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Era una risposta migliore di quanto Marius si aspettasse. Non era impossibile provare simpatia per quella creatura. D’altra parte era solo l’inizio. E la risposta… non era tutta la verità.

«No?» chiese la donna. Per un istante il viso rivelò una rete di rughe fìnissime, il riflesso di qualcosa che un tempo era stato umano. «Qual è la completa verità? Non ti dovevo nulla, men che meno la rivelazione della mia esistenza. È un’impertinenza da parte tua insinuare che avrei dovuto farmi riconoscere da te. Come te ne ho visti mille. So quando cominciate a esistere. So quando perite. Che cosa sei per me? Ora ci incontriamo perché è necessario. Siamo in pericolo. Tutte le cose viventi sono in pericolo. E forse quando tutto ciò sarà finito ci ameremo e ci rispetteremo. O forse no. Forse saremo tutti morti.»

«Forse», disse Marius a voce bassa. Non seppe nascondere un sorriso. La donna aveva ragione. E gli piaceva il suo modo di fare, la durezza con cui parlava.

Secondo la sua esperienza, tutti gli immortali erano segnati irrevocabilmente dall’epoca in cui erano nati. Ed era vero anche per quella creatura antica: le sue parole avevano una semplicità selvaggia, sebbene il timbro della voce fosse dolce.

«Non sono me stesso», le disse in tono esitante. «Non sono sopravvissuto a tutto questo come avrei dovuto. Il mio corpo è guarito… il solito miracolo.» Marius fece una smorfia. «Ma non comprendo la mia attuale visione delle cose. L’amarezza, la…» s’interruppe.

«La tenebra assoluta», disse lei.

«Sì, la vita non mi è mai parsa più insensata», soggiunse Marius. «Non per noi, intendo. Per tutte le cose viventi, per usare la tua frase. È uno scherzo, no? La coscienza è una specie di scherzo.»

«No», rispose la donna. «Non è così.»

«Non sono d’accordo. Vuoi trattarmi con condiscendenza? Vuoi dirmi quante migliaia di anni sei vissuta prima della mia nascita? Quante cose sai che io non so?» Marius pensò di nuovo alla sua prigionia, al ghiaccio che lo feriva, alla sofferenza che gli straziava le membra. Pensò alle voci immortali che gli avevano risposto, ai soccorritori che s’erano mossi per raggiungerlo e che a uno a uno erano stati colpiti dal fuoco di Akasha. Li aveva uditi morire, anche se non li aveva visti! E cos’aveva significato per lui il sonno? I sogni delle gemelle.

All’improvviso la donna gli prese gentilmente la mano destra fra le sue. Era come essere tenuto dalle fauci di una macchina: e sebbene Marius avesse dato la stessa impressione a molti giovani nel corso degli anni, non aveva mai conosciuto quella forza schiacciante.

«Marius, ora abbiamo bisogno di te», disse lei con calore. I suoi occhi scintillarono per un istante nella luce gialla che filtrava dalla porta dietro di lei e dalle finestre a destra e a sinistra.

«Per amor del cielo, perché?»

«Non scherzare», ribattè lei. «Vieni in casa. Dobbiamo parlare finché ne abbiamo il tempo.»

«Di che cosa?» insistette Marius. «Della causa che ha indotto la Madre a lasciarci vivere? Conosco la risposta a questa domanda. Mi fa ridere. Ovviamente non può uccidere te, e noi… noi siamo stati risparmiati perché è Lestat a volerlo. Te ne rendi conto, no? Ho avuto cura di lei per duemila anni, l’ho protetta, venerata, e adesso mi ha risparmiato solo perché ama un novizio di duecento anni chiamato Lestat.»

«Non esserne tanto sicuro!» esclamò Santino.

«No», disse la donna. «Non è l’unica ragione. Ma vi sono molte cose che dobbiamo considerare…»

«So che hai ragione», disse Marius. «Ma non ne ho lo spirito. Le mie illusioni sono finite, vedi, e non sapevo neppure che fossero illusioni. Credevo di aver raggiunto una grande saggezza. Era il mio principale motivo d’orgoglio. Stavo con le cose eterne. Poi, quando l’ho vista nel sacrario, ho compreso che s’erano avverati i miei sogni e le mie speranze! Era viva dentro quel corpo. Viva, mentre io facevo la parte dell’accolito, dello schiavo, dell’eterno guardiano della tomba!»

Ma perché tentare di spiegarlo? Il sorriso maligno, le parole beffarde che la Madre gli aveva rivolto, il ghiaccio che precipitava. E poi la tenebra gelida e le gemelle. Ah, sì, le gemelle. Era quello, il nucleo fondamentale: e all’improvviso pensò che i sogni avevano gettato su di lui un incantesimo. Avrebbe dovuto interrogarsi prima. Guardò la donna, e sembrò che all’improvviso i sogni la circondassero, la sottraessero al presente per riportarla a quei tempi crudeli. Vide la luce del sole, vide il cadavere della madre, vide le gemelle. Tanti interrogativi…

«Ma che hanno a che vedere i sogni con questa catastrofe?» chiese bruscamente. Era sempre stato indifeso contro i sogni interminabili.

La donna lo guardò per un lungo momento prima di rispondere. «Questo te lo dirò, per quanto ne so io. Ma devi calmarti. È come se avessi ritrovato la giovinezza… e dev’essere una maledizione.»

Marius rise. «Non sono mai stato giovane. Ma che cosa intendi dire?»

«Tu deliri e straparli. E non posso consolarti.»

«Lo faresti, se potessi?»

«Sì.»

Marius rise sommessamente.

Ma lei gli aprì le braccia con grazia. Il gesto lo sconvolse, non perché era straordinario, ma perché tante volte, nei sogni, l’aveva vista abbracciare così la sorella. «Il mio nome è Maharet», gli disse. «Chiamami così e scaccia la diffidenza. Entra nella mia casa.»

Si tese e gli toccò il viso con le mani mentre gli baciava la guancia. I capelli rossi gli toccarono la pelle e la sensazione lo confuse. Anche il profumo che saliva dal suo abito lo confondeva… la lieve fragranza orientale che gli ricordava l’incenso, e l’incenso lo faceva sempre pensare al sacrano.

«Maharet», le disse irosamente. «Se sono necessario, perché non sei venuta a cercarmi quand’ero nell’abisso di ghiaccio? Lei avrebbe potuto fermare te

«Marius, io sono venuta», disse la donna. «E ora sei qui con noi.» Lo lasciò e abbandonò con grazia le mani giunte. «Credi che non avessi nulla da fare durante quelle notti, mentre la nostra specie veniva annientata? Intorno a me e in tutto il mondo, lei uccideva coloro che avevo amato o conosciuto. Non potevo essere onnipresente per proteggere le vittime. Da ogni angolo della terra mi giungevano le grida. E io avevo la mia missione, la mia angoscia…» s’interruppe bruscamente.

Un lieve rossore umano la inondò; in un lampo riapparvero le rughe d’espressione del suo volto. Soffriva, fisicamente e mentalmente, e i suoi occhi erano annebbiati da lacrime di sangue. Era una cosa strana, la fragilità degli occhi nel corpo indistruttibile. E la sofferenza che emanava da lei e che Marius non poteva sopportare era come i sogni. Vedeva una quantità d’immagini, vivide e tuttavia differenti. E poi comprese…

«Non sei tu, quella che ci ha mandato i sogni», mormorò. «Non sei tu la fonte.» Maharet non rispose.

«Per gli dèi, dov’è tua sorella? Cosa significa tutto questo?» Vi fu un leggero trasalimento, come se l’avesse colpita al cuore. La donna cercò di velare la propria mente, ma Marius percepì il dolore insopprimibile. Lo fissava in silenzio, scrutava lentamente il volto e la figura, come per fargli sapere che aveva commesso una trasgressione imperdonabile.

Marius sentiva la paura che s’irradiava da Mael e da Santino; non osavano parlare. Pandora si accostò ancora di più e gli trasmise un monito mentre gli stringeva la mano.

Perché aveva parlato in modo tanto brutale e impaziente? La mia missione, la mia angoscia… Ah, maledizione!