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«Ci riconobbero, poiché avevano conosciuto nostra madre e tutti i nostri parenti; ci chiamarono per nome e ci diedero ospitalità.

«E fummo di nuovo felici tra l’erba verde e gli alberi e i fiori che conoscevamo, e la mia creatura mi cresceva in grembo. Sarebbe vissuta; il deserto non l’avrebbe uccisa.

«Nella mia terra diedi alla luce mia figlia e la chiamai Miriam, il nome di mia madre. Aveva i capelli neri di Khayman, ma gli occhi erano verdi come i miei. E l’amore che provavo per lei e la gioia che mi dava erano il rimedio migliore che la mia anima potesse desiderare. Eravamo di nuovo in tre: Mekare, che aveva conosciuto con me i dolori del parto e aveva estratto Miriam dal mio corpo, la teneva spesso fra le braccia e cantava per lei. La bambina era nostra non meno che mia. E cercavamo di dimenticare gli orrori che avevamo visto in Egitto.

«Miriam cresceva bene. Finalmente io e Mekare decidemmo di salire sulla montagna in cerca delle grotte dove eravamo nate. Non sapevamo ancora come saremmo vissute o come avremmo fatto, tanto eravamo lontane dal nostro nuovo popolo. Ma con Miriam saremmo tornate al luogo dove eravamo state tanto felici; avremmo chiamato a noi gli spiriti e avremmo compiuto il miracolo della pioggia per benedire la mia figlioletta.

«Ma tutto ciò non doveva accadere.

«Prima che potessimo lasciare il popolo dei pastori, i soldati tornarono al comando del maestro di palazzo del re, Khayman; i soldati avevano distribuito oro lungo il percorso alle tribù che avevano visto le gemelle dai capelli rossi o ne avevano sentito parlare e sapevano dove potevano essere.

«Ancora una volta, a mezzogiorno, mentre il sole batteva sui campi erbosi, vedemmo i soldati egizi con le spade brandite. La gente si disperdeva in tutte le direzioni. Ma Mekare corse a inginocchiarsi davanti a Khayman e disse: ‘Non fare ancora del male alla nostra gente’.

«Poi Khayman venne con Mekare nel luogo dov’ero nascosta con mia figlia; gli mostrai la bimba che era anche sua, e lo supplicai di lasciarci in pace, in nome della misericordia e della giustizia.

«Tuttavia mi bastò guardarlo per capire che sarebbe stato mandato a morte se non ci avesse prese prigioniere. Il suo volto era magro e scavato e colmo di disperazione: non era il volto immortale, bianco e levigato, che oggi potete vedere.

«Il tempo nemico ha cancellato l’impronta naturale della sua sofferenza. Ma era evidente, in quel pomeriggio lontano.

«Ci parlò a voce bassa. ‘Un male terribile ha colpito il re e la regina di Kemet’, disse. ‘E sono stati i vostri spiriti a compierlo, gli spiriti che mi hanno tormentato giorno e notte per ciò che vi ho fatto, fino a che il re ha cercato di cacciarli dalla mia casa.’

«Mi tese le braccia per mostrarmi le minuscole cicatrici, dove lo spirito aveva assorbito il sangue. Altre cicatrici gli coprivano il viso e la gola.

«‘Oh, non sapete quale sia stata la mia sofferenza’, disse. ‘Nulla poteva proteggermi dagli spiriti. Non sapete quante volte ho maledetto voi e il re per ciò che mi ha obbligato a farvi.’

«‘Oh, ma non siamo state noi!’ disse Mekare. ‘Abbiamo mantenuto l’impegno. In cambio delle nostre vite, vi abbiamo lasciati in pace. È Amel il maligno che ha fatto questo! Oh, è uno spirito terribile! E pensare che ha perseguitato te, anziché il re e la regina, i veri colpevoli! Non possiamo fermarlo! Ti prego, Khayman, lasciaci andare.’

«‘Qualunque cosa stia facendo Amel’, dissi, ‘se ne stancherà, Khayman. Se il re e la regina sono forti, finirà per andarsene. Tu hai di fronte la madre di tua figlia, Khayman. Lasciaci in pace. Per il bene di questa creatura, di’ al re e alla regina che non sei riuscito a trovarci. Lasciaci andare, se temi la giustizia.’

«Ma Khayman si limitava a fissare la bimba come se non sapesse chi era. Era egizio: la bambina era egizia? Ci guardò. ‘Dunque non siete state voi a mandare lo spirito’, disse. ‘Vi credo, perché non capite ciò che lo spirito ha fatto, ovviamente. La sua persecuzione si è conclusa. È entrato nel re e nella regina di Kemet! È nei loro corpi! Ha mutato la sostanza stessa della loro carne!’

«Lo guardammo a lungo riflettendo sulle sue parole, e comprendemmo che non intendeva dire che il re e la regina erano invasati. Comprendemmo che aveva visto tali cose che non aveva potuto far altro che venire lui stesso a cercarci per riportarci in Egitto.

«Ma non credevo a ciò che andava dicendo. Com’era possibile che uno spirito diventasse carne?

«‘Voi non capite ciò che è accaduto nel nostro regno’, mormorò Khayman. ‘Dovete venire a vedere con i vostri occhi.’ Poi s’interruppe: c’erano molte altre cose che voleva dirci, e aveva paura. Disse, amaramente: ‘Dovete disfare ciò che è stato fatto, anche se non è opera vostra’.

«Ah, ma noi non potevamo. Quello era l’orrore. Lo sapevamo già allora, lo intuivamo. Ricordavamo nostra madre, ritta davanti alla grotta, con gli occhi fissi sulle minuscole ferite alla mano.

«Mekare rovesciò all’indietro la testa e chiamò Amel il maligno perché venisse a lei e obbedisse ai suoi comandi. Nella nostra lingua, la lingua di noi gemelle, urlò: ‘Esci dal re e dalla regina di Kemet e vieni a me. Inchinati alla mia volontà. Questo non l’hai fatto per mio comando’.

«Sembrò che tutti gli spiriti del mondo ascoltassero in silenzio. Era il grido di una strega potente, ma non vi fu risposta. E poi lo sentimmo… il ritrarsi di molti spiriti come se all’improvviso fosse stato rivelato qualcosa che trascendeva la loro conoscenza e la loro accettazione. Sembrava che gli spiriti si ritraessero da noi e quindi si riavvicinassero tristi e indecisi, che cercassero il nostro amore e tuttavia si sentissero respinti.

«‘Ma che significa?’ urlò Mekare. ‘Che significa?’ Si rivolse agli spiriti che le stavano vicini, i suoi eletti. Poi, nel silenzio, mentre i pastori attendevano spaventati, i soldati aspettavano di vedere cosa sarebbe accaduto e Khayman ci guardava con occhi stanchi, udimmo la risposta, incerta e colma di stupore.

«‘Ora Amel ha ciò che ha sempre voluto: Amel ha la carne. Ma Amel non è più.’

«Cosa poteva significare?

«Non riuscivamo a capire. Mekare chiese nuovamente agli spiriti di rispondere; ma pareva che la loro incertezza si stesse trasformando in paura.

«‘Ditemi cos’è accaduto!’ ordinò Mekare. ‘Rivelatemi ciò che sapete!’ Era un antico comando usato da innumerevoli streghe. ‘Datemi la conoscenza che possedete.’

«Ancora una volta gli spiriti risposero con incertezza.

«‘Amel è nella carne; e Amel non è più Amel; non può rispondere.’

«‘Dovete venire con me’, disse Khayman. ‘Dovete venire. Il re e la regina vogliono che veniate!’

«In silenzio, apparentemente impassibile, Khayman restò a guardare mentre baciavo la mia bambina e l’affidavo alle donne dei pastori che avrebbero avuto cura di lei. Quindi io e Mekare ci consegnammo a Khayman. Ma questa volta non piangemmo. Era come se avessimo già sparso tutte le nostre lacrime. Il breve anno di felicità dopo la nascita di Miriam era finito… e l’orrore che era venuto dall’Egitto stava di nuovo per inghiottirci.»

Maharet chiuse gli occhi per un momento; si toccò le palpebre con le dita, quindi guardò gli altri che attendevano, ognuno assorto nelle sue considerazioni, ognuno dispiaciuto per l’interruzione del racconto sebbene sapesse che era inevitabile.

I giovani erano stanchi e tirati; l’espressione rapita di Daniel non era molto cambiata. Louis era tormentato, e il bisogno di sangue lo faceva soffrire, sebbene non vi badasse. «Non posso dirvi altro, per ora», continuò Maharet. «È quasi mattina, e i giovani devono scendere sottoterra. Devo preparare loro la via.

«Domani notte ci ritroveremo qui e continueremo. Cioè, se la nostra regina lo permetterà. Ora non è vicina a noi: non odo il più lieve sussurro della sua presenza, non riesco a captare il più lieve lampo del suo volto negli occhi di un altro. Se sa che cosa stiamo facendo, lo tollera. O forse è lontana e indifferente, e noi dobbiamo attendere di conoscere il suo volere.