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Infine si trovò davanti alla porta del secondo piano e non pensò più alla portinaia che gliela aveva indicata.

Bussò delicatamente. Vi fu all’interno un movimento e l’uscio si aprì di pochi centimetri. Due grandi occhi lo fissavano dietro le lenti cerchiate di tartaruga. Ma quegli occhi lui li aveva già visti più di una volta. Lo avevano fissato senza sguardo attraverso una vetrata nella State Street, in una notte che sembrava appartenere ad anni e anni prima. Lo avevano guardato al di là di un tavolo all’“El Madhouse” e lo avevano sfiorato dal palcoscenico.

E lo avevano fissato dal viso di una statuetta nera che urlava in silenzio come la sua modella aveva urlato nella realtà.

Sweeney la salutò. — Salve, Bessie Wilson.

Gli occhi si spalancarono e la donna sussultò. Ma fece un passo indietro e Sweeney entrò.

Era una stanza piccola e misera con un letto, un armadio e una sedia, ma Sweeney non poté farci attenzione. A lui sembrò completamente riempita dal cane. Per quanto la portinaia avesse parlato dell’animale, per quanto lui stesso ci avesse pensato e avesse rintracciato Iolanda per mezzo suo, pure non aveva calcolato che Demonio sarebbe stato lì. Ma Demonio c’era. Si accucciò pronto a saltare alla gola di Sweeney e il suono che usciva dalla gola del cane era quello stesso brontolio minaccioso che Sweeney aveva già udito una volta.

— Fermo, Demonio. Tienilo d’occhio — ordinò Iolanda. Aveva chiuso la porta e Sweeney sentì la sua fronte inumidirsi e una sensazione di freddo percorrergli la schiena. Improvvisamente si rendeva conto di essersi tanto impegnato a risolvere il problema da dimenticare il pericolo in cui la soluzione di esso lo avrebbe posto.

Guardò Iolanda Lang… Bessie Wilson.

Anche con la parrucca e gli occhiali era incredibilmente bella. A quanto pareva, l’unico indumento che la copriva era una vestaglia, da cui spuntavano i piedi nudi. La vestaglia era chiusa davanti da una lunga chiusura lampo.

Sweeney si domandò… poi si rese conto di non aver tempo di domandarsi nulla. Avrebbe fatto meglio a dire qualcosa, qualunque cosa.

— Alla fine l’ho capito, Bessie, tranne che in qualche particolare. Il medico della clinica a Beloit, quello che si è interessato del vostro caso dopo… l’affare di Brampton, dev’essere stato Doc Greene. Non è vero?

Se lei avesse risposto, anche per dichiarare inutilmente di non capire il suo discorso, Sweeney si sarebbe sentito meglio, ma la donna non parlò. Si tolse gli occhiali e la parrucca e li posò sul tavolino accanto alla porta. Scosse la testa, e i capelli biondi ripresero le loro morbide pieghe. Lo fissava gravemente, ma in silenzio.

Sweeney aveva la gola secca e dovette schiarirsi la voce prima di riuscire a parlare. — Deve essere stato Greene, sia pure con un altro nome. E si è innamorato di voi pazzamente. Un amore davvero folle, tanto da distruggere la propria carriera per restare con voi. O forse aveva combinato qualche guaio che lo costrinse per forza a lasciare la professione. Siete al corrente che Doc scrisse a vostro fratello che eravate morta? E anche oggi Charlie crede alla vostra morte. Ma Greene deve avere firmato dei documenti per portarvi fuori della clinica e ha lasciato il suo posto per accompagnarvi a Chicago. Deve aver creduto di avervi guarita fin dove era possibile guarirvi, ma presumeva di riuscire a dominarvi e a controllarvi come psichiatra. Infatti lo poteva e lo ha fatto, immagino, finché è accaduto un fatto nuovo a sua insaputa che vi ha sconvolto la mente. Era un tipo molto intelligente, Iolanda. Scommetterei che la coreografia del vostro ballo col cane l’ha creata lui. Ed è buona, maledettamente buona. Mi sono domandato per qualche tempo perché non vi procurasse scritture migliori… ma deve essere stato per non correre rischi facendovi diventare famosa, in una simile situazione. A ragion veduta vi tratteneva in un ambiente di second’ordine, come a ragion veduta aveva nascosto i vostri veri rapporti di medico e di ammalata, col diventare agente teatrale e trovarsi altri clienti.

Sweeney si schiarì la gola di nuovo, sempre sperando che lei parlasse. Non parlò: lo guardava soltanto. Ed il cane lo fissava con un bagliore giallo, pronto a scattare alla minima parola o gesto della sua padrona, o al minimo movimento di Sweeney.

Egli riprese: — E voi siete stata bene fino a quel giorno, due mesi fa, quando siete entrata per caso nel negozio di Raoul e avete comperato da Lola Brent la statuetta. L’avete riconosciuta, Iolanda, quella figura?

Pensava che a questo avrebbe potuto rispondere. Non lo fece.

Sweeney trasse un profondo respiro e al lieve movimento delle sue spalle il cane cominciò a ringhiare. Sweeney si immobilizzò e la bestia tacque.

Riprese di nuovo a parlare. — Bessie, quella statuetta l’ha creata vostro fratello Charlie e voi ne siete stata il modello. Rappresentava quasi alla perfezione i vostri sentimenti quando… quando accadde il fatto che vi fece impazzire. Non so se vi siate riconosciuta in quella figura e abbiate compreso che era opera di Charlie. Ma il vedere quella statua distrusse tutto ciò che Doc Greene aveva fatto per voi. Solo che nella vostra mente si è operata una trasposizione. Nel vedere voi stessa, nella statuetta, come una vittima, nel vedervi dall’esterno in quella condizione, vi siete trasformata dentro di voi nell’aggressore, l’essere armato del coltello. La donna che vi ha venduto la statuetta era una bella creatura bionda e la vostra mente si è fissata su di lei. Siete uscita, avete comperato un coltello e avete aspettato, con l’arma nella borsetta, finché l’altra non è comparsa. Era stata licenziata e non c’è voluto molto perché giungesse. L’avete seguita fino a casa e l’avete uccisa, così come lo Squartatore di Brampton avrebbe ucciso voi, se Charlie non avesse sparato. Così…

Dal «così» non c’era più dove dirigersi e la parola rimase sospesa nel silenzio. Quando fu stanco di restare attaccato a quel «così», Sweeney ricominciò a parlare. — Portaste la statuetta a casa e… ne avete fatto un idolo, vero, Iolanda, o qualcosa di simile? Forse lo adoravate con dei riti basati sul coltello? O no?

Ancora nessuna risposta ed egli ebbe l’impressione che quegli occhi, fissi su di lui, luccicassero nell’ombra. Continuò a parlare, perché aveva paura di quel che sarebbe accaduto quando avesse smesso.

— E avete ucciso altre due volte. Ogni volta una bella donna bionda. Ognuna di loro era passata davanti a voi in State Street poco prima di venir uccisa. E sono certo che ogni volta voi uscivate da un rito con l’idoletto, dopo il quale scendevate nella strada, seguivate e uccidevate la prima donna che passava, che fosse bionda e bella e rispondesse alle esigenze della vostra follia. Ed è stato solo dopo il terzo assassinio che Doc Greene ha scoperto o ha compreso improvvisamente che voi eravate colpevole. Ancora non sapeva della statuetta, ma in un modo o nell’altro riuscì a ricostruire la vera personalità dello Squartatore e ne fu allarmato: se la verità fosse stata risaputa, si sarebbe trovato in un mare di guai. Quanto a voi, vi avrebbero semplicemente rinchiusa in manicomio, ma Doc… non so quali accuse gli avrebbero mosso, ma ce n’erano a dozzine. Lo avrebbero schiacciato. Perciò fece un tentativo disperato. Sapevate, Iolanda, che era stato lui ad aggredirvi quella notte?

Se soltanto avesse risposto…

Continuò lui: — Doc ha tentato una cura estrema: lo choc. Ha pensato che il venir di nuovo aggredita potesse capovolgere la vostra fissazione, o per lo meno farvi rientrare nel tipo di pazzia precedente. E tutto sarebbe stato meglio che vedervi omicida. Forse aveva immaginato di riuscire a vincere e stroncare qualunque istinto criminale in voi. Perciò quella notte vi aggredì nell’atrio. Non fece uso naturalmente di un normale rasoio o coltello, perché non intendeva farvi del male. Deve aver adoperato un pezzo di legno, direi, con una lama di rasoio, sporgente non più di un paio di centimetri, così da produrre una ferita superficiale. E, per quanto eterodossa, la sua cura aveva ottenuto un risultato fino a un certo punto. Se avesse saputo allora quello che significava veramente la statuetta per voi e l’avesse portata via mentre voi eravate all’ospedale, forse voi non avreste di nuovo perduto la ragione. Ma non lo sospettava finché io non ho pubblicato il pezzo stamattina sul giornale. E deve aver tremato per tutto il tempo che io riuscissi a scoprire la verità, per quanto fingesse, tenendosi in contatto con me, di prodigarsi per la cattura dello Squartatore per sapere voi al sicuro da ogni pericolo. Ci siamo molto divertiti Doc e io. Sono veramente addolorato che…