stato qualcosa del genere, un atto di cortesia, un obbligo.

Lindsay rimase immobile, lasciando che lei sbattesse contro di lui. Finalmente, un grido di disperato piacere le sfuggì dalle labbra.

Lui si scostò, asciugando il sudore sul collo e sul viso di Nora con la manica della camicetta. Lei gli sorrise timidamente,

Lindsay scrollò le spalle. — Capisco il tuo punto di vista. È uno spreco di tempo. Potrei avere dei problemi a convincere gli altri, ma se riuscirò a ragionare con loro…

Lei lo fissò famelica. — Ho commesso un errore. Non avrebbe dovuto essere così orribile per noi. Adesso mi sento egoista, dal momento che non hai avuto niente.

— Mi sento benissimo — insisté Lindsay.

— Hai detto che mi amavi.

— Quando l’ho detto erano soltanto gli ormoni a parlare. Naturalmente ho un profondo rispetto per te, un sentimento di cameratismo… Mi spiace di avertelo detto. Perdonami. Non lo intendevo, naturalmente.

— Naturalmente — lei gli fece eco, infilandosi la camicetta.

— Non essere amareggiata — disse ancora Lindsay. — Io sono contento che sia accaduto. Adesso lo vedo in un modo in cui non l’avevo mai visto prima. L’amore… non ha sostanza. Potrebbe essere giusto per altra gente, altri posti, un altro tempo.

— Non per noi.

— No. Adesso mi fa sentire a disagio, l’aver ridotto i nostri negoziati ad uno stereotipo sessuale. Devi averlo trovato insultante. E scomodo.

— Mi sento male — lei disse.

ESAIRS XII
24-2-’17

— Adesso stai bene, eh? — disse il Presidente, arricciando il suo naso da pugile. — Non più quelle fesserie sul fatto che noi avremmo essiccato la nostra virilità.

— No, signore, no. — Lindsay scosse il capo, rabbrividendo. — Adesso sto meglio.

— Basta così. Slegalo, Secondo Deputato.

La donna disfece le corde di Lindsay, staccandolo dalla parete della caverna.

— Ora ne sono uscito — disse Lindsay. — Adesso lo capisco, ma quando quei sopprimenti mi hanno colpito, ogni cosa è diventata limpida come il cristallo. Senza giunture.

— Va bene per te, ma noi qui abbiamo dei matrimoni — dichiarò il Primo Senatore in tono severo. Strinse la mano del Primo Deputato.

— Mi spiace — dichiarò Lindsay, sfregandosi il braccio. — Sono tutti sotto l’effetto di quella roba… qui. Salvo Nora, adesso. Non mi ero mai reso conto di quanto arrivasse in profondità. Questa gente è inflessibile, non hanno quella confusione e quella torbidezza che si accompagnano al sesso. Si adattano gli uni agli altri con la stessa precisione delle ruote dentate. Dovremo sedurli. — Li guardò: il Terzo Senatore con la testa a forma di zucca e i capelli tagliati a spazzola. Il Terzo Magistrato che si curava con calma i denti con l’unghia del pollice scheggiata. — Non sarà facile.