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«Perbacco», constatò, «che organismo resistente. Quasi settantacinque secondi.»

Il «privo di sensi» lasciò cadere la testa su un fianco e finse di respirare in modo regolare e profondo, sebbene morisse dalla voglia di afferrare l’aria con la bocca affamata di ossigeno.

«E pronto, milady», comunicò il professore. «Possiamo passare all’esperimento.»

SEDICESIMO CAPITOLO

in cui si pronostica un grande futuro per l’elettricità

«Trasportatelo nel laboratorio», disse milady. «Ma fate in fretta. Fra dodici minuti inizia l’intervallo. I bambini non devono vedere.»

In quel momento bussarono.

«Tìmofej, sei tu?» chiese la baronessa in russo. «Come in!»

Erast Petrovič non osava guardare nemmeno da sotto le ciglia, se solo qualcuno se ne fosse accorto sarebbe stata davvero la fine. Udì i passi pesanti del guardaportone e una voce alta, quasi si rivolgesse a dei sordi: «Così tutto va nel migliore dei modi, vostra eccellenza. All right. Ho invitato il vetturino a bere il tè… Tè! Tea! Drink! C’è capitato un diavolaccio duro a morire. Beve, beve, e non gli fa nulla. Drink, drink… nothing. Ma alla fine niente, è svenuto. La carrozzella l’ho messa dietro casa. Behind nostra house. Nel cortile, dico, l’ho messa. Per ora sta lì, e poi me ne occuperò io, state senza pensiero».

Blank tradusse alla baronessa quello che aveva detto.

«Fine», rispose lei, e aggiunse a mezza voce: «Andrew, just make sure that he doesn’t try to make a profit selling the borse and the carriage».

Fandorin non udì la risposta: si vede che il taciturno Andrew aveva semplicemente annuito.

Allora, maledetti serpenti, cosa aspettate a slegarmi, pensò fra sé Erast Petrovič facendo mentalmente fretta ai malintenzionati. Fra un po’ ci sarà l’intervallo. Adesso ve lo faccio io l’esperimento. Purché non mi dimentichi della sicura.

Una grande delusione attendeva tuttavia Fandorin: nessuno prese l’iniziativa di slegarlo. Direttamente sopra al suo orecchio udì un respiro graveolente di cipolla (Timofej, appurò senza fallo il prigioniero), qualcosa che piano piano stridette una volta, e poi una seconda, una terza, una quarta.

«Pronto. L’ho svitato», riferì il guardaportone. «Prendi, Andrej o come ti fai chiamare, portiamolo via.»

Sollevarono Erast Petrovič insieme alla poltrona e se lo presero. Aprendo appena appena gli occhi, vide la galleria e le finestre olandesi illuminate dal sole. Tutto chiaro: lo stavano trasferendo nel corpo principale, nel laboratorio.

Quando, cercando di non far rumore, i facchini entrarono nella sala della ricreazione, Erast Petrovič si chiese seriamente se non fosse il caso di rinvenire e interrompere il processo didattico con grida forsennate. Che lo vedano pure quei bimbetti di quali faccende si occupa la loro buona milady! Ma dalle classi arrivavano dei suoni talmente pacifici, familiari — la regolare voce di basso di un insegnante, lo scroscio di una risata infantile, il ritornello di un coro — che Fandorin non se la sentì. Fa niente, non è ancora il momento di scoprire le carte, si disse per giustificare la sua mancanza di spina dorsale.

Ma dopo era già tardi: il brusio scolastico era alle spalle. Erast Petrovič vide che lo trascinavano su per una scala, udì il cigolio di una porta, una chiave che girava nella toppa.

Perfino attraverso le palpebre chiuse si poteva vedere con quanto fulgore brillasse la luce elettrica. Fandorin socchiudendo un occhio solo fece una rapida ricognizione. Riuscì a scorgere alcune apparecchiature di porcellana, dei cavi, delle bobine di metallo. Tutto questo gli spiacque oltremodo. In lontananza udì il suono attutito della campanella — segno che la lezione era finita — e quasi subito gli arrivarono delle voci squillanti.

«Spero che tutto finisca bene», sospirò lady Esther. «Mi dispiacerebbe se il ragazzo dovesse morire.»

«Lo spero anch’io, milady», rispose il professore senza nascondere la sua agitazione, e fece risuonare un oggetto di ferro. «Ma purtroppo non si fa scienza senza vittime. Per ogni nuovo anche minimo passo del sapere ci tocca pagare un prezzo altissimo. Coi sentimenti non si va lontano. E se questo giovane vi era tanto caro, sarebbe stato meglio che quel vostro orso avesse dato del sonnifero al vetturino invece di avvelenarlo. Così avrei potuto cominciare dal vetturino, e lasciare per dopo questo giovane. In questo modo avrebbe avuto una chance in più.»

«Avete ragione, amico mio, perfettamente ragione. È stato un errore imperdonabile.»Nella voce di milady si avvertiva il più autentico dei rincrescimenti. «Ma voi tentate lo stesso. Spiegatemi ancora una volta, cos’è di preciso che intendete fare?»

Erast Petrovič aguzzò le orecchie: la domanda interessava molto anche lui.

«La mia idea generale vi è nota», disse Blank con animazione e senza più battere la bacchetta di ferro. «Ritengo che la sottomissione dell’energia elettrica sia la chiave del secolo a venire. Proprio così, milady! Da qui al ventesimo secolo mancano ventiquattro anni, non è poi un periodo così lungo. Nel nuovo secolo il mondo si trasformerà fino a risultare irriconoscibile, e questo grande mutamento si compirà grazie all’elettricità. L’elettricità non è semplicemente un mezzo d’illuminazione, come suppongono i profani. È in grado di attuare miracoli grandi e piccoli. Immaginate una carrozza senza cavalli, veloce, pulita, silenziosa! Oppure dei potenti cannoni, capaci di sgominare il nemico con fulmini ben orientati! Oppure una diligenza cittadina senza tiro a cavalli!»

«Questo me lo avete detto già molte volte», disse la baronessa interrompendo dolcemente il suo entusiasta. «Ma spiegatemi l’uso medico dell’elettricità.»

«Oh, questa è la cosa più interessante», disse il professore ancora più eccitato. «Intendo consacrare la mia vita proprio a questa sfera della scienza elettrica. La macroelettricità — le turbine, i motori, le potenti macchine a dinamo — cambieranno il mondo, mentre la microelettricità muterà l’uomo stesso, correggerà le imperfezioni della costituzione naturale dell’homo sapiens. L’elettrofisiologia e la elettroterapia: ecco cosa salverà l’umanità, non certo i vostri intelligentoni, che giocano a fare i grandi politici oppure, vien da ridere a dirlo, imbrattano tele.»

«Avete torto, ragazzo mio. Fanno anche loro qualcosa di molto importante e necessario. Ma continuate.»

«Vi darò la possibilità di rendere l’uomo, qualsiasi uomo, una creatura ideale, liberandolo dai difetti. Tutti i difetti che determinano la condotta umana si annidano qui, nella corteccia cerebrale.»Un dito durissimo batté molto dolorosamente il cocuzzolo di Erast Petrovič. «Per spiegare in modo semplificato, nel cervello ci sono diverse sezioni, alcune controllano la logica, altre i piaceri, la paura, la crudeltà, l’impulso sessuale e così via discorrendo. L’uomo potrebbe avere una personalità armonica se tutte le sue sezioni funzionassero in modo equilibrato, ma questo non avviene quasi mai. Un uomo ha straordinariamente sviluppata la sezione che risponde dell’istinto di sopravvivenza, ed è un vigliacco patologico. Un altro non sfrutta a sufficienza la zona della logica, ed è un imbecille incurabile. La mia teoria consiste in questo, che con l’aiuto della elettroforesi, ovvero di una carica esattamente dosata e indirizzata di corrente elettrica, sia possibile stimolare certe sezioni del cervello e reprimerne altre meno desiderabili.»

«Questo è molto, molto interessante», disse la baronessa. «Sapete, caro Hebchardt, che fino a questo momento non ho posto limite ai vostri finanziamenti, ma come mai siete tanto convinto che una simile correzione della psiche sia, in linea di principio, possibile?»