— E il “ware” organico? — chiese Nora. — S’irrancidirà se continueremo a restare senza corrente. Dobbiamo ridare la corrente.
— Allora saprebbero che ci troviamo nella centrale elettrica! — esclamò Paolo. — Uno di noi potrebbe riattivare la centrale, gli altri tendere loro un’imboscata! Colpirli e poi ritirarci, colpirli e poi ritirarci!
— Per prima cosa dobbiamo nascondere i cadaveri — disse Kleo. Si girò, appoggiando i piedi vicino alla porta, e tirò a sé un cavo. Comparve il Terzo Giudice, il suo collo rugoso era stato quasi completamente reciso dal filo sottile della garrota di Kleo. Le siringhe alla sua cintura erano colme di “ware” organico rubato. Come il Secondo Giudice, era stato sorpreso al momento del furto.
Paolo staccò una pellicola di plastica che nascondeva l’accesso alla nicchia segreta nella camera di lancio. I corpi del Primo e del Secondo Senatore già galleggiavano dentro di essa, uccisi da Agnes e Paolo. Spinsero dentro l’altro cadavere, riluttanti a toccarlo.
— Sapranno che si trovano qui! — esclamò Agnes. — Ne sentiranno il puzzo. — Sternuti violentemente.
— Penseranno che è la loro stessa puzza — disse Paolo, lisciando la sottile parete per rimetterla al suo posto.
— Al tokamak — disse Kleo. — Io prenderò le candele. Agnes, tu precedici.
— D’accordo. — Agnes si tolse la camicetta e la pesante retina per i capelli. Le attaccò insieme con pochi rapidi punti. Gonfiandosi in caduta libera, nell’oscurità parevano una forma umana. Agnes sgusciò dentro lo stretto corridoio, spingendo l’esca davanti a sé con il braccio teso.
Gli altri la seguirono, Nora chiudeva la fila.
Si fermarono a ciascun incrocio, ascoltando, annusando l’aria. Agnes spingeva avanti i suoi indumenti, per poi sbirciare in fretta dietro l’orlo dell’apertura. Kleo le passava la candela, cosicché potesse controllare l’eventuale presenza di nemici in agguato. Quando giunsero nei pressi della centrale tokamak, Agnes sternuti sonoramente. Un istante dopo, anche Nora sentì l’odore: un orrendo puzzo alieno. — Cos’è? — bisbigliò rivolta a Kleo, più avanti.
— Fuoco, credo. Fumo — rispose Kleo, cupa. — La riplasmata è scaltra. Credo sia andata al tokamak.
— Guardate! — esclamò Agnes. Dal corridoio che si biforcava alla loro sinistra, un sottile flusso grigiastro fluttuava alla luce della candela. Agnes passò il dito in mezzo al grigiume, e il fumo si sfilacciò, dissipandosi. Agnes tossì con la gola escoriata, e si sorresse alla parete, le sue costole nude si alzavano e si abbassavano in silenzio.
Kleo soffiò sulla candela, spegnendola. Nel buio videro un lieve luccichio riflesso lungo le curve e le svolte della liscia pietra della galleria.
— Fuoco — disse Kleo. Per la prima volta, Nora sentì la paura nella voce del proprio capo. — Vado io per prima.
— No! — Agnes sfiorò con le labbra l’orecchio di Kleo e bisbigliò qualcosa in fretta. Le due donne si abbracciarono, e Agnes proseguì furtiva lungo la galleria, lasciandosi alle spalle gli indumenti e appiattendosi contro la parete. Quando Nora seguì gli altri, sentì il sudore freddo e macchiato di fuliggine di Agnes contro la pietra.
Nora sbirciò dietro di sé, per proteggere loro le spalle. Dov’era Abelard? Era convinta che non fosse morto. Se soltanto fosse stato qui adesso, con la sua incessante loquela, e i suoi occhi grigi, luccicanti di animalesca determinazione di sopravvivere…
Un clac secco echeggiò all’improvviso in fondo alla galleria. Passò un secondo. Agnes urlò, e l’aria si riempì del pungente puzzo metallico dell’acido. Risuonarono ululati di dolore e d’odio, lo schiocco della fionda di Paolo. La schiena e le spalle di Nora si restrinsero, così all’improvviso da raggrinzirsi per il lancinante dolore, e si lanciò a capofitto lungo la galleria, assordata dalle proprie urla.
La genetica errante turbinava in mezzo al bagliore rosso del fuoco, sferzando il volto di Agnes col getto della sua arma, un mantice. L’aria era piena di globi volanti di acido corrosivo, risucchiato da un serbatoio del “ware” organico. Fili di vapore si levavano, arricciandosi, dal petto nudo di Agnes.
Su un lato, Kleo stava lottando, scalciando e sferzando, avvinghiata alla tarchiata Secondo Deputato, il cui braccio venne spezzato da un colpo di Paolo. Quest’ultimo stava tirando fuori un’altra pesante pietra dalla borsa che aveva legata in vita.
Nora si strappò la sciarpa dalla cintura con un sibilo serico, e si lanciò contro la plasmatrice nemica. La donna la vide arrivare. Serrò una gamba contro la gola di Agnes, fracassandogliela, e si lanciò in avanti con le braccia allargate per abbrancare l’avversaria.
Nora fece roteare la sciarpa appesantita in direzione del viso della donna. Questa l’afferrò, sogghignò con i denti storti, e portò un colpo fulmineo con la mano verso il viso di Nora, due dita allargate per trafiggere gli occhi. Nora si girò e le unghie le incisero le guance facendole sanguinare. Scalciò, mancò il colpo, scalciò con l’altra gamba, sentì un improvviso dolore lancinante quando la donna pirata addestrata al combattimento le affondò le dita nella giuntura del ginocchio. Era forte, d’una forza genetica fluida e ingannevole. Nora armeggiò con l’altra estremità della sciarpa e con tutto il suo peso colpì con violenza la guancia della donna pirata. Il Primo Deputato sogghignò, e Nora sentì qualcosa che si spezzava quando la sua rotula cedette. D’un tratto il sangue le schizzò su tutto il corpo, allorché un colpo della fionda di Paolo fracassò la mascella della donna.
La sua bocca penzolò aperta, insanguinata, alla luce dell’incendio, mentre la donna pirata combatteva con l’improvvisa forza selvaggia della disperazione. Il dorso del suo tallone si abbatté come un maglio sul plesso solare di Nora, mentre allo stesso tempo si scagliava con furia estrema addosso a Paolo. Paolo era pronto: la sua bola parve sbucargli dal nulla sopra la mano, sibilando come una sferza, con l’impeto d’una accetta, troncando l’orecchio della donna e penetrando in profondità nella clavicola. La donna vacillò, e Paolo schiacciò il suo corpo contro la parete.
La testa della donna pirata si ruppe come la pietra e Paolo le fu subito sopra, squarciandole la gola con la corda della boia. Dietro di lui Kleo e l’altra donna si azzuffavano a mezz’aria. La donna pirata sferzava l’aria con le gambe e il braccio fratturato, mentre i pollici di Kleo premevano implacabilmente sulla gola dell’avversaria, affondandovi a poco a poco.
Nora, senza fiato per il calcio, lottava per riuscire a respirare. Tutta la sua gabbia toracica d’un tratto era serrata da un crampo improvviso che pareva irradiarsi dovunque. In qualche modo, con uno sforzo immane, riuscì a introdurre nei polmoni un’esile boccata di aria fumosa. Sternuti, poi respirò di nuovo, provando la sensazione che il suo petto fosse colmo di piombo fuso. Agnes morì davanti ai suoi occhi, con la pelle che si disfaceva sotto l’effetto degli spruzzi d’acido.
Paolo finì la plasmatrice. Kleo era ancora intenta a strangolare la seconda donna, che era già morta; Paolo vibrò un violentissimo colpo di bola contro la testa della morta e Kleo la lasciò, staccando dal suo collo le mani irrigidite. Se le sfregò insieme, come se le stesse cospargendo di lozione, e respirò a fatica. — Spegnete quell’incendio — ordinò.
Con estrema cautela, Paolo si avvicinò alla massa glutinosa e fiammeggiante di fieno e di plastica. Si scrollò di dosso la pesante giubba che era tutta chiazzata dai fori provocati dall’acido, e la gettò sopra il fuoco come se stesse intrappolando un animale. Lo pestò vendicativamente sotto i piedi, e fece buio. Kleo sputò sulla punta al sodio di un’altra candela, che si accese crepitando.