«Khayman sopportava con difficoltà di vivere nella sua casa; tuttavia ammoniva gli schiavi di non dirlo a nessuno. E quando quelli fuggirono spaventati, provvide da sé alla propria toeletta e spazzò i pavimenti come se fosse un servitore.
«Ma ormai era atterrito. C’era qualcosa, in quella casa; ne sentiva l’alito in faccia. E ogni tanto avrebbe potuto giurare di sentirne anche i denti aguzzi.
«Alla fine, per disperazione, incominciò a parlargli e a pregarlo di andarsene; ma questo sembrava ingigantire la sua forza. Le parole raddoppiavano il suo potere. Gli vuotava la borsa sui sassi e faceva tintinnare tutta la notte le monete d’oro. Gli rovesciava il letto e lo faceva cadere sul pavimento, gli metteva la sabbia nel cibo.
«Ormai erano passati sei mesi da quando avevamo lasciato il regno e Khayman era fuori di sé. Forse noi eravamo in salvo; ma non poteva esserne sicuro e non sapeva che fare, e inoltre era terrorizzato dallo spirito.
«Poi una notte, mentre si domandava quali fossero le intenzioni dello spirito perché da un po’ se ne stava tranquillo, sentì bussare con violenza alla porta. Si spaventò. Sapeva che non doveva rispondere perché a bussare non era una mano umana. Ma alla fine non resistette più; recitò una preghiera e spalancò la porta. E ciò che vide lo portò al culmine dell’orrore: la mummia putrida di suo padre, avvolta nelle bende lacere, e appoggiata contro il muro di cinta del giardino.
«Naturalmente sapeva che non c’era vita nel volto incartapecorito e negli occhi morti che lo fissavano. Qualcosa aveva dissotterrato il cadavere e l’aveva portato lì: era il corpo di suo padre, il corpo che, secondo la legge sacra, avrebbe dovuto essere consumato in un regolare banchetto funebre da Khayman, dai suoi fratelli e dalle sue sorelle.
«Khayman si lasciò cadere in ginocchio piangendo e gridando. Poi, davanti ai suoi occhi increduli, la cosa si mosse! Incominciò a danzare! Le membra si agitavano, le bende andavano in pezzi. Khayman corse in casa e sprangò la porta. Poi il cadavere fu scagliato contro il battente e sembrò che lo percuotesse con un pugno per chiedere di entrare.
«Khayman invocò tutti gli dèi d’Egitto perché lo liberassero da quella mostruosità; chiamò le guardie del palazzo, chiamò i soldati del re. Maledisse il demone e gli ordinò di lasciarlo in pace, e cominciò a scagliare gli oggetti e a prendere a calci le monete d’oro, in preda alla rabbia.
«Tutti coloro che stavano nel palazzo accorsero alla casa di Khayman; ma il demone sembrava diventare ancora più forte. Le imposte tremarono e furono strappate dai cardini. I mobili di Khayman incominciarono a spostarsi.
«Ma era solo l’inizio. All’alba, quando i sacerdoti entrarono nella casa per esorcizzare il demone, dal deserto si levò un gran vento che portava con sé torrenti di sabbia accecante. E dovunque andasse Khayman, il vento lo seguiva; e finalmente vide che aveva le braccia coperte di minuscole trafitture e minutissime gocce di sangue. Persino le palpebre erano ferite. Si rifugiò in un ripostiglio per trovar pace, e lo spirito sfondò anche quella porta. E tutti fuggirono. Khayman rimase a giacere in lacrime sul pavimento.
«La tempesta infuriò per giorni. Più i sacerdoti pregavano e salmodiavano, più il demone s’incattiviva.
«Il re e la regina erano costernati. I sacerdoti maledicevano il demone. Il popolo attribuiva la colpa alle streghe dai capelli rossi e gridava che non avremmo dovuto lasciare la terra di Kemet. Dovevano trovarci a ogni costo, ricondurci lì e bruciarci vive: allora il demone si sarebbe acquietato.
«Ma le vecchie famiglie non erano d’accordo. Per loro il giudizio era chiaro. Non erano stati forse gli dèi a dissotterrare il corpo putrido del padre di Khayman, per dimostrare che i cannibali avevano sempre fatto ciò che piaceva al cielo? No: erano il re e la regina i colpevoli, e loro dovevano morire, perché avevano riempito l’Egitto di mummie e superstizioni.
«Il regno era sull’orlo della guerra civile.
«Finalmente il re andò da Khayman che piangeva nella sua casa, avvolto nella veste come in un sudario. E il re parlò al demone mentre questi affliggeva Khayman con piccoli morsi e macchiava di gocce di sangue i drappi che lo coprivano.
«‘Pensa a ciò che ci dissero quelle streghe’, disse il re. ‘Questi sono soltanto spiriti, non demoni. E si può ragionare con loro. Se soltanto riuscissi a farmi ascoltare come vi riuscivano le streghe, e potessi indurii a rispondere!’
«Ma questo parve esasperare ancora di più lo spirito. Distrasse i mobili che non aveva ancora sfasciato; strappò la porta dai cardini, divelse gli alberi dal giardino e li scagliò intorno. Anzi, per il momento parve dimenticare completamente Khayman, e si avventò nei giardini del palazzo distruggendo tutto ciò che poteva.
«E il re lo seguì, l’implorò di riconoscerlo e di parlare con lui, e di rivelargli i suoi segreti. Stava intrepido ed estatico in mezzo al turbine.
«Finalmente apparve la regina che con voce alta e penetrante si rivolse al demone. ‘Tu ci punisci per l’afflizione delle sorelle dai capelli rossi!’ gridò. ‘Ma perché non servi noi anziché loro?’ Subito il demone le strappò le vesti e la tormentò come aveva fatto con Khayman. La regina cercò di coprirsi le braccia e il volto, ma fu inutile. Il re l’afferrò; insieme corsero nella casa di Khayman.
«‘Ora vattene’, disse il re a Khayman. ‘Lasciaci soli con questo demone, perché voglio comprendere che cosa desidera.’ Chiamò i sacerdoti e, in mezzo al turbine, spiegò ciò che gli avevamo detto, e cioè che l’essere odiava noi umani perché eravamo spirituali e carnali. Ma avrebbe provveduto a imprigionarlo, e redimerlo e a controllarlo; era Enkil, re di Kemet, e poteva farlo.
«Il re e la regina entrarono insieme nella casa di Khayman, e il demone andò con loro e fece a pezzi la dimora; tuttavia rimasero. Khayman, che adesso era libero, giaceva esausto sul pavimento del palazzo; temeva per i sovrani ma non sapeva che fare.
«La corte tutta era in subbuglio: gli uomini litigavano, le donne piangevano. Alcuni abbandonarono il palazzo per timore di ciò che stava per accadere.
«Per due notti e due giorni il re rimase con il demone, e rimase anche la regina. Poi le antiche famiglie, contrarie al re e alla regina, si radunarono davanti alla casa. Il re e la regina sbagliavano; era quello il momento di occuparsi delle sorti di Kemet e di assumerne la guida. Al calar della notte entrarono nella casa con i pugnali sguainati. Erano decisi a uccidere il re e la regina; e se il popolo avesse protestato, avrebbero detto che era stata opera del demone… e chi avrebbe potuto affermare che non era vero? E il demone non si sarebbe forse fermato dopo la morte del re e della regina, che avevano perseguitato le streghe dai capelli rossi?
«La regina li vide: e mentre correva gridando, i congiurati le piantarono i pugnali nel seno, e così cadde agonizzante. Il re si precipitò in suo aiuto, e i congiurati colpirono anche lui con la stessa spietatezza; quindi uscirono in fretta dalla casa perché il demone non aveva interrotto le sue persecuzioni.
«Khayman, intanto, era rimasto inginocchiato ai margini del giardino, abbandonato dalle guardie che si erano schierate con i cospiratori. Immaginava che sarebbe morto con gli altri servitori della famiglia reale. Poi udì il grido straziante della regina; un suono che non aveva mai udito. E quando anche i cannibali lo udirono, abbandonarono quel luogo.
«Khayman, fedele maestro di palazzo del re e della regina, prese una torcia e andò in aiuto dei sovrani.
«Nessuno tentò di fermarlo. Tutti erano fuggiti in preda alla paura. Ed ecco ciò che vide Khayman.
«La regina giaceva a terra e si contorceva nell’agonia, mentre il sangue le sgorgava dalle ferite e una grande nube rossastra l’avvolgeva; era come se un vortice la circondasse, o meglio un vento che sollevava innumerevoli gocce di sangue. E in mezzo a quel vento o a quella pioggia, la regina si contorceva e roteava gli occhi. Il re era steso riverso.