Il suo viso cambiò leggermente. Sembrava che vi fosse in lei una tristezza evanescente, e che per un istante rendesse i suoi occhi ancora più profondi. Le sue labbra fremettero come se volesse dire qualcosa e non potesse.
«Lestat, se tutto il mondo venisse distrutto, non distruggerei te», disse poi. «I tuoi limiti sono luminosi come le tue virtù, per ragioni che io stessa non comprendo. Ma forse è ancora più vero che io ti amo perché sei esattamente tutto ciò che non va negli esseri maschili. Aggressivo, pieno di odio e di avventatezza, e di scuse eloquenti per la violenza… sei l’essenza della mascolinità, e in questa purezza c’è una qualità affascinante. Ma soltanto perché ora può essere controllata.»
«Da te.»
«Sì, amor mio. Sono nata per questo. Per questo sono qui. Non importa se nessuno ratifica il mio scopo. Farò in modo che sia così. Ora il mondo arde del fuoco maschile; è una conflagrazione. Ma quando ciò verrà corretto, il tuo fuoco arderà ancora più luminoso… come una torcia.»
«Akasha, stai dimostrando che ho ragione! Non pensi che le anime delle donne agognino quel fuoco! Mio Dio, vorresti manomettere persino il cammino delle stelle?»
«Sì, l’anima l’agogna. Ma per vederlo nel fulgore di una torcia, come io ho detto, o nella fiamma di una candela; non come infuria ora in ogni foresta e in ogni montagna e in ogni valle. Non vi è al mondo una sola donna che abbia mai desiderato esserne bruciata! Vogliono la luce, mio bellissimo, la luce! E il calore. Ma non la distruzione. Come potrebbero? Sono soltanto donne. Non sono pazze.»
«Sta bene. Diciamo che tu realizzi il tuo scopo, che incominci questa rivoluzione e che travolga il mondo… e sia chiaro, non penso che avverrà! Ma se lo farai, non c’è nulla sotto il cielo che chieda un’espiazione per la morte di tanti milioni di esseri? Se non vi sono dèi e dee, non vi è alcun modo in cui dovranno pagare gli stessi umani, e io e te?»
«È la porta dell’innocenza, e come tale sarà ricordata. E la popolazione maschile non potrà mai raggiungere di nuovo simili proporzioni, perché chi vorrebbe di nuovo questi orrori?»
«Costringi gli uomini a obbedirti. Abbagliali come hai abbagliato le donne, come hai abbagliato me.»
«Ma, Lestat, è proprio questo il punto. Non obbedirebbero mai. Tu obbedirai? Preferirebbero morire, come lo preferiresti tu. Avrebbero un’altra ragione per ribellarsi, come se gliene mancassero. Si unirebbero in una resistenza magnifica. Immagina: combattere una dea! Già così dovremo vederlo fin troppo spesso. Non possono fare a meno di essere uomini. E io potrei regnare solo con la tirannia, le uccisioni incessanti. Verrebbe il caos. Così, invece, la grande catena della violenza verrà spezzata. Vi sarà un’era di pace assoluta e perfetta.»
Tacqui. Mi venivano in mente mille risposte, ma erano tutte bruciate in partenza. Lei conosceva fin troppo bene il suo scopo. E per la verità, aveva ragione in molte cose.
Ah, ma era una fantasia! Un mondo senza maschi. Che cosa avrebbe realizzato? Oh, no. Non accettavo l’idea neppure per un momento. Non… Tuttavia ritornò la visione, la visione che avevo scorto nel miserabile villaggio della giungla, la visione d’un mondo senza paura.
Immagina, cercare di spiegare com’erano stati gli uomini, di spiegare che vi era stato un tempo in cui uno poteva venire assassinato per le vie della città, cercare di spiegare cosa significava lo stupro ai maschi della specie… E vedevo i loro occhi che mi guardavano, gli occhi pieni d’incomprensione perché cercavano di approfondire, di compiere quel balzo. Sentivo le loro mani morbide che mi toccavano.
«Ma è una follia», sussurrai.
«Ah, tu ti opponi a me con tanta forza, mio principe…» sussurrò lei. Un lampo di collera, di sofferenza. S’era avvicinata. Se mi avesse baciato di nuovo, avrei pianto. Avevo creduto di sapere cos’era la bellezza nelle donne; ma lei aveva superato la mia capacità di descriverla.
«Mio principe», disse di nuovo in un bisbiglio sommesso. «La logica è elegante. Un mondo nel quale solo un pugno di maschi viene tenuto per la riproduzione sarà un mondo femminile. E quel mondo sarà l’unico che abbiamo mai conosciuto nella nostra miserabile storia, dove oggi gli uomini coltivano germi che uccideranno le popolazioni di interi continenti nella guerra chimica e progettano bombe che possono dirottare la terra dall’orbita intorno al sole.»
«E se le donne si divideranno secondo i principi del maschile e del femminile, come si dividono tanto spesso gli uomini quando non vi sono donne?»
«Sai che è un’obiezione sciocca. Queste distinzioni non sono che superficiali. Le donne sono donne! Puoi concepire una guerra fatta dalle donne? Rispondimi, sinceramente. Lo puoi? Puoi concepire bande vagabonde di donne votate solo alla distruzione? O allo stupro? Sono assurdità. Per le poche aberranti, la giustizia sarà immediata. Ma nel complesso avverrà qualcosa d’imprevisto. Non capisci? La possibilità della pace sulla terra è sempre esistita e vi sono sempre stati esseri che potevano realizzarla e conservarla: le donne. Se si eliminano gli uomini.»
Sedetti sul letto, costernato, come un mortale. Appoggiai i gomiti sulle ginocchia. Buon Dio, buon Dio! Perché mi tornavano di continuo alla mente quelle parole? Dio non esisteva. Ero nella stessa stanza con Dio.
Akasha rise, trionfante.
«Sì, mio prezioso», disse. Mi toccò la mano, mi fece voltare e mi attirò a sé. «Ma dimmi, tutto questo non ti eccita neppure un poco?»
La fissai. «Che cosa intendi?»
«Tu, l’impulsivo. Tu che trasformasti quella bambina, Claudia, in una bevitrice di sangue per vedere cosa sarebbe accaduto!» C’era sarcasmo nel suo tono, ma era affettuoso. «Suvvia, non vuoi vedere cosa accadrà se tutti i maschi spariranno? Non sei un po’ curioso? Fruga nella tua anima e cerca la verità. È un’idea molto interessante, no?»
Non risposi. Poi scossi la testa. «No», dissi.
«Vigliacco», sussurrò Akasha.
Nessuno mi aveva mai chiamato così, nessuno.
«Vigliacco», ripetè. «Sei un piccolo essere dai piccoli sogni.»
«Forse non vi sarebbero guerre e stupri e violenze», dissi, «se tutti gli esseri fossero piccoli e avessero piccoli sogni, come dici tu.»
Akasha rise sommessamente, come per dire che mi perdonava.
«Potremmo discutere per sempre», mormorò. «Ma sapremo la verità molto presto. Il mondo sarà come io voglio che sia; e vedremo ciò che accade, come ho detto.»
Mi sedette accanto. Per un momento credetti di perdere la ragione. Mi passò le braccia nude intorno al collo. Sembrava che non fosse mai esistito un corpo di donna più morbido, e non vi fosse mai stato nulla di più piacevole del suo abbraccio. Eppure era così dura, così forte.
Le luci nella stanza si affievolirono. Fuori, tuttavia, il cielo sembrava ancora più vivido e blu.
«Akasha», mormorai. Guardavo le stelle. Volevo dire qualcosa, qualcosa di decisivo che spazzasse via tutti gli argomenti; ma il significato mi eludeva. Avevo molto sonno; sicuramente era opera sua. Era un incantesimo che stava operando; il saperlo, tuttavia, non mi liberava. Sentivo le sue labbra sulle mie labbra e sulla mia gola, sentivo il raso fresco della sua pelle.
«Sì, ora riposa, mio prezioso. E quando ti sveglierai, le vittime saranno in attesa.»
«Le vittime…» dissi in tono quasi sognante, mentre la tenevo fra le braccia.
«Ma ora devi dormire. Sei ancora giovane e fragile. Il mio sangue agisce in te, ti cambia, ti perfeziona.»
Sì, mi distruggeva, distruggeva il mio cuore e la mia volontà. Ero vagamente consapevole di muovermi, di adagiarmi sul letto. Mi abbandonai sui cuscini, e poi sentii accanto a me la seta dei suoi capelli, il tocco delle sue dita, le labbra sulle mie labbra. Sangue nel suo bacio; il rombo del sangue…