«Lo so», ripetei. «Ho sempre pensato che fossero ubriachi o drogati… ‘fatti’, come si dice oggi.»
«Sei veramente brutale», rispose Akasha. «Le tue reazioni alle cose sono così rapide.»
«E ciò è brutale?» chiesi. Captai di nuovo l’odore dei fuochi che ardevano sull’isola. Nauseante. Buon Dio. E stiamo qui a parlare come se non succedesse nulla, come se non avessimo sovvertito il loro mondo con questi orrori…
«E volare con il tuo corpo non ti fa paura?» chiese Akasha.
«Tutto mi spaventa, lo sai», dissi. «Quando scoprirò i limiti? Posso stare qui seduto e uccidere mortali lontani chilometri e chilometri?»
«No», disse lei. «Scoprirai i limiti prima di quanto pensi. È come ogni altro mistero; in realtà non c’è nessun mistero.»
Risi. Per una frazione di secondo udii di nuovo le voci, la marea che saliva… poi svanì in un altro suono, le grida nel vento, le grida che venivano dai villaggi dell’isola. Avevano bruciato il piccolo museo con le antiche statue greche, le icone e i dipinti bizantini.
Tutto va in fumo. La vita va in fumo.
Dovevo vederla. Non potevo scorgerla negli specchi. Mi alzai. Era in piedi accanto al tavolo da toeletta. Aveva cambiato abito e pettinatura. Era ancora più incantevole e pura, e tuttavia al di fuori del tempo, come sempre. Aveva in mano uno specchietto e si guardava; ma sembrava che in realtà non guardasse qualcosa… ascoltava le voci e anch’io potevo udirle di nuovo.
Un brivido mi scosse: Akasha sembrava la stessa di un tempo, la statua gelida sul trono nel sacrario.
Poi sembrò destarsi; fissò di nuovo lo specchio, lo posò e mi guardò.
I capelli erano sciolti, le trecce erano sparite. Le onde nere scendevano sulle spalle, pesanti e lucide, e invitavano al bacio.
L’abito era simile a quello vecchio, come se le donne l’avessero confezionato per lei con la pesante seta magenta che aveva trovato, e conferiva un vago riflesso rosato alle guance e ai seni parzialmente coperti dai drappeggi che scendevano dalle spalle, trattenuti da piccole fibbie d’oro.
Le collane che portava erano tutti prodotti della gioielleria moderna; ma la profusione le faceva apparire arcaiche… perle e catene d’oro e opali e rubini.
Sulla lucentezza della pelle, gli ornamenti apparivano irreali: erano avvolti dallo splendore della sua persona, erano come la luce dei suoi occhi e delle sue labbra.
Era degna del palazzo più sontuoso dell’immaginazione, una creatura sensuale e divina. Io desideravo ancora il suo sangue, il sangue senza fragranza e senza morte; volevo avvicinarmi, alzare la mano e toccare la pelle che sembrava assolutamente impenetrabile ma che si sarebbe lacerata all’improvviso come una crosta fragilissima.
«Tutti gli uomini dell’isola sono morti, non è vero?» chiesi. Ero sconvolto.
«Tutti tranne dieci. Sull’isola ci sono settecento persone. Sette sono stati scelti per vivere.
«E gli altri tre?»
«Sono tuoi.»
La fissai. Miei? Il desiderio di sangue cambiò leggermente, incluse lei e il sangue umano, caldo e fragrante, il sangue che… Ma non ne provavo il bisogno fisico. Potevo chiamarla ancora sete, anche se in realtà era peggio.
«Non li vuoi?» disse Akasha con un sorriso ironico. «Il mio dio riluttante rifiuta il dovere? Sai, per tutti quegli anni, quando ti ascoltavo e molto prima che componessi canzoni per me, mi piaceva il fatto che prendessi solo i più duri, i giovani. Mi piaceva che andassi a caccia di ladri e assassini, che amassi inghiottire interamente il male che era dentro di loro. Dov’è ora il tuo coraggio? La tua impulsività? La tua disponibilità a buttarti?»
«Sono malvagi?» chiesi. «Le vittime che mi attendono…»
Socchiuse gli occhi per un momento. «È la vigliaccheria, finalmente?» chiese. «La grandiosità del piano ti fa paura? Sicuramente uccidere significa ben poco.»
«Oh, t’inganni», dissi. «L’uccisione significa sempre qualcosa. Ma sì, la grandiosità del piano mi atterrisce. Il caos, la perdita totale di ogni equilibrio morale, significa tutto. Ma non è vigliaccheria, vero?» Com’era calma la mia voce. Come sembravo sicuro di me. Non era la verità, ma lei lo sapeva.
«Lascia che ti liberi dal dovere di resistere», disse Akasha. «Non puoi fermarmi. Ti amo, come ti ho detto. Amo guardarti; mi riempie di felicità. Ma non puoi influenzarmi. È un’idea assurda.»
Ci guardammo in silenzio. Cercavo le parole per dirle quanto era incantevole, così simile agli antichi dipinti delle principesse egizie dalle chiome splendenti e dai nomi perduti per sempre. Cercavo di capire perché mi doleva il cuore quando la guardavo; tuttavia non mi interessava che fosse bella; mi interessava ciò che ci dicevamo.
«Perché hai scelto questa strada?» chiesi.
«Sai perché», rispose con un sorriso paziente. «E la strada migliore. È la visione limpida, dopo secoli trascorsi alla ricerca di una soluzione.»
«Ma non può essere la verità. Non posso crederlo.»
«Certo che può essere la verità. Pensi che per me sia solo un impulso? Io non prendo le decisioni come te, mio principe. La tua esuberanza giovanile mi è preziosa, ma queste piccole possibilità per me sono perdute da tempo. Tu pensi in termini di durata della vita, di piccoli successi e di piaceri umani. Io ho meditato per millenni i miei disegni per il mondo che ora mi appartiene. E tutto prova che devo procedere come ho fatto. Non posso trasformare questa terra in un giardino, non posso creare l’Eden dell’immaginazione umana… se non elimino quasi completamente i maschi.»
«Quindi intendi uccidere il quaranta per cento della popolazione della terra? Il novanta per cento di tutti i maschi?»
«Vuoi forse negare che questo porrà fine alla guerra, allo stupro, alla violenza?»
«Ma…»
«No: rispondi alla mia domanda. Neghi che porrà fine alla guerra, allo stupro, alla violenza?»
«Anche uccidere tutti porrebbe fine a queste cose!»
«Non giocare con me. Rispondi alla mia domanda.»
«Non è forse un gioco? Il prezzo è inaccettabile; è una follia, è un massacro, è contro natura.»
«Calmati. Nulla di ciò che dici è vero. Ciò che è naturale è ciò che è stato fatto. E non pensi che i popoli della terra non abbiano limitato in passato il numero delle femmine? Non pensi che le abbiano uccise a milioni perché volevano solo figli maschi da mandare in guerra? Oh, non puoi immaginare in quale misura ciò sia stato fatto.
«Ora preferiranno le femmine ai maschi e non ci saranno guerre. E gli altri crimini commessi dagli uomini contro le donne? Se vi fosse sulla terra una nazione che avesse commesso tali crimini contro un’altra, non sarebbe destinata allo sterminio? Eppure ogni notte e ogni giorno, su tutta la terra, questi crimini vengono perpetrati senza fine.»
«Sta bene, è vero. È indubbiamente vero. Ma la tua soluzione è migliore? È innominabile, lo sterminio dei maschi. Sicuramente, se vuoi regnare…» Ma persino questo mi apparve impensabile. Ricordai le parole che mi aveva detto Marius, all’epoca delle parrucche incipriate e delle scarpe di raso… la vecchia religione, il cristianesimo, stava morendo e forse non sarebbe sorta una religione nuova.
«Forse avverrà qualcosa di meraviglioso», aveva detto Marius. «Il mondo progredirà veramente, supererà tutti gli dèi e le dee, tutti i diavoli e gli angeli…»
Non era il destino di questo mondo? Il destino verso il quale si avviava senza il nostro intervento?
«Ah, sei un sognatore, mio bellissimo», disse duramente Akasha. «Come scegli le tue illusioni! Guarda i paesi orientali dove le tribù, ora arricchite dal petrolio estratto dalla sabbia, si uccidono a migliaia in nome di Allah, il loro dio! La religione non è morta su questa terra, e non morirà mai. Tu e Marius siete giocatori di scacchi; le vostre idee non sono altro che pezzi sulla scacchiera. Non sapete vedere al di là di quella scacchiera sulla quale li ponete come piace alle vostre animucce etiche.»