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Al colpo alla porta rispose una morbida voce femminile: «Come in! Entrez!»

Erast Petrovič consegnò il berretto al portiere ed entrò.

Si ritrovò in una stanza spaziosa, riccamente arredata, in cui troneggiava una larghissima scrivania di mogano. Alla scrivania era seduta una signora canuta di aspetto non semplicemente piacevole, ma straordinariamente affettuoso. Gli occhietti, di un azzurro luminoso dietro il pince-nez dorato, splendevano di viva intelligenza e cordialità. Il viso non bello, animato, col naso ad anatra e la bocca larga, sorridente, piacque subito a Fandorin.

Si presentò in inglese, ma tacque per il momento lo scopo della sua visita.

«Avete una magnifica pronuncia, sir», lo lodò lady Esther nella stessa lingua, pronunciando distintamente ogni suono. «Mi auguro che il nostro minaccioso Timothy… Timofej non vi avrà troppo spaventato? Devo riconoscere che fa paura anche a me, ma qui alla direzione vengono spesso pubblici ufficiali, e con loro Timofej è incomparabile, meglio di un servitore inglese. Ma sedetevi pure, giovanotto. Meglio laggiù, su quella poltrona, sarete più comodo. A quanto ho capito, siete della polizia criminale. Deve trattarsi di un’occupazione molto interessante. E vostro padre di cosa si occupa?»

«È morto.»

«Mi dispiace molto. E la vostra mamma?»

«È morta anche lei», borbottò Fandorin, scontento della piega presa dalla conversazione.

«Povero ragazzo. So come vi sentite solo. Sono già quarant’anni che aiuto poveri ragazzi come voi a liberarsi dalla solitudine e a trovare la propria strada».

«Trovare la propria strada, milady?» domandò Erast Petrovič che non aveva capito bene.

«Certo», si infervorò lady Esther, che aveva tutta l’aria di essere balzata sul suo cavallo di battaglia. «Trovare la propria strada è la cosa più importante nella vita di un uomo. Sono profondamente convinta che ogni essere umano abbia un suo talento irripetibile, che in ciascuno di noi sia depositato il dono divino. La tragedia dell’umanità consiste in questo, che non siamo capaci di scoprire questo dono nel bambino e di educarlo di conseguenza, e nemmeno ci proviamo. Fra di noi i geni sono una rarità e perfino un prodigio, ma cos’è un genio, dopotutto? È semplicemente un essere umano che ha avuto fortuna. La sua sorte si è configurata in modo tale che le circostanze della vita lo hanno spinto da sole alla scelta della giusta via. Un esempio classico è Mozart. Nacque in una famiglia di musicisti e fin dalla prima infanzia si trovò in un ambiente adatto a nutrire nel migliore dei modi il talento depositato in lui dalla natura. E adesso provate a immaginare, caro sir, cosa sarebbe successo se Wolfgang Amadeus fosse nato in una famiglia di contadini. Ne sarebbe venuto fuori un pessimo pastore, avrebbe intrattenuto le mucche suonando prodigiosamente il piffero. E se fosse nato nella famiglia di un soldato, ne avrebbero fatto un ufficiale privo di talento, che però andava pazzo per le marce militari. Oh, credetemi, giovanotto, ogni singolo bambino senza eccezione nasconde in sé un tesoro, soltanto che questo tesoro bisogna saperlo scavare da sotto la terra! C’è uno scrittore americano molto simpatico, si chiama Mark Twain. Gli ho suggerito l’idea di un racconto, una storia in cui la gente non viene apprezzata in base alle sue realizzazioni concrete, ma in base al suo potenziale, al talento conferito dalla natura. E così viene fuori che il più grande condottiero da che mondo è mondo è un anonimo sarto che non ha mai prestato servizio nell’esercito, e che il più grande fra gli artisti non ha mai preso in mano il pennello, perché ha fatto il calzolaio per tutta la vita. Il mio sistema educativo è congegnato in modo tale da far sì che il grande condottiero finisca immancabilmente a prestare il servizio militare, e il grande artista ottenga in tempo l’accesso ai colori. I miei pedagoghi sondano con spirito indagatore e paziente la configurazione spirituale di ogni allievo, cercano in lui la scintilla divina, e in nove casi su dieci riescono a trovarla!»

«Ah, allora c’è in tutti!» esclamò trionfante Fandorin sollevando l’indice.

«In tutti, caro ragazzo, assolutamente in tutti, semplicemente noi, i pedagoghi, non siamo abbastanza bravi. Oppure succede che un bambino ha un talento di cui il mondo contemporaneo non sa come servirsi. Magari un essere del genere sarebbe stato indispensabile nella società primitiva oppure il suo genio potrebbe essere richiesto in un lontano futuro, in una sfera che al giorno d’oggi noi nemmeno ci possiamo immaginare.»

«Del futuro, bene, non ne giudicherò», si mise a discutere Fandorin, trascinato suo malgrado dalla conversazione. «Ma mi rimane poco chiaro quello che avete detto della società primitiva. Che genere di talenti avete in mente?»

«Non lo so nemmeno io, ragazzo mio», rispose lady Esther con un sorriso disarmante. «Ma supponiamo, il dono di indovinare dove si trovano le acque sotterranee. Oppure il dono di avvertire in una foresta la presenza di un animale. Magari la capacità di distinguere le radici commestibili da quelle non commestibili. So una cosa soltanto, che in quei tempi lontani proprio questo genere di persone erano i geni più stimati, mentre mister Darwin oppure Herr Schopenhauer, se fossero nati in una grotta, nella loro tribù sarebbero stati considerati null’altro che degli sciocchini. A proposito, quei bambini che oggi sono creduti intellettualmente sottosviluppati, hanno anche loro un talento. Non è, naturalmente, un talento di natura razionale, ma non per questo è meno prezioso. Nello Sheffield ho un esternato appositamente per chi è stato rifiutato dalla pedagogia tradizionale. Dio mio, che prodigi di genialità rivelano questi ragazzi! C’è un bambino, laggiù, che ha a malapena imparato a parlare soltanto a tredici anni, eppure è in grado di curare qualsiasi emicrania col tocco delle mani. Un altro — del tutto muto — può trattenere il respiro per quattro minuti e mezzo. Un terzo è in grado di scaldare un bicchiere d’acqua col solo sguardo, vi rendete conto?»

«Non è possibile! Perché soltanto ragazzi? E le ragazze?»

Lady Esther allargò le braccia con un sospiro.

«Avete ragione, amico mio. Certo, bisognerebbe lavorare anche con le ragazze. Tuttavia l’esperienza mi dice che i talenti depositati nella natura femminile spesso hanno caratteristiche tali da renderli difficilmente apprezzabili alla giusta maniera dalla morale della società contemporanea. Viviamo nell’epoca dei maschi, e con questo dobbiamo fare i conti. In una società dove il comando è in mano agli uomini, una donna di talento, fuori del comune, suscita sospetto e ostilità. Non vorrei che le mie allieve avessero a sentirsi infelici.»

«A ogni modo, com’è organizzato il vostro sistema? Come avviene la selezione dei bambini?» chiese Erast Petrovič con la più viva curiosità.

«Davvero vi interessa?» si rallegrò la baronessa. «Andiamo nell’edificio della scuola e lo vedrete coi vostri occhi.»

Con un’agilità sorprendente per la sua età si alzò, pronta ad accompagnare e a fare da guida.

Fandorin fece un inchino, e milady condusse il giovane nell’edificio principale prima per un corridoio, poi per una lunga galleria.

Strada facendo gli raccontò: «L’istituzione che abbiamo qui è completamente nuova, è stata aperta tre settimane fa, e il lavoro è ancora all’inizio. Il mio personale ha preso dagli istituti, e a volte direttamente dalla strada, centoventi ragazzini orfani di età fra i quattro e i dodici anni. Se il bambino ha un’età maggiore, diventa più difficile farci qualcosa, perché la personalità si è già formata. All’inizio i ragazzi sono stati divisi per fasce di età, ciascuna classe con il suo insegnante specializzato in una data età. Il compito principale dell’insegnante è osservare i bambini e affidare loro a poco a poco alcuni compiti non troppo difficili. Questi compiti somigliano a un gioco, ma aiutano a comprendere l’orientamento generale di ogni natura. Alla prima tappa occorre indovinare quale parte di un bambino ha il talento più sviluppato: il corpo, la testa oppure l’intuizione. Dopodiché i bambini vengono divisi per gruppi non più in base all’età, ma secondo il principio del loro indirizzo: intellettuali, artisti, bravi artigiani, leader, sportivi e così via. A poco a poco l’indirizzo si restringe, così che non è raro che ragazzi più grandi vengano preparati individualmente. Lavoro coi bambini da quarant’anni, e non potete avere idea della grande riuscita dei miei allievi, nelle sfere più diverse».