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Trasse un lungo sospiro e riprese: — Ma quando ha letto il giornale di oggi, Doc ha capito l’importanza della statuetta e ha capito che era stata il motivo della vostra pazzia omicida, perciò ha deciso di portarvela via subito. Nel pomeriggio è venuto a casa vostra, con una scatola vuota, per mettervela dentro. Non voleva che lo vedessero uscire con un pacco, non introdotto già da lui, non voleva che chiunque vi fosse di guardia potesse domandare che cosa conteneva il pacco. Ha giocato ancora la sua vita per voi e questa volta ha perduto. Ha trovato la statuetta, sul cassettone o sulla scrivania o dovunque voi la tenevate, assieme al coltello. Li stringeva in mano tutti e due e quella vista di lui che toccava il vostro feticcio, vi ha fatto… sì, vi ha fatto scatenare Demonio, che lo ha ucciso.

Sweeney gettò un’occhiata a Demonio e dopo avrebbe preferito non averlo fatto. Tornò a guardare Bessie Wilson. — Voi non sapevate con certezza se fosse morto o vivo, laggiù nel cortile, e non sapevate che cosa avrebbe svelato alla polizia, perciò siete scappata. Ma Doc non vi ha dato la colpa. Invece, sapendo che stava per morire, ha preso la colpa su di sé al vostro posto e ha detto di essere lui lo Squartatore. Deve aver pensato o sperato che, una volta spezzata la statuetta, voi sareste stata a posto anche senza di lui.

La fissò e aprì la bocca per rivolgerle la domanda vera. — Sei tu? E ora stai bene?

Ma non ebbe bisogno di formularla. La risposta era là, negli occhi di lei.

Pazzia.

La mano destra della donna salì al fermaglio della lampo, lo trovò, diede uno strappo e la vestaglia le cadde a terra, in un cerchio intorno ai piedi nudi. Sweeney trattenne il respiro per un attimo, come aveva fatto nella notte in cui l’aveva scorta dai vetri.

Allungando la mano dietro di sé, la donna aprì un cassetto del mobile e vi frugò dentro. Quando trasse la mano, brandiva un coltello, un coltello nuovo, affilato, lungo una ventina di centimetri.

Era una sacerdotessa officiante nuda con il coltello sacrificale.

Sweeney sudava. Cominciò ad alzare le mani, e il cane ringhiò e si rattrappì per lo slancio prima ancora che si fosse mosso. Rinunciò a muovere anche un dito.

Parlò di nuovo con voce calma e piana, e sicura. — Non farlo, Iolanda. Non sono io quello che tu vuoi uccidere. Non sono né biondo né bello. Non sono un’immagine di Bessie Wilson aggredita da un pazzo… — Sorvegliava gli occhi di lei e comprese che lei non ascoltava e non afferrava una sola parola del suo discorso, che le facoltà normali della sua mente si erano spezzate, chissà quando. Al momento in cui egli aveva taciuto, la donna aveva fatto un passo avanti e si era fermata pronta, con il coltello alzato, ma le parole, il suono della voce l’avevano fermata. Il fluire delle parole l’aveva incantata, non il loro significato. Forse, se continuava a parlare… Lei avanzava di nuovo, il coltello brandito. Di nuovo Sweeney accennò appena un passo indietro e di nuovo il cane ringhiò e si preparò a saltare.

— Ottantasette anni fa — disse Sweeney — i nostri padri crearono su questo continente una nuova nazione, concepita nella libertà e basata sul principio dell’uguaglianza umana…

Iolanda si era fermata di nuovo, in una immobilità quasi catalettica. Il sudore scorreva sui fianchi di Sweeney, da sotto le ascelle. — E ora — continuò — siamo impegnati in una grande guerra civile, che testimonia come… la nazione… È tutto quel che ricordo. Mary aveva un agnellino; il vello era bianco come la neve…

Finita la cantilena di Mary e l’agnellino, passò a brani del Rubaiyat, poi al monologo dell’Amleto. A un certo punto si rese conto di potersi anche ripetere e dopo un certo tempo si avvide del fatto che, spostandosi di un millimetro per volta, poteva lentamente arrivare al muro, contro il quale gli sarebbe stato almeno possibile appoggiarsi.

Ma gli era impossibile spostarsi anche di un millimetro solo verso Iolanda o verso la porta. Né poteva alzare le mani.

Dopo qualche tempo, un lungo tempo, la sua gola era così stanca che non poteva più parlare. Ma continuò come poteva, a ogni costo. Se avesse taciuto anche per dieci secondi, sarebbe stata la morte.

Dalla piccola finestra della stanza, di fronte a lui, Sweeney vedeva l’oscurità esterna. Dopo alcuni anni, un orologio in qualche posto batté la mezzanotte. Secoli e secoli dopo, alla finestra apparve il primo bagliore di luce.

— Sotto un fronzuto albero di noce — continuava rauca la voce di Sweeney — stava il fabbro del villaggio. E il fabbro era un grand’uomo, sotto l’albero di noce. Una rosa di qualunque tipo disperderebbe inutilmente il suo profumo in un deserto. E tutto il nostro passato è disseminato di errori lungo la via che conduce alla morte. Quando il pasticcio fu tagliato, tutti quanti si misero a cantare…

Tutti i muscoli del suo corpo doloravano. In quella poca luce di ragione che gli era rimasta, si meravigliava che Iolanda potesse restare così immobile, in piedi, incredibilmente bella, incredibilmente nuda: catalessi, certo, ipnosi, tutto quel che volete, pure era difficile crederlo…

— … Ahimè, povero Yorick! — declamava Sweeney. — Io lo conoscevo, Orazio: un uomo di grandissimo spirito, di meraviglioso… la civetta e il gattino entrarono in mare, in una bella barchetta verde…

Lentamente si faceva giorno, sempre più chiaro. Erano le nove del mattino, quando risuonò un colpo alla porta. Un colpo deciso, autoritario.

Sweeney alzò la voce, con uno sforzo pari a quello necessario per trasportare un pianoforte. Fu come un rauco suono inumano. — Bline? Entrate con la rivoltella pronta. Il cane assalirà uno di noi.

La bestia ringhiando si era messa in modo da sorvegliare insieme Sweeney e la porta, che improvvisamente trasmetteva dei suoni. Ma la porta si mosse e Sweeney no e il cane balzò contro Bline, sulla soglia. Bline, avvertito, aveva raccolto la giacca intorno al braccio e mentre il cane, balzando, afferrava e stringeva fra i denti la stoffa, il calcio della pistola lo colpiva sul cranio.

— Il topo caricò la sveglia — diceva Sweeney, con una voce ridotta a un rauco bisbiglio — e la sveglia suonò un colpo… Grazie al cielo, siete arrivato, capo. Sapevo che, ripensandoci, avreste scoperto delle falle nella confessione di Doc e che avreste cercato Iolanda e l’avreste trovata come ho fatto io. Sentite, capo, io devo continuare a parlare, senza fermarmi. Iolanda non vi ha ancora guardato e non si rende conto di quanto accade, se non di un mio silenzio… avvicinatela da quella parte e toglietele il coltello…

Bline prese il coltello. Sweeney, ancora mormorando rauco, scivolò lentamente lungo la parete.

Era notte alta. Diomede era sulla sua panchina e Sweeney gli sedette accanto. — Credevo che tu fossi a lavorare — disse Dio.

— C’ero. Ma ho portato a Wally un colpo tanto grosso, che mi ha permesso di starmene un po’ in giro, senza stipendio. Una settimana o due o quanto voglio.

— Sei rauco, Sweeney. Hai passato una notte con la donna che ti piaceva tanto?

— Per questo sono rauco — rispose Sweeney. — Senti, Dio, questa volta, ho lasciato alla mia padrona di casa più di metà dei miei soldi, ma mi restano ancora trecento dollari. Credi che riusciremo a ubriacarci, con trecento dollari?