Выбрать главу

Nell’esaminare quei vicoli, il mio sguardo tornò infine a posarsi nuovamente sulle rive del fiume, e presi quindi ad osservare i moli ed i magazzini, e perfino le piramidi di botti, casse e balle che attendevano di essere caricate su qualche vascello. Ora l’acqua non era più schiumosa, salvo che nei tratti in cui il suo corso era ostruito dai moli. Il suo colore era quasi indaco, e, come l’indaco visto la sera di un giorno nevoso, sembrava scivolare silenziosa, sinuosa e fresca; ma la velocità dei caicchi e delle scialuppe cariche denotava l’effettiva turbolenza che si celava sotto quella superficie, poiché le imbarcazioni più grandi facevano dondolare come spadaccini i lunghi bompressi e straorzavano come granchi, in diagonale, quando i remi lottavano contro la vorticosa corrente.

Quando ebbi esaurito tutto ciò che si trovava più lontano, a valle, mi sporsi dal parapetto per osservare la parte di riva più vicina, ed una banchina che si trovava a meno di cento passi dal cancello posteriore; abbassando lo sguardo sui facchini che si affaticavano a liberare del suo carico un piccolo battello fluviale, distinsi, immota vicino ad essi, una minuscola figura dai capelli lucenti. Inizialmente, pensai che fosse una bambina, perché sembrava tanto piccola in confronto ai massicci lavoratori nudi fino alla cintola, ma poi compresi che si trattava di Dorcas, seduta sul limitare dell’acqua, con il volto fra le mani.

III

FUORI DALLO JACAL

Quando raggiunsi Dorcas, non mi riuscì di farla parlare. Non era semplicemente irritata nei miei confronti, come pensai all’inizio: il silenzio era sceso su di lei come una malattia, senza danneggiare le labbra o la lingua, ma togliendole la capacità e forse anche il desiderio di usarle, così come certe infezioni distruggono il nostro desiderio di godere e perfino la capacità di comprendere la gioia altrui. Se non la obbligavo a guardarmi, sollevandole il volto verso il mio, Dorcas non guardava nulla, e fissava il terreno fra i suoi piedi, credo senza neppure vederlo, oppure si copriva il volto con entrambe le mani come stava facendo quando l’avevo trovata.

Volevo parlarle, convinto com’ero, allora, che avrei potuto dirle qualcosa, anche se non sapevo esattamente cosa, che l’avrebbe fatta tornare normale, ma non potevo farlo là sul molo, con i facchini che ci fissavano, e per qualche tempo non riuscii a trovare un luogo adatto dove condurla. In una piccola strada vicina, che risaliva il pendio ad est del fiume, vidi l’insegna di una locanda. C’erano alcuni clienti che mangiavano nella piccola stanza comune, ma, pagando con qualche aes riuscii ad affittare una camera al piano di sopra, un ambiente arredato con un letto che occupava quasi tutto lo spazio e con il soffitto talmente basso ad un’estremità da impedirmi di stare diritto. Naturalmente, la padrona pensò che stessimo prendendo in affitto la camera per un convegno amoroso, cosa abbastanza normale, viste le circostanze, ma, a causa dell’espressione disperata di Dorcas, dedusse che io dovevo avere qualche potere su di lei o che dovevo averla comprata da un lenone, per cui, nell’andarsene, rivolse alla ragazza uno sguardo ed un sorriso colmi di simpatia (che credo lei non notò affatto) ed a me un’occhiata carica di rimprovero.

Chiusi e sprangai la porta e feci distendere Dorcas sul letto, quindi sedetti accanto a lei e cercai di coinvolgerla in una conversazione, chiedendole cosa ci fosse che non andava e che cosa potevo fare per porre rimedio a ciò che la turbava, qualsiasi cosa fosse, e così via. Quando mi accorsi che quella tattica era inefficace, presi a parlare di me stesso, supponendo che fosse solo l’orrore da lei provato nel vedere le condizioni di vita nel Vincula ad indurla a troncare ogni comunicazione verbale con me.

— Noi siamo disprezzati da tutti — dissi, — e non c’è motivo per cui tu non debba a tua volta disprezzarmi. La cosa sorprendente non è che tu sia giunta adesso ad odiarmi, ma che tu abbia potuto lasciar passare tutto questo tempo prima di cominciare a pensarla come gli altri. Ma, poiché ti amo, intendo cercare di difendere la posizione della nostra corporazione, e quindi anche la mia, nella speranza che dopo tu non te la prenda più così tanto per aver amato un torturatore, anche se non mi ami più.

«Noi non siamo crudeli, non proviamo gioia in quello che facciamo, salvo che nel farlo bene, il che significa farlo rapidamente e senza nulla di più o di meno di quanto richieda la legge. Obbediamo ai giudici, i quali occupano la loro carica perché il popolo glielo consente. Ci sono persone che dicono che non dovremmo fare nulla di ciò che facciamo e che nessuno dovrebbe fare queste cose. Dicono che una punizione inflitta a sangue freddo è un crimine più grande di quelli commessi dai nostri clienti, quali essi siano.

«Può darsi che in questo ci sia giustizia, ma è una giustizia che distruggerebbe l’intera Repubblica. Nessuno potrebbe sentirsi al sicuro, e nessuno potrebbe effettivamente essere al sicuro, ed alla fine la gente insorgerebbe… dapprima contro i ladri e gli assassini, ma poi contro chiunque offendesse l’idea popolare di proprietà, ed infine semplicemente contro chi fosse ritenuto uno straniero o un fuoricasta. Allora si tornerebbe agli antichi orrori delle lapidazioni e dei roghi, in cui ciascun uomo cercherebbe di mostrarsi ancor più feroce e fanatico dei suoi vicini, per timore di poter un domani essere accusato di aver nutrito un po’ di pietà per il poveretto ucciso in quel giorno.

«Ci sono poi persone che dicono che certi clienti meritano le punizioni più severe, mentre altri non meritano di essere puniti, e che quindi noi ci dovremmo rifiutare di operare le nostre arti su questi ultimi. È senz’altro vero che ci sono alcuni che sono più colpevoli di altri, e può perfino essere vero che alcuni di quelli che ci vengono consegnati non abbiano commesso alcuna colpa, neppure quella di cui sono accusati.

«Ma coloro che sostengono queste tesi non fanno altro che ergere se stessi a giudici, al di sopra dei giudici nominati dall’Autarca, sebbene dotati di una minore esperienza in campo legislativo e privi dell’autorità necessaria per convocare testimoni. Essi ci chiedono di disobbedire ai veri giudici e di prestare loro ascolto, ma non possono dimostrare di essere più meritevoli della nostra obbedienza.

«Ci sono altri che sostengono che i nostri clienti non dovrebbero essere torturati o giustiziati, ma essere invece costretti a lavorare per la Repubblica, scavando canali, costruendo torri di guardia e così via. Ma, se si considera il costo delle guardie e delle catene, è meglio allora assumere onesti lavoratori, che altrimenti non troverebbero di che sfamarsi. Perché dovrebbero questi leali operai morire di fame affinché gli assassini non muoiano ed i ladri non debbano soffrire? Per di più, dato che quei ladri ed assassini non avrebbero alcun sentimento di lealtà verso la legge né alcuna speranza di essere ricompensati, non lavorerebbero che sotto la minaccia della frusta, e che altro è la frusta, se non una forma di tortura cui si dà un nuovo nome?

«Ci sono altri ancora per i quali tutti coloro che sono stati giudicati colpevoli, dovrebbero essere segregati per parecchi anni, in modo comodo e privo di sofferenza… spesso per tutta la durata della loro vita. Ma la comodità e la mancanza di sofferenza fanno vivere a lungo, ed ogni oricalco utilizzato per il loro mantenimento sarebbe così sottratto ad un migliore utilizzo. So poco della guerra, ma ne so abbastanza per comprendere quanto denaro sia necessario per le armi ed i soldati. Adesso i combattimenti si svolgono al nord, fra le montagne, cosicché noi combattiamo come se fossimo al riparo di cento muri. Ma che accadrebbe se gli scontri dovessero estendersi alle pianure? Sarebbe possibile bloccare gli Asciani là dove c’è tanto spazio di manovra? E come si farebbe a nutrire la gente di Nessus, se le mandrie dovessero cadere in mano al nemico?