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«Parcheggio,» disse Ed. Aveva trovato un posto e stava facendo marcia indietro, guardando al di sopra della spalla.

«Senti,» disse Frink. «Posso mandare un paio di pezzi a mia moglie?»

«Non sapevo che fossi sposato.» Intento a parcheggiare, Ed gli rispose meccanicamente. «Ma certo. Purché non siano quelli d’argento.»

Ed spense il motore.

«Ci siamo,» disse. Emise uno sbuffo di fumo di marijuana, poi schiacciò la sigaretta sul cruscotto, lasciando cadere il mozzicone a terra. «Augurami buona fortuna.»

«Buona fortuna,» disse Frank Frink.

«Ehi, guarda. Sul retro del pacchetto di sigarette c’è un waka, una di quelle poesie giapponesi.» Ed la lesse a voce alta, cercando di superare il rumore del traffico.

Sentendo un cuculo cantare,

ho guardato nella direzione

da cui proveniva quel canto:

che cosa ho visto?

Solo la pallida luna nel cielo dell’alba.

Restituì a Frink il pacchetto di T’ien-lai. «Criiiisto!» esclamò, poi diede una pacca sulla spalla del suo compagno, fece un sorriso stentato, aprì lo sportello, prese il cesto di vimini e scese dal camioncino. «Pensaci tu a mettere la moneta nel parchimetro,» disse, allontanandosi lungo il marciapiede.

Dopo un attimo era scomparso in mezzo agli altri pedoni.

Juliana, pensò Frink. Ti senti sola come me?

Scese dal veicolo e infilò una moneta nel parchimetro.

Paura, pensò. Questa avventura dei gioielli… E se dovesse fallire? Se dovesse fallire? Sarebbe stato così, secondo l’oracolo. Lamenti, lacrime e dolore.

Un uomo affronta le ombre sempre più scure della sua vita. Il suo passaggio verso la tomba. Se lei fosse qui non sarebbe così tremendo. Non sarebbe affatto tremendo.

Ho paura, si rese conto. E se Ed non riuscisse a vendere niente? Se gli altri rìdessero di noi?

Che succederebbe, allora?

Juliana, sdraiata sopra un lenzuolo disteso sul pavimento della stanza, era stretta accanto a Joe Cinnadella. La stanza era calda, piena del sole di metà pomeriggio. Il suo corpo e quello dell’uomo fra le sue braccia, erano madidi di sudore. Una goccia scivolò lungo la fronte di Joe, si arrestò per un attimo sullo zigomo, poi le cadde sulla gola.

«Sei ancora gocciolante,» mormorò lei.

Joe non disse nulla. Il suo respiro, lungo, lento, regolare… come l’oceano, pensò Juliana. Dentro, non siamo altro che acqua.

«Com’è stato?» gli chiese.

Lui mormorò che gli era piaciuto.

Mi sembrava, pensò Juliana. Me ne accorgo sempre. Adesso dobbiamo alzarci, riprenderci. O qualcosa non va? È il segno di una disapprovazione inconscia?

Lui si mosse.

«Vuoi alzarti?» Si afferrò a lui con tutte e due le braccia. «Non farlo. Non ancora.»

«Non devi andare in palestra?»

Non andrò in palestra, disse Juliana fra sé. Non lo capisci? Ce ne andremo da qualche parte; non rimarremo qui ancora per molto. Ma dovrà essere un posto in cui non siamo mai stati prima d’ora. È il momento.

Lo sentì che cominciava a sollevarsi, a mettersi in ginocchio, sentì le proprie mani che scivolavano dalla sua schiena umida e scivolosa. Poi lo sentì andar via, i piedi nudi sul pavimento. In bagno, certamente. A farsi una doccia.

È finita, pensò. Oh, bene. Emise un sospiro.

«Ti sento,» disse Joe dal bagno. «Che ti lamenti. Sempre giù di corda, eh? Preoccupazione, paura e sospetto, per me e per ogni altra cosa al mondo…» Riemerse per un attimo, insaponato e gocciolante, con il volto raggiante. «Che ne diresti di partire?»

Il cuore le batté più forte. «Per dove?»

«In qualche grande città. Magari verso nord, a Denver, che te ne pare? Ti porterò fuori; comprerò i biglietti per qualche bello spettacolo, poi un buon ristorante, viaggeremo in taxi, e potrai avere un abito da sera o quello che ti serve. D’accordo?»

Lei non riusciva a credergli, ma voleva farlo; si sforzò di credergli.

«Ce la farà quella tua Stude?» le gridò Joe.

«Ma certo,» disse lei.

«Ci procureremo tutti e due un bel vestito nuovo,» le disse. «Ce la spasseremo, forse per la prima volta nella nostra vita. Servirà a non farti crollare.»

«Dove troveremo i soldi?»

«Li ho io,» disse Joe. «Guarda nella mia valigetta.» Richiuse la porta del bagno; lo scroscio dell’acqua soffocò le sue parole.

Juliana aprì il cassetto e tirò fuori la valigetta sporca e ammaccata. Era vero. In un angolo trovò una busta che conteneva banconote della Reichsbank, una valuta ottima e accettata dovunque. Allora possiamo andare, si rese conto. Forse non si sta prendendo gioco di me. Vorrei solo essere dentro di lui e vedere quello che c’è, si disse mentre contava il denaro…

Sotto la busta trovò una grossa penna stilografica di forma cilindrica, o almeno tale le sembrò; comunque aveva una clip. Ma pesava molto. Circospetta, la sollevò e ne svitò il cappuccio. Sì, aveva la punta dorata. Ma…

«Che cos’è questa?» chiese a Joe quando riapparve dopo avere finito la doccia.

Lui gliela prese, e la rimise nella valigetta. La maneggiava con molta cura… lei se ne accorse e ci pensò sopra, perplessa.

«Hai altre curiosità morbose?» le disse. Sembrava di ottimo umore, come lei non lo aveva mai visto dal momento del loro incontro; con un grido di entusiasmo la afferrò per la vita e la strinse fra le braccia, facendola dondolare avanti e indietro; la guardò in viso e la avvolse nel suo caldo respiro, aumentando la stretta fino a farla gemere.

«No,» disse lei. «Sono solo… un po’ lenta a cambiare.» E ancora un po’ spaventata da te, pensò. Così spaventata che non riesco nemmeno a confidartelo.

«Fuori dalla finestra,» gridò Joe, attraversando la stanza con lei in braccio. «Su, andiamo.»

«Ti prego,» disse lei.

«Stavo scherzando. Ascoltami… faremo una marcia, come la Marcia su Roma. Te la ricordi, no? Li ha guidati il Duce, e c’era anche mio zio Carlo. Adesso noi faremo una piccola marcia, meno importante, che non finirà sui libri di storia. D’accordo?» Piegò la testa e la baciò sulla bocca, con tanto impeto che i loro denti si urtarono. «Saremo bellissimi, nei nostri vestiti nuovi. E tu mi spiegherai esattamente come devo parlare, come devo comportarmi, va bene? Insegnami le buone maniere, d’accordo?»

«Tu parli bene,» disse Juliana. «Anche meglio di me.»

«No.» All’improvviso divenne serio. «Io parlo malissimo. Ho un orribile accento da immigrato. Non te ne sei accorta, quando mi hai conosciuto in quel locale?»

«Penso di sì,» disse lei; non le sembrava così importante.

«Solo una donna conosce le convenzioni sociali,» disse Joe, riportandola indietro e facendola rimbalzare pericolosamente sul letto. «Quando non c’è una donna, noi non facciamo che parlare di macchine da corsa e di cavalli, e raccontare barzellette sporche; veri campioni d’inciviltà.»

Hai uno strano umore, pensò Juliana. Sei agitato e chiuso in te stesso finché non decidi di metterti in movimento; allora ti scateni. Vuoi davvero me? Puoi mollarmi, lasciarmi qui; è già successo. Io ti mollerei, pensò, se dovessi andarmene via.