«Ti sbagli», dissi irritato. «Forse non sul nostro conto; noi non abbiamo importanza. Ma sbagli in ciò che hai incominciato. Stai sbagliando.»
«No, non sto sbagliando», disse Akasha. «E non c’è nessuno che possa fermarmi, maschio o femmina. E per la prima volta da quando l’uomo brandì la clava per abbattere il fratello, vedremo il mondo formato dalle donne, e vedremo ciò che le donne hanno da insegnare agli uomini. E solo quando gli uomini avranno imparato, verrà loro permesso nuovamente di aggirarsi liberi fra le donne!»
«Dev’esserci un altro sistema! Per gli dèi, io sono un essere debole e imperfetto, non migliore della maggior parte degli uomini che sono vissuti. Non posso dissertare sulla loro vita; non potrei difendere neppure la mia. Ma, Akasha, per amore di tutte le cose viventi, t’imploro di astenerti da questo, da questo massacro…»
«Tu mi parli di massacro? Parlami del valore di una vita umana, Lestat. Non è infinito? E quanti hai mandato nella tomba? Tutti noi abbiamo le mani sporche di sangue, così come abbiamo il sangue nelle vene.»
«Sì, esattamente. E non siamo onniscienti. Ti imploro di smettere, di considerare… Akasha, sicuramente Marius…»
«Marius!» Akasha rise sommessamente. «Che cosa ti ha insegnato Marius? Che cosa ti ha dato? Che cosa ti ha dato davvero?»
Non risposi. Non potevo. E la sua bellezza mi confondeva! Mi confondeva vedere la rotondità delle sue braccia, la minuscola fossetta sulla guancia.
«Amor mio», disse con un’espressione tenera come la voce, «richiama alla mente la visione del Giardino Selvaggio, dove i principi estetici sono gli unici principi durevoli… le leggi che governano l’evoluzione delle cose grandi e piccole, dei colori e delle forme in splendida profusione e della bellezza! La bellezza ovunque si guardi. Questa è la natura. E dovunque vi è la morte.
«E ciò che io creerò è l’Eden, l’Eden che tutti agognano, e sarà migliore della natura! Porterò le cose un passo più oltre; e la violenza amorale della natura sarà riscattata. Non capisci che gli uomini non fanno altro che sognare la pace? Ma le donne possono realizzare quel sogno. La mia visione è ingigantita nel cuore di ogni donna. Ma non può sopravvivere al calore della violenza maschile! E il calore è così terribile che neppure la terra può sopravvivere.»
«E se c’è qualcosa che tu non capisci?» obiettai. Cercavo disperatamente le parole. «Supponiamo che la dualità maschile-femminile sia indispensabile per l’animale umano. Supponiamo che le donne vogliano gli uomini, che insorgano contro di te e cerchino di proteggere gli uomini. Il mondo non è questa piccola isola brutale! Non tutte le donne sono contadine accecate dalle visioni!»
«Pensi che gli uomini siano ciò che le donne desiderano?» chiese Akasha. Si accostò e il suo volto cambiò impercettibilmente nel gioco della luce. «È questo che stai dicendo? Se è così, risparmieremo un maggior numero di uomini e li terremo dove potranno essere visti come le donne ti guardavano, e toccati come le donne ti toccavano. Li terremo dove le donne potranno averli quando vogliono, e ti assicuro che non saranno usati come le donne sono state usate dagli uomini.»
Sospirai. Era inutile discutere. Aveva assolutamente ragione e assolutamente torto.
«Sei ingiusto con te stesso», disse lei. «Conosco i tuoi argomenti. Li ho esaminati per secoli, come ho esaminato tanti interrogativi. Tu pensi che io faccia ciò che faccio con limiti umani. Non è vero. Per comprendermi, devi pensare in termini di facoltà non ancora immaginate. E comprenderai prima il mistero della scissione degli atomi o dei buchi neri nello spazio.»
«Deve esserci un modo, senza uccidere. Deve esserci un modo che trionfi sulla morte.»
«Questo, mio bellissimo, è davvero contro natura», disse lei. «Neppure io posso porre fine alla morte.» Tacque; sembrava assorta, profondamente angosciata dalle parole che aveva appena pronunciato. «La fine della morte», bisbigliò. Sembrava che una sofferenza personale si fosse insinuata nei suoi pensieri. La vidi chiudere gli occhi e portarsi le dita alle tempie.
Udiva di nuovo le voci, le lasciava venire. O forse era incapace di fermarle, per un momento. Pronunciò alcune parole in una lingua antica, e io non le compresi. Ero colpito dalla sua vulnerabilità improvvisa, dal fatto che le voci sembravano isolarla. I suoi occhi parvero scrutare la stanza, poi si fissarono su di me e si illuminarono.
Ero ammutolito, sopraffatto dalla tristezza. Com’erano state piccole le mie visioni del potere. Sconfiggere un pugno di nemici, essere visto e amato come un’immagine dai mortali; trovare un posto nel dramma delle cose che era infinitamente più grande di me, un dramma il cui studio poteva occupare per mille anni la mente di un essere. All’improvviso eravamo al di fuori del tempo, al di là della giustizia, capaci di far crollare interi sistemi di pensiero. Oppure era soltanto un’illusione? Quanti altri avevano cercato quel potere, in una forma o nell’altra?
«Non erano immortali, amor mio.» Il tono era quasi supplichevole.
«Ma è un caso che noi lo siamo», dissi. «Siamo cose che non avrebbero mai dovuto esistere.»
«Non dire così!»
«Non posso farne a meno.»
«Ormai non ha importanza. Non riesci a capire che anche la minima cosa ha il suo peso. Non posso indicarti una ragione sublime per ciò che faccio, perché le ragioni sono semplici e pratiche; il modo in cui abbiamo incominciato a esistere non conta. Conta il fatto che siamo sopravvissuti. Non capisci? Questa è la vera bellezza, la bellezza dalla quale nasceranno tutte le altre bellezze… il fatto che siamo sopravvissuti.»
Scossi la testa. Ero in preda al panico. Vedevo di nuovo il museo che le abitanti del villaggio, su quell’isola, avevano appena bruciato. Vedevo le statue annerite, a terra. Un senso agghiacciante di perdita mi avvolse.
«La storia non ha importanza», disse. «L’arte non ha importanza; queste cose implicano una continuità che in realtà non esiste. Assecondano il nostro bisogno di un modello, la nostra sete di significato, ma alla fine c’ingannano. Dobbiamo essere noi a creare il significato.»
Le voltai le spalle. Non volevo lasciarmi vincere dalla sua decisione o dalla sua bellezza, dal bagliore luminoso negli occhi neri. Sentii le sue mani sulle mie spalle, le sue labbra sul collo.
«Quando gli anni saranno passati», disse, «quando il mio giardino sarà fiorito per molte estati e avrà dormito molti inverni, quando lo stupro e la guerra non saranno altro che un ricordo, e le donne guarderanno i vecchi film e si stupiranno che simili cose potessero accadere; quando le usanze delle donne saranno state inculcate in ogni membro della popolazione con la stessa naturalezza con cui oggi viene inculcata l’aggressione, forse allora i maschi potranno ritornare. Il loro numero potrà aumentare lentamente. I figli saranno allevati in un’atmosfera in cui lo stupro è impensabile, la guerra inimmaginabile. E allora… allora potranno esserci gli uomini. Quando il mondo sarà pronto per loro.»
«È impossibile. Impossibile.»
«Perché dici così? Guarda la natura, come volevi fare pochi attimi fa. Vai nel giardino che circonda la villa; studia le api negli alveari e le formiche che lavorano come hanno sempre fatto. Sono femmine, mio principe, a milioni. Il maschio è solo un’aberrazione, esiste per una sola funzione. Hanno imparato molto tempo prima di me a limitare i maschi.
«E ora possiamo vivere in un’epoca dove i maschi sono completamente superflui. Dimmi, mio principe, qual è l’utilità primaria dei maschi, se non quella di proteggere le donne dagli altri uomini?»
«È per questo che mi vuoi qui!» dissi disperatamente. Mi girai di nuovo verso di lei. «Perché mi hai scelto come consorte? Per amore del cielo, perché non mi uccidi come gli altri uomini? Scegli un altro immortale, un essere antico che aspira a tale potere! Ce ne sarà pure uno. Io non voglio dominare il mondo! Non voglio dominare nulla! Non l’ho mai voluto.»