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— Mai. Che cosa c’è realmente d’altro? Inoltre posso rammentarti, Cassandra cara, che anche tu stai per recati a un ess-or-ciss-mo, eh?

— No — ribatté secca Cazie. — Non ci vengo. Fuori di qui!

— Un improvviso scoppio di rabbia! Che cosa eccitante!

Jackson si alzò in piedi. Landau si toccò un punto sul petto: le api ronzarono ancora più forte. Per la prima volta Jackson si chiese se fossero davvero tutte ologrammi o se qualche ape non fosse un’arma. Sicuramente Landau indossava uno scudo-Y personale.

— Fuori! — gridò Cazie. — Mi hai sentito, disgraziato? Fuori! — I suoi occhi scuri sfolgorarono: sembrava una caricatura proprio come Landau. Anche lei forse stava solo recitando, divertendosi per la messinscena? Jackson si rese conto di non essere in grado di stabilirlo.

Landau si stiracchiò pigramente, sbadigliò con ostentazione e si alzò. Si avvicinò alla porta, strascicando i piedi. Irv lo seguì, inspirando dall’inalatore. Non aveva detto una sola parola.

Quando Cazie tornò, dopo avere sbattuto la porta dell’appartamento, Jackson commentò serenamente: — Begli amici che hai.

— Non sono miei amici. — La donna stava ansimando.

— Li hai presentati come amici.

— Be’, già. Sai come succede. Mi dispiace per Tessie, Jack. Non sapevo davvero che Landau fosse così stupido.

Se quella umiltà era un atteggiamento, era di tipo nuovo. Jackson non se ne fidava e non si fidava nemmeno di lei. Non le rispose.

Cazie riprese: — Pensi che debba andare da Tess?

— No. Dalle un po’ di tempo. — Alle loro spalle, tuttavia, arrivò la voce debole di Theresa: aveva sentito sbattere la porta ed era sgusciata fuori.

— Se ne sono andati?

— Sì, piccola — confermò Cazie. — Mi dispiace di averli portati qui. Non ci avevo pensato. Sono delle vere facce di culo. No, nemmeno quello: soltanto buchi di culo. Frammenti. Persone parziali.

Theresa disse con eccitazione: — Ma è proprio quello che stavo dicendo prima a Jackson! C’è qualcosa di non completo nelle persone di oggi. Caspita, questo pomeriggio Jackson ha visto…

— Non posso parlare di un caso medico riservato — la interruppe bruscamente Jackson, anche se era ovvio che lo aveva già fatto. Theresa si morse un labbro. Cazie sorrise, l’umiltà già sostituita dallo scherno.

— Un omicidio, Jack? Non riesco a pensare ad altro per cui avrebbero avuto bisogno di te e di cui tu non possa parlare. Un po’ fuori dal seminato rispetto al tuo solito intervento mensile per incidente o al Cambiamento bimestrale per qualche neonato, eh?

Lui rispose pacatamente: — Non mi stuzzicare, Cazie.

— Oh, Jackson, tesoro, perché non ti sei imposto così quando eravamo sposati? Anche se penso davvero che siamo assortiti molto meglio come amici. — Si rivolse nuovamente alla sorella di Jackson, improvvisamente gentile ancora una volta, mentre lui restava lì con la voglia di darle una sberla, di convincerla o di stuprarla: — Tess, cara, hai proprio ragione. Noi Muli stiamo cadendo a pezzi dopo il Cambiamento. Ci uniamo a culti dei Vivi, assumiamo neurofarmaci che uccidono il cervello oppure sposiamo un programma di computer. Ne avevi sentito parlare? Per dipendenza. "La tua Intelligenza Artificiale non ti abbandonerà mai". — Scoppiò a ridere, tirando indietro la testa. I riccioli scuri danzarono, e gli occhi allungati si socchiusero in due fessure.

Theresa disse: — Sì, ma… non dobbiamo essere necessariamente così!

— Sì, invece — ribatté Cazie. — Siamo nati per continuare a essere auto-serventi, perfino i migliori di noi. Jackson, hai votato oggi?

Non lo aveva fatto. Cercò di assumere un atteggiamento accondiscendente.

— E tu, Tess? Non importa, lo sapevo. L’intero sistema politico è morto perché tutti sanno che il potere non è più lì. Se ne è occupato il Cambiamento. I Vivi non hanno più bisogno di noi, se la cavano abbastanza bene nelle loro piccole pseudo enclavi senza legge, nutrendosi del terreno. Quanto meno ritengono che sia così. Il che, accidentalmente, è il motivo per cui mi trovo qui. C’è una crisi.

Gli occhi scuri di Cazie scintillarono: amava le crisi. Theresa si allarmò. Jackson le interruppe: — Theresa, hai già mostrato a Cazie il tuo nuovo uccellino?

— Vado a prenderlo — disse Theresa e scappò via.

— Chi è in crisi? — chiese Jackson.

— Noi. La TenTech. Ci sono state incursioni in una fabbrica.

— È impossibile — commentò Jackson. Poi, visto che Cazie di solito sapeva quello che diceva, domandò: — In quale fabbrica?

— Lo stabilimento di Willoughby, in Pennsylvania. Be’, ancora non si tratta di vere incursioni. Oggi pomeriggio, però, c’era qualcuno all’esterno dello scudo a energia-Y con strumentazioni bioelettroniche e di cristallo. I sensori li hanno captati. Se controllassi la tua rete commerciale, Jack, lo sapresti anche tu. Ma, oh, dimenticavo… eri fuori a investigare su un omicidio.

Jackson cercò di mantenersi calmo. Cazie aveva ricevuto un terzo della TenTech per gli accordi del divorzio, visto che i soldi di lei erano serviti a tenere a galla la compagnia durante il disastroso anno in cui un nanodisgregatore invasivo aveva attaccato l’onnipresente lega duragem e gli affari erano morti come Vivi. Le disse pacatamente: — Non è entrato nessuno, vero? Nessuno è in grado di infrangere la sicurezza di uno scudo a energia-Y. Quanto meno non…

— Non dei Vivi, intendi dire, e chi altri potrebbe trovarsi nei deserti della Pennsylvania centrale? Penso che tu abbia ragione, probabilmente. Ma è proprio questo il motivo per cui dovremmo andare a dare un’occhiata. Se non si tratta di Vivi, chi è? Ragazzi della Carnegie-Mellon che affilano le loro abilità di intrusione informatica? Spionaggio industriale da parte della CanCo? Super-Insonni come… caspita!… Miranda Sharifi, che nutrono oscuri interessi nella nostra piccola ditta a conduzione familiare? Che ne pensi, Jack? Chi sta mettendo il naso nella nostra azienda?

— Forse i biosensori funzionano male. Un altro problema come quello del duragem.

— Forse — convenne Cazie. — Ma ho controllato in giro. Nessun altro ha problemi con i sensori. Soltanto noi. Penso che faremmo meglio a dare un’occhiata. D’accordo, Jackson? Domani mattina?

— Ho da fare.

— Fare che cosa? Non hai da fare: è quello il guaio, nessuno di noi ha abbastanza da fare. Adesso è arrivato qualcosa, qualcosa che ha un impatto sulle nostre finanze, qualcosa che ha una effettiva sostanza. Vieni con me.

Gli sorrise, a pieno voltaggio, coi lunghi occhi dorati carichi dell’astuta preghiera che mancava alle sue parole sfacciate. Jackson sapeva che più tardi, quando si fosse trovato a letto, continuando a ripassare quella conversazione, non sarebbe riuscito a ricreare gli atteggiamenti incalzanti di lei. Dei suoi occhi, del suo linguaggio corporeo, del suo tono di voce. Avrebbe ricordato solamente le parole, prive della grazia o della sottigliezza, e si sarebbe maledetto per il suo sì.

Cazie scoppiò a ridere. — Alle nove, allora. Guido io. Nel frattempo… sto morendo di fame. Oh, Tessie, eccoti qui. Che magnifico uccellino modificato geneticamente. Sai parlare uccellino da gabbia? Sai dire "dissoluzione sociale"?

Theresa sollevò la gabbia a energia-Y e disse: — Sa soltanto cantare.

— Come la maggior parte di noi — commentò Cazie. — Motivi disperatamente discordanti. Jackson, io "ho" fame. E non voglio cibo per bocca, questa sera. Penso che dovremmo tenere compagnia a Tessie finché mangia e che poi mi dovresti invitare a cena nella tua area di alimentazione così gustosa.

— Io devo uscire — ribatté in fretta Jackson. Theresa lo fissò sorpresa, improvvisamente rabbuiata. Jackson non intuiva quanto lei sapesse o immaginasse dei sentimenti che lui provava per Cazie. Theresa era molto sensibile al disagio: intuiva che sarebbe stato impossibile per Jackson andare tranquillamente con Cazie in sala da pranzo, togliersi gran parte dei vestiti e giacere sul terreno ricco di sostanze nutrienti mentre il suo corpo cambiato assorbiva tutto ciò di cui aveva bisogno, in proporzioni perfette, attraverso i tubuli del nutrimento. Jackson non poteva farlo anche se lo stimolo era fortissimo. Giacere lì, sotto le luci calde, le mutanti lunghezze d’onda selezionate attentamente per ottenere un effetto rilassante per la mente, respirare l’aria profumata, voltarsi su un gomito per chiacchierare distrattamente con Cazie, guardare Cazie che si nutriva, stesa sullo stomaco, i piccoli seni sodi sprofondati nella terra…