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«Si chinò e raccolse la collana proveniente dalla tomba di sua madre.

«‘Com’è arrivata qui?’ chiese. Ma non ci teneva a saperlo, in realtà. Capiva che la risposta sarebbe stata ancora più sconvolgente di tutto ciò che aveva appreso dopo la nostra venuta, e aveva paura.

«Comunque, io spiegai: e ascoltò ogni parola.

«Gli spiriti leggono nelle nostre menti, sono enormi e potentissimi. Per noi è difficile immaginarne le dimensioni, e possono muoversi con la rapidità del pensiero. Quando Akasha aveva pensato alla seconda collana lo spirito l’aveva vista ed era andato a cercarla; dopotutto, la prima collana le aveva fatto piacere, quindi perché non portarne un’altra? Perciò l’aveva trovata nella tomba della madre della regina e l’aveva rimossa, forse attraverso un’apertura, perché sicuramente non poteva averla fatta passare attraverso la pietra. Sarebbe stato ridicolo.

«Ma mentre dicevo queste parole, intuii la verità. Con ogni probabilità la collana era stata sottratta al cadavere della madre di Akasha, o forse dal coniuge. Non era mai finita in una tomba: perciò Amel l’aveva trovata. O forse era stata rubata da un sacerdote. Almeno così pareva ad Akasha, che teneva in mano la collana. Detestava lo spirito che le aveva rivelato una cosa tanto terribile.

«Le sue illusioni erano ormai in rovina; tuttavia era rimasta con la sterile verità che aveva sempre conosciuto. Aveva fatto domande sul sovrannaturale, il che era assai poco saggio, e il sovrannaturale le aveva dato risposte che non poteva accettare e che tuttavia non poteva confutare.

«‘Dove sono le anime dei morti?’ mormorò continuando a fissare la collana.

«Risposi io, sommessamente, che gli spiriti non lo sanno.

«Orrore. Paura. Poi la sua mente si mise all’opera per fare ciò che aveva sempre fatto: trovare un sistema grandioso per spiegare quanto causava sofferenza, un modo per spiegare ciò che le stava davanti. La segreta nicchia tenebrosa dentro di lei ingigantiva e minacciava di consumarla. Non poteva permettere che accadesse; doveva continuare. Era la regina di Kemet.

«D’altra parte era adirata, e provava rabbia contro i genitori e i maestri e i sacerdoti e le sacerdotesse della sua infanzia, contro gli dèi che aveva adorato e contro tutti coloro che l’avevano confortata e le avevano detto che la vita era bella.

«Era disceso un momento di silenzio; la sua espressione cambiava. La paura e lo sbalordimento erano scomparsi e nel suo sguardo era apparso qualcosa di freddo e disincantato e malizioso.

«Quindi, tenendo in mano la collana della madre, si alzò e dichiarò che quanto avevamo detto era menzogna. Noi parlavamo ai demoni, demoni che cercavano di rovesciare lei e i suoi dèi, protettori del suo popolo. Più parlava e più si convinceva della verità di quanto diceva, più si lasciava dominare dall’eleganza delle sue convinzioni e cedeva alla loro logica. Alla fine pianse e ci accusò, negando la tenebra che aveva dentro di sé. Evocò le immagini dei suoi dèi, evocò il suo linguaggio sacro.

«Ma poi guardò di nuovo la collana; e lo spirito maligno Amel, furioso perché non s’era compiaciuta del dono ed era nuovamente in collera con noi, ci chiese di dirle che se ci avesse fatto del male le avrebbe scagliato addosso ogni oggetto, gioiello, coppa, specchio, pettine o altro che mai avesse chiesto, immaginato, desiderato o perduto.

«Avrei riso se non fossimo state in così grande pericolo; per lo spirito era una soluzione meravigliosa, ma ridicola da un punto di vista umano. Tuttavia non era ciò che si poteva desiderare.

«E Mekare riferì esattamente ad Akasha ciò che aveva detto Amel.

«‘Se ha potuto far apparire questa collana può seppellirti sotto quei ricordi di sofferenza’, disse Mekare. ‘E non so se qualche strega su questa terra potrebbe fermarlo, se mai dovesse incominciare.’

«‘Dov’è?’ urlò Akasha. ‘Fammi vedere il demonio al quale parli!’

«A questo punto Amel, in preda alla vanità e alla rabbia, concentrò tutta la sua potenza e si avventò contro Akasha urlando: ‘Io sono Amel, il maligno che trafigge!’ E suscitò intorno a lei la stessa bufera che aveva creato intorno a nostra madre, ma questa era dieci volte più violenta. Non avevo mai visto tanta furia. La stanza pareva tremare mentre lo spirito immenso si comprimeva e si insinuava in quel luogo minuscolo. Sentii scricchiolare i muri; e sul bel viso, sulle braccia della regina apparvero innumerevoli, minuscole ferite come tante gocce di sangue.

«Akasha urlò, disperata. Amel era in estasi: Amel sapeva compiere cose prodigiose. Io e Mekare eravamo atterrite.

«Mekare gli comandò di fermarsi. Lo coprì di lusinghe e di ringraziamenti, gli disse che era il più potente di tutti gli spiriti, ma che ora doveva obbedire per dimostrare che era intelligente quanto forte; e lei gli avrebbe permesso di colpire di nuovo, al momento più opportuno.

«Il re, intanto, s’era precipitato in aiuto di Akasha; Khayman era accorso con tutte le guardie. Ma quando le guardie alzarono le spade per colpirci, la regina ordinò di lasciarci stare. Io e Mekare la fissavamo, minacciandola in silenzio con il potere di quello spirito, poiché non ci restava altro. E Amel il maligno aleggiava sopra di noi, e riempiva l’aria del più strano fra i suoni, la grande risata cavernosa d’uno spkito che sembrava saturare il mondo intero.

«Quando fummo di nuovo nella nostra cella, non riuscimmo a pensare cosa potevamo fare o come potevamo usare il vantaggio che avevamo ricavato dall’intervento di Amel.

«In quanto ad Amel, non voleva lasciarci. Infuriava nella cella, faceva frusciare le stuoie e i nostri indumenti e agitava i nostri capelli. Era fastidioso; ma ciò che mi spaventava era udire ciò di cui si vantava. Gli piaceva bere il sangue, che lo rendeva più lento ma che aveva un ottimo sapore; e quando i popoli del mondo facevano sacrifìci cruenti sui loro altari, si divertiva a discendere per bere il sangue che, dopotutto, era a sua disposizione, no? E continuava a ridere.

«Gli altri spiriti erano inorriditi; io e Mekare lo sentivamo… a parte coloro che erano un po’ invidiosi e volevano sapere che sapore aveva il sangue e perché mai Amel lo gradisse tanto.

«E allora vennero allo scoperto… l’odio e l’invidia della carne presenti in tanti spiriti maligni, la sensazione che noi umani siamo un abominio perché abbiamo corpo e anima, e che non dovremmo esistere su questa terra. Amel delirava dei tempi in cui non vi erano altro che monti e oceani e foreste, senza esseri viventi come noi. Ci disse che possedere uno spirito racchiuso in un corpo umano era una maledizione.

«Ora, già altre volte avevo sentito queste proteste degli spiriti malefici, ma non vi avevo mai attribuito molta importanza. Per la prima volta incominciai a credervi mentre con gli occhi della mente rivedevo la mia gente massacrata. Pensai, come molti umani avevano fatto prima di me e avrebbero fatto in seguito, che era una maledizione avere un concetto d’immortalità senza che questa fosse accompagnata dal corpo.

«Oppure, come hai detto tu questa notte, Marius, la vita sembrava non valere la pena di essere vissuta; sembrava uno scherzo. In quel momento il mio mondo era tenebra, tenebra e sofferenza. Non aveva più importanza tutto ciò che ero; nulla di ciò che vedevo poteva spingermi a desiderare d’essere viva.

«Mekare, invece, riprese a parlare con Amel; gli disse che preferiva essere ciò che era, anziché come lui, eternamente alla deriva senza nulla d’importante da fare. Questo provocò di nuovo la rabbia di Ameclass="underline" le avrebbe mostrato cosa poteva fare!

«‘Quando io ti comando, Amel!’ disse mia sorella. ‘Conta su di me per scegliere il momento. Allora tutti gli uomini sapranno cosa sei in grado di fare’. E lo spirito vanitoso e puerile fu contento, e si protese di nuovo verso il cielo buio.