Выбрать главу

«Ma in quella prima fase dell’impresa eravamo destinati all’insuccesso… la prima ribellione e poi la fuga. Ben presto saremmo stati separati per sempre, io, Khayman e Mekare.

«Il re e la regina, inorriditi dalla defezione di Khayman, sospettavano che ci avesse donato la magia e avevano scatenato all’inseguimento i soldati che potevano continuare le ricerche di giorno come di notte. E poiché dovevamo cercare in continuazione delle nuove vittime, la nostra pista era facile da seguire nei piccoli villaggi lungo il fiume, negli accampamenti tra le colline.

«E neppure due settimane dopo la nostra fuga dal palazzo reale, fummo catturati dalla folla alle porte di Saqqàra, a meno di due notti di cammino dal mare.

«Ah, se avessimo raggiunto il mare, se fossimo rimasti insieme! Il mondo era rinato per noi nell’oscurità, e ci amavamo disperatamente, e disperatamente ci eravamo scambiati i nostri segreti alla luce della luna.

«Ma a Saqqàra ci attendeva una trappola. E sebbene Khayman riuscisse ad aprirsi con le armi la strada della libertà, comprese che non avrebbe potuto salvarci e si addentrò fra le colline per attendere il momento propizio, che però non venne.

«Io e Mekare fummo circondate come ricorderete, come avete visto nei sogni. Mi strapparono di nuovo gli occhi; ora temevamo il fuoco perché sicuramente poteva annientarci, e pregavamo tutte le cose invisibili per la liberazione finale.

«Ma il re e la regina non osavano distruggere i nostri corpi. Avevano creduto a Mekare quando aveva parlato del grande spirito, Amel, che ci aveva contagiati tutti, e temevano che le sofferenze patite da noi venissero sentite anche da loro. Non era così, ovviamente: ma allora chi poteva saperlo?

«Perciò ci chiusero nei sarcofaghi di pietra, come vi ho detto; uno da portare a est, l’altro a ovest. Èrano già pronte le zattere per abbandonarci alla deriva sui grandi oceani. Avevo visto tutto anche nella cecità. Poi le zattere ci portarono via. E dalle menti dei nostri aguzzini avevo appreso cosa intendevano fare. Sapevo che Khayman non poteva seguirci, perché la marcia sarebbe continuata di giorno e di notte.

«Quando mi svegliai, andavo alla deriva. La zattera mi trasportò per dieci giorni; soffrii la sete e vissi nel terrore che il sarcofago sprofondasse e che io restassi sepolta per sempre senza poter morire. Tuttavia ciò non avvenne. E quando giunsi finalmente a riva sulla costa orientale dell’Africa meridionale, incominciai a cercare Mekare, attraversando il continente in direzione ovest.

«Per secoli la cercai da un estremo all’altro. Mi spinsi al nord, in Europa, viaggiai lungo le spiagge sassose e persino nelle isole settentrionali, fino a raggiungere le distese di ghiaccio e neve. Più volte, tuttavia, tornai al mio villaggio; e questa parte della storia ve la dirò fra un momento perché, come vedrete, per me è importante che la conosciate.

«Ma durante quei primi secoli volsi le spalle all’Egitto, volsi le spalle al re e alla regina.

«Solo molto più tardi appresi che il re e la regina sulla loro trasformazione, avevano fondato una grande religione, avevano assunto l’identità di Osiride e Iside e avevano modificato quegli antichi miti secondo il loro interesse.

«Osiride divenne il dio degli inferi: il re, infatti, poteva apparire soltanto nell’oscurità. E la regina divenne Iside, la Madre che raccoglie il corpo smembrato del consorte, lo risana e lo rende alla vita.

«Avete letto nelle pagine di Lestat del racconto che Marius gli fece così com’era stato fatto a lui, come gli dèi creati dalla Madre e dal Padre ricevevano in sacrificio i malfattori nei sacrari nascosti sulle colline dell’Egitto; e questa religione perdurò fino al tempo di Cristo.

«E avete anche saputo che la ribellione di Khayman riuscì; i nemici del re e della regina da lui creati insorsero, e furono combattute grandi guerre fra i bevitori di sangue del mondo. La stessa Akasha rivelò queste cose a Marius, e Marius le rivelò a Lestat.

«In quei primi secoli nacque la Leggenda delle gemelle, perché i fatti furono narrati dai soldati che avevano assistito agli avvenimenti delle nostre vite, dal massacro della nostra gente alla cattura finale. La Leggenda delle gemelle fu addirittura scritta in tempi più tardi dagli scribi egizi. Si credeva che un giorno Mekare sarebbe apparsa per abbattere la Madre, e tutti i bevitori di sangue sarebbero morti non appena la Madre fosse perita.

«Ma tutto questo accadde a mia insaputa e senza la mia collusione, perché ero ormai molto lontana.

«Solo dopo tremila anni tornai in Egitto, anonima e avvolta in vesti nere, per vedere che cosa era stato del Padre e della Madre: statue indifferenti, chiuse nel loro tempio sotterraneo. Solo le teste e le gole erano scoperte. E i giovani si rivolgevano ai sacerdoti bevitori di sangue che li vegliavano; venivano per cercare di bere alla fonte primordiale.

«Un giovane sacerdote mi chiese se desideravo bere: in quel caso avrei dovuto presentarmi agli Anziani e dichiarare la mia purezza e la mia devozione al vecchio culto, e giurare che non ero un’irregolare votata a fini egoistici. Avrei voluto ridere.

«Ma, oh, l’orrore di quegli esseri dagli occhi sbarrati! Stavo davanti a loro e sussurravo i nomi di Akasha ed Enkil, senza scorgere un lampo nei loro sguardi, un solo fremito della pelle bianca.

«Erano così da tempo immemorabile, mi dissero i sacerdoti; nessuno sapeva neppure più se i miti dell’inizio erano veri. Noi, i primi figli, venivamo chiamati la Prima Stirpe, quella che aveva generato i ribelli; ma la Leggenda delle gemelle era stata dimenticata, e nessuno sapeva di Khayman, di Mekare e di Maharet.

«Solo una volta, più tardi, avrei visto la Madre e il Padre; erano trascorsi altri mille anni. Era appena avvenuto il grande incendio quando l’Anziano di Alessandria, come vi ha narrato Lestat, aveva cercato di annientare la Madre e il Padre esponendoli al sole. Erano rimasti solo abbronzati dal calore del giorno, come ha detto Lestat, perché erano divenuti foltissimi; sebbene tutti noi dormiamo di giorno, piombando nell’impotenza, con il passare del tempo la luce diviene meno letale.

«Ma in tutto il mondo i bevitori di sangue erano morti tra le fiamme durante quelle ore diurne in Egitto, mentre i più vecchi avevano sofferto ed erano divenuti più scuri, ma nulla di più. Il mio carissimo Eric aveva allora mille anni; vivevamo insieme in India, e durante quelle ore interminabili rimase gravemente ustionato. Furono necessarie grandi quantità del mio sangue per risanarlo. Io stessa ero soltanto abbronzata e sebbene vivessi soffrendo per molte notti, scoprii un bizzarro effetto secondario; con la pelle scura mi era più facile passare inosservata fra gli umani.

«Molti secoli dopo, stanca del mio pallore, mi sarei bruciata al sole di proposito. Probabilmente lo farò ancora.

«Ma la prima volta che accadde, per me fu un mistero. Volevo sapere perché nei miei sogni avevo visto il fuoco e avevo udito le urla di tanti che perivano, e perché altri che io avevo creato, i novizi amatissimi, erano morti di quella morte indescrivibile.

«Perciò mi recai dall’India all’Egitto, che per me era sempre stato un luogo odioso, allora sentii parlare di Marius, un giovane romano bevitore di sangue miracolosamente illeso, che era venuto e aveva rubato il Padre e la Madre e li aveva portati via da Alessandria, in un luogo dove nessuno avrebbe più potuto bruciarli… e bruciare noi.

«Non fu diffìcile trovare Marius. Come vi ho detto, nei primi anni non potevamo mai udirci. Ma con il passare del tempo potemmo udire i più giovani come se fossero esseri umani. Ad Antiochia scoprii la casa di Marius, in vero palazzo dove viveva nello splendore romano, sebbene, nelle ore che precedevano l’alba, andasse in caccia di vittime umane per le strade buie.

«Aveva già reso immortale Pandora, che amava più di ogni altra cosa al mondo. E aveva collocato la Madre e il Padre in uno squisito sacrario, costruito con le sue mani in marmo di Carrara e mosaici, dove bruciava l’incenso come se fosse un tempio, come se i due fossero vere divinità.