«C’è sempre tanto lavoro da fare», aveva detto Aaron con disinvoltura. «Vede tutti questi vecchi documenti? Sono in latino e non possiamo più pretendere che i nuovi membri sappiano leggere e scrivere quella lingua morta. È ormai fuori questione, di questi tempi. E questi magazzini, vede? La documentazione relativa alla maggior parte degli oggetti non è stata rivalutata da circa quattro secoli…»
Naturalmente Aaron sapeva che Jesse leggeva e scriveva non solo il latino, ma anche il greco e l’antico egizio e l’antico sumero. Ma non sapeva che lì Jesse aveva trovato un surrogato per i tesori di quell’estate perduta. Aveva trovato un’altra Grande Famiglia.
Quella sera una macchina era andata a prendere nell’appartamento di Chelsea gli abiti di Jesse e tutto ciò di cui poteva avere bisogno. La sua nuova stanza era nell’angolo sud-ovest della Casa Madre; era piccola e comoda con il soffitto a cassettoni e un camino Tudor.
Jesse non avrebbe mai voluto lasciare quella casa, e Aaron lo sapeva. Il venerdì di quella settimana, appena tre giorni dopo l’arrivo, Jesse era stata ammessa nell’ordine come novizia. Le era stata assegnata una somma cospicua per le spese, più un salotto adiacente alla camera da letto, un autista e una macchina vecchia ma lussuosa. Aveva lasciato frettolosamente il lavoro al British Museum.
Le regole erano semplici. Avrebbe trascorso due anni di preparazione a tempo pieno, viaggiando con altri membri dell’ordine quando e dove era necessario. Poteva parlare dell’ordine con i parenti e gli amici, naturalmente. Ma gli argomenti, gli schedari e i dettagli relativi ai casi dovevano restare confidenziali. E non doveva cercare di pubblicare qualcosa sul Talamasca. Anzi, non doveva mai citare pubblicamente l’ordine. I riferimenti agli incarichi specifici dovevano sempre omettere nomi e luoghi e restare sul vago.
Avrebbe lavorato negli archivi, per tradurre e «adattare» le vecchie cronache e i vecchi documenti. E nei musei poteva lavorare con i manufatti e le reliquie, almeno un giorno la settimana. Ma le indagini sulle infestazioni e fenomeni simili, che poi rappresentavano il vero lavoro sul campo, dovevano avere la precedenza su tutto, sempre.
Era passato un mese prima che scrivesse a Maharet per comunicarle la sua decisione. E nella lettera si era confidata apertamente. Amava quella gente e il suo lavoro. Naturalmente la biblioteca le ricordava l’archivio di famiglia a Sonoma, e l’estate in cui aveva conosciuto tanta felicità. Maharet la capiva?
La risposta di Maharet l’aveva sbalordita. Maharet sapeva cos’era il Talamasca. Anzi, sembrava che ne conoscesse molto bene la storia. Diceva senza preamboli che ammirava immensamente gli sforzi compiuti dall’ordine durante la caccia alle streghe del quindicesimo e del sedicesimo secolo per salvare dal rogo tanti innocenti.
Senza dubbio ti avranno parlato delle loro organizzazioni clandestine, grazie alle quali molti accusati venivano allontanati dai villaggi dove sarebbero stati probabilmente bruciati, e condotti a rifugiarsi ad Amsterdam, una città illuminata dove non s’era prestato fede a lungo alle menzogne e alle assurdità sulla stregoneria.
Jesse non aveva saputo nulla in proposito; ma molto presto ne avrebbe trovato la conferma. Tuttavia Maharet aveva le sue riserve sul Talamasca.
Per quanto ammiri la loro compassione verso i perseguitati di tutte le epoche, devi capire che secondo me le loro indagini non contano molto. Per essere più precisi: spiriti, fantasmi, vampiri, lupi mannari, streghe, entità indescrivibili… tutti questi possono esistere, e il Talamasca può passare un altro millennio a studiarli: ma quale differenza apporterà tutto ciò al destino della razza umana?
Senza dubbio vi sono stati, in un passato remoto, individui che avevano visioni e parlavano agli spiriti. E forse, come streghe o sciamani, costoro avevano un valore per le loro tribù e le loro nazioni. Ma molte religioni complesse e fantasiose si sono basate su queste esperienze semplici e ingannevoli, dando nomi mitici a vaghe entità e creando un enorme veicolo per la superstizione. Forse che queste religioni non sono state più dannose che utili?
Permettimi di suggerire che, comunque si interpreti la storia, ormai siamo andati oltre il punto in cui un qualsiasi contatto con gli spiriti può essere di qualche utilità. Forse è all’opera una giustizia rozza ma inesorabile nello scetticismo degli individui ordinali per quanto riguarda i fantasmi, i medium e così via. Il sovrannaturale, in qualunque forma, non deve interferire con la storia umana.
Insomma, io sostengo che, a parte il dare confono ogni tanto a qualche anima confusa, il Talamasca compila documentazioni di cose che non sono importanti e non devono esserlo. Il Talamasca è un’organizzazione interessante. Ma non può realizzare grandi cose.
Ti amo. Rispetto la tua decisione. Ma spero, per il tuo bene, che tu ti stanchi del Talamasca… e ritorni al mondo reale… molto presto.
Jesse aveva riflettuto molto attentamente prima di rispondere. La faceva soffrire, sapere che Maharet non approvava ciò che aveva fatto. Tuttavia capiva che c’era una recriminazione nella sua decisione. Maharet l’aveva allontanata dai segreti della famiglia: il Talamasca l’aveva accolta.
Nella risposta aveva assicurato Maharet che i membri dell’ordine non si facevano illusioni sull’importanza del loro lavoro. Le avevano detto che era in gran parte segreto, e non dava gloria, a volte non dava neppure vera soddisfazione. Si sarebbero dichiarati tutti d’accordo con le opinioni di Maharet sull’insignifìcanza di medium, spiriti e fantasmi.
Ma non c’erano forse milioni di persone convinte che anche le scoperte archeologiche avessero poco significato? Jesse aveva supplicato Maharet di comprendere ciò che voleva dire per lei. E alla fine aveva scritto, con una certa sorpresa, queste parole.
Non dirò mai nulla al Talamasca della Grande Famiglia. Non parlerò mai della casa di Sonoma e delle cose misteriose che mi sono accadute durante la mia permanenza. Sarebbero troppo assetati di questo genere di mistero. E io sono devota a te. Ma un giorno, ti prego, permettimi di tornare nella casa in California. Lasciami parlare con te delle cose che ho visto. Di recente ho ricordato molti particolari. Faccio sogni sconcertanti. Ma in queste cose mi fido del tuo giudizio. Sei stata così generosa con me. Non dubito che mi ami. Ti prego di capire quanto ti amo io.
La risposta di Maharet era stata breve.
Jesse, io sono un essere eccentrico e capriccioso; ben poco mi è stato negato. Ogni tanto mi illudo circa l’effetto che ho sugli altri. Non avrei mai dovuto condurti nella casa di Sonoma. È stato un gesto egoistico che non so perdonarmi. Tuttavia devi alleviare la mia coscienza. Dimentica che quella visita sia avvenuta. Non negare la verità di ciò che ricordi; ma non insistervi neppure. Vivi la tua vita come se non fosse mai stata interrotta così avventatamente. Un giorno risponderò a tutte le tue domande, ma non cercherò più di sovvertire il tuo destino. Mi congratulo per la tua nuova vocazione. Hai per sempre il mio affetto incondizionato.
Poi erano venuti tanti regali, tutti eleganti. Valigie di pelle per i viaggi e uno splendido cappotto foderato di visone per riscaldarla «nell’abominevole clima britannico», un paese «che solo un druido potrebbe amare», le aveva scritto Maharet.
Jesse adorava quel cappotto perché il visone era all’interno e non attirava l’attenzione. Le valigie erano utili. E Maharet continuava a scrivere due o tre volte la settimana, ed era premurosa come sempre.
Ma con il passare degli anni, era stata Jesse a diventare più distante, a scrivere lettere brevi e a intervalli irregolari, perché il suo lavoro per il Talamasca era confidenziale. Non poteva descrivere ciò che faceva.