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«Non sei disposto a darci una mano, Lew?» mi chiese. «Potremmo fare molto, insieme!»

Aveva ragione. Ma per tutta la mia vita mi ero sempre mosso sulla linea divisoria tra due mondi, e ciascuno, costantemente, mi aveva accusato di appartenere all'altro. Nessuno si sarebbe mai fidato di me.

«Se te ne andrai», mi avvertì Lawton, «sarà in maniera definitiva. Le tue proprietà saranno confiscate, e non potrai rimettere piede sul pianeta. Non vogliamo altri Kadarin!»

Le parole mi ferirono, ma erano vere. Quello era il difetto dei Comyn. Il patriottismo malinteso, il desiderio di autonomia, la mancanza di equilibrio. Forse la semplice incapacità di immedesimarsi nel punto di vista del nemico.

Ma io ero un Comyn. Non avevo chiesto di nascere così, ma non potevo cambiare la mia natura. Distolsi lo sguardo dafla supplica che leggevo negli occhi di Regis.

«No», risposi. «Ce ne andremo. Chiedo solo tre cose. Posso averle?»

«Dipende», disse Lawton. «Spero di sì.»

Presi Diana per mano.

«Vogliamo sposarci davanti alla nostra gente, prima di partire», dissi tranquillamente, «e voglio che siano messi a posto tutti i documenti di Marja per l'adozione. È mia figlia, ma ci sono alcune complicazioni…»

Lawton alzò la mano per fermarmi.

«Buon Dio», disse, «non andiamo a perderci in quelle assurde parentele darkovane! Sì, posso occuparmene io, a meno che…»

Lanciò un'occhiata a Rafe, che si limitò a scuotere la testa, con rimpianto.

«Come potrei occuparmi della bambina?» disse il giovane. «Dovrei metterla di nuovo nell'orfanotrofio.»

Lawton annuì. «Che altro?»

«Passaporto e trasporto per quattro persone», continuai.

Quattro, perché ad Andrés sarebbe dispiaciuto vedere Darkover sotto il protettorato dei terrestri, anche se era l'unico modo giusto e logico di mettere fine al dominio dei Comyn.

Regis chiese: «Dove andrete?»

Guardai Diana e le lessi negli occhi un grande coraggio. Io sapevo dove andare, ma potevo chiederlo a lei? Dopotutto, avevo delle proprietà sulla Terra, e avremmo potuto stabilirci laggiù.

Marja scese dalle mie ginocchia e si fece prendere in braccio da Diana. Le appoggiò la testa sulla spalla, e Diana la baciò. In quel momento presi la mia decisione.

Dall'altra parte della Galassia c'erano i mondi dei pionieri, dove la Terra era una vaga eco e nessuno conosceva Darkover. Laggiù andavano coloro che non riuscivano a resistere nell'immobile Impero Terrestre, e che desideravano un luogo diverso da quello della cosiddetta “civiltà”.

Forse l'Impero li avrebbe raggiunti, ma noi non avremmo mai visto quel giorno.

Mi avvicinai a Diana e Marja e le abbracciai.

«Più lontano è, meglio è», dissi.

Lawton mi guardò: per un momento, pensai che volesse protestare. Poi cambiò idea, mi sorrise amichevolmente e si alzò. Mi salutò con affetto e con rimpianto.

«Mi occuperò anche di quello», disse.

Tre giorni più tardi, eravamo nello spazio.

Darkover! Sole di sangue! Che ne è di voi? Il mio mondo è bello, ma al tramonto mi tornano in mente le Torri di Thendara e le montagne che ho conosciuto. Un esule può essere contento, ma è pur sempre un esule. Darkover, addio! Non sei più il Darkover che conoscevo!

FINE