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«Ma troverà la Madre. Lo so. E l’esito potrà essere uno solo. O Mekare perirà, oppure perirà la Madre, e con la Madre periremo anche tutti noi.

«La forza di Mekare è eguale alla mia, se non maggiore. È eguale a quella della Madre; e forse può trarre dalla follia una ferocia che nessuno di noi può misurare o contenere.

«Non credo nelle maledizioni, non credo nelle profezie. Gli spiriti che m’insegnarono la validità di queste cose mi abbandonarono migliaia di anni fa. Tuttavia Mekare credeva nella maledizione, quando la pronunciò: veniva dal profondo del suo essere, e fu lei a lanciarla. I suoi sogni parlano soltanto dell’inizio, dell’origine del suo rancore che ha sicuramente alimentato il desiderio di vendetta.

«Mekare può realizzare la maledizione; e forse sarà la cosa migliore per tutti noi. E se non annienterà Akasha, se noi non annienteremo Akasha, quale sarà il risultato? Sappiamo già quali mali ha incominciato a operare la Madre. Il mondo può fermarla se non capisce? Non sa che è immensamente forte e tuttavia vulnerabile; ha il potere di stritolare, tuttavia la pelle e l’osso possono venire trapassati e spezzati. Questo essere che può volare e leggere nelle menti e accendere il fuoco con il pensiero, e tuttavia può essere bruciato…

«Come possiamo fermarla e salvarci? Ecco l’interrogativo. Io voglio vivere, l’ho sempre voluto, non voglio chiudere gli occhi su questo mondo. Non voglio che accada qualcosa di male a coloro che amo. Anche i giovani, quelli che devono uccidere… mi sforzo di trovare un modo per proteggerli. È un male? Non siamo forse una specie e, come ogni specie, non vogliamo sopravvivere?

«Pensate a tutto ciò che vi ho detto della Madre, a ciò che ho detto della sua anima e della natura del demone che risiede in lei, con il nucleo saldato al suo nucleo. Pensate alla natura della grande cosa invisibile che anima ognuno di noi e ogni bevitore di sangue che sia mai esistito.

«Noi siamo coloro che ricevono l’energia da questo essere, come le radio ricevono invisibili onde che portano il suono. I nostri corpi non sono altro che involucri riempiti di tale energia. Noi, come disse Marius tanto tempo fa, siamo fiori di un’unica liana.

«Esaminate questo mistero: perché se lo esaminiamo attentamente, forse potremo trovare un modo per salvarci.

«E vorrei che esaminiate ancora una cosa a questo proposito: forse la cosa più preziosa che io abbia mai imparato.

«Nei primi tempi, quando gli spiriti parlavano a mia sorella e a me sulle pendici della montagna, quale essere umano avrebbe creduto che gli spiriti fossero cose prive d’importanza? Persino noi eravamo prigioniere del loro potere, e ritenevamo un dovere usare i doni in nostro possesso per il bene della nostra gente, come più tardi lo avrebbe creduto Akasha.

«Poi, per millenni, questa fede nel sovrannaturale ha fatto parte dell’anima umana. A volte avrei detto die era naturale, chimica, un ingrediente indispensabile della struttura degli uomini, qualcosa senza la quale non potevano prosperare e tanto meno sopravvivere.

«Abbiamo assistito molte volte alla nascita di culti e religioni… alle proclamazioni di visioni e miracoli e alle successive promulgazioni delle fedi ispirate da questi ‘eventi’.

«Viaggiate nelle città dell’Asia e dell’Europa e vedrete gli antichi templi ancora in piedi, e cattedrali del Dio cristiano dove vengono tuttora cantati i suoi inni. Visitate i musei di tutti i paesi: vedrete sculture e pitture religiose che abbagliano l’anima.

«Quanto sembrano grandiose queste realizzazioni: la macchina stessa della cultura dipende dal combustibile della fede religiosa.

«Eppure qual è stato il prezzo della fede che galvanizza i paesi e manda le armate una contro l’altra, che divide le mappe delle nazioni in vincitori e vinti e annienta gli adoratori degli dèi alieni?

«Ma negli ultimi secoli un miracolo vero che non ha nulla a che vedere con spiriti o apparizioni, o voci celesti che annunciano a questo o quello zelota ciò che deve fare!

«Abbiamo visto finalmente nell’animale umano una resistenza al miracoloso; uno scetticismo nei confronti dell’opera degli spiriti o di coloro che affermano di vederli e di comprenderli e di essere interpreti delle loro verità.

«Abbiamo veduto la mente umana abbandonare lentamente le tradizioni della legge basata sulla rivelazione, cercare le verità etiche tramite la ragione, e un modo di vita basato sul rispetto per il fisico e lo spirituale così come vengono percepiti da tutti gli esseri umani.

«E con questa perdita di rispetto per l’intervento sovrannaturale, con questa mancanza di credulità in tutte le cose distaccate dalla carne, è venuta l’epoca più illuminata; perché uomini e donne cercano l’ispirazione più alta non nel regno dell’invisibile, ma nel regno dell’uomo, la cosa che è carne e spirito, visibile e invisibile, terrena e trascendente.

«Il chiaroveggente e la strega non hanno più valore, ne sono convinta. Gli spiriti non possono darci nulla di più. Insomma, abbiamo superato la suscettibilità a questa follia e ci avviamo verso una perfezione che il mondo non ha mai conosciuto.

«Finalmente il verbo si è fatto carne, per citare un’antica frase biblica con tutto il suo mistero; ma il verbo della ragione, e la carne è il riconoscimento delle esigenze e dei desideri comuni a tutti gli uomini e tutte le donne.

«E cosa farebbe con il suo intervento la Madre, per questo mondo? Cosa gli donerebbe, lei la cui stessa esistenza è ormai irrilevante, e la cui mente è rimasta rinchiusa per secoli in un reame di sogni privi d’illuminazione?

«È necessario fermarla. Marius ha ragione: chi potrebbe dissentire da lui? Dobbiamo tenerci pronti ad aiutare Mekare, non a ostacolarla, anche se ciò significherà la fine per noi tutti.

«Ma lasciate che ora vi esponga l’ultimo capitolo del mio racconto, in cui sta la più completa illumuiazione della minaccia che la Madre rappresenta per noi tutti.

«Come ho già detto, Akasha non aveva annientato la mia nuova gente, che continuò a vivere in mia figlia Miriam e nelle sue figlie, e nelle figlie di queste ultime.

«Dopo vent’anni ritornai al villaggio dove avevo lasciato Miriam, e trovai una giovane donna, cresciuta tra le storie che sarebbero divenute la Leggenda delle gemelle.

«Al chiaro di luna la condussi con me sulla montagna, le rivelai le grotte dei suoi antenati e le consegnai le collane e l’oro ancora nascosti nel profondo delle caverne dipinte, dove gli altri non osavano entrare. E raccontai a Miriam tutte le storie dei suoi antenati. Ma la scongiurai di tenersi lontana dagli spiriti e da ogni rapporto con le cose invisibili, comunque venissero nominate, soprattutto se venivano chiamate dèi.

«Quindi andai a Gerico, perché nelle strade affollate era facile andare a caccia di vittime, di umani che desideravano la morte e quindi non avrebbero turbato la mia coscienza; e là potevo nascondermi agli occhi indiscreti.

«Ma nel corso degli anni tornai molte volte a visitare Miriam che aveva avuto quattro figlie e due figli; costoro ebbero a loro volta cinque figli che giunsero alla maturità; di questi cinque due erano donne ed ebbero a loro volta otto figli. E narrarono ai figli le leggende della famiglia, e anche la Leggenda delle gemelle che un tempo avevano parlato con gli spiriti, avevano fatto scendere la pioggia ed erano state perseguitate dalla malvagità del re e della regina.

«Duecento anni più tardi scrissi per la prima volta tutti i nomi della mia famiglia, perché ormai erano un intero villaggio; e impiegai quattro tavolette d’argilla per annotare ciò che sapevo. Quindi riempii una tavoletta dopo l’altra con le storie dell’origine, delle donne che risalivano al Tempo Prima dell’Avvento della Luna.

«E sebbene a volte vagassi anche per un secolo lontano dalla mia patria, in cerca di Mekare, sulle coste selvagge dell’Europa settentrionale, tornavo sempre fra la mia gente, nei miei nascondigli segreti fra le montagne e nella mia casa di Gerico; e scrivevo i progressi della famiglia, le figlie che erano nate e i nomi delle loro figlie. Scrivevo in dettaglio anche dei figli, delle loro imprese e della loro personalità, a volte anche del loro eroismo, come facevo per le donne. Ma non scrivevo della loro prole. Non era possibile sapere se i figli degli uomini appartenessero veramente alla mia stirpe e alla stirpe della mia gente. Perciò la discendenza divenne matrilineare, e da allora è sempre stato così.