«È la tua paga?» gli domandò mentre si vestiva. «Hai fatto dei risparmi?» Era una grossa cifra. Naturalmente all’Est circolava molto denaro. «Tutti gli altri camionisti che ho conosciuto non sono mai riusciti a…»
«Tu dici che sono un camionista?» la interruppe Joe. «Ascolta, ero su quel camion non come autista, ma per tenere lontani i rapinatori. Mi spacciavo per un camionista che sonnecchiava a bordo.» Si lasciò cadere su una sedia in un angolo, si appoggiò allo schienale e fece finta di dormire, con la bocca aperta e il corpo inerte. «Vedi?»
All’inizio lei non vide niente. Poi si accorse che nella mano stringeva un coltello, affilato come un pelapatate da cucina. Buon Dio, pensò. Da dove è sbucato? Dalla manica, o forse dal nulla.
«Ecco perché quelli della Volkswagen mi hanno assunto. Per i miei trascorsi da militare. Ci difendevamo da Haselden e i suoi commandos; era lui che li guidava.» Gli occhi neri mandarono un luccichio; rivolse a Juliana un sorriso bieco. «Indovina chi è stato a prendere il colonnello, alla fine? Quando li catturammo sul Nilo… lui e quattro del suo Gruppo Avanzato del Deserto, qualche mese dopo la campagna del Cairo. Una notte ci hanno assalito per prenderci la benzina. Io ero di sentinella. Haselden arrivò furtivo, con la faccia e il corpo tinti di nero, e anche le mani; quella volta non avevano il fil di ferro, solo granate e fucili mitragliatori. Hanno fatto troppo rumore. Lui ha provato a spezzarmi la laringe, e io l’ho sistemato.» Dalla sedia, Joe scattò verso di lei, ridendo. «Facciamo le valige. Avvisa quelli della palestra che ti prendi qualche giorno di vacanza; telefona.»
Il suo racconto proprio non la convinceva. Forse non era mai stato in Nord Africa, non aveva mai fatto la guerra dalla parte dell’Asse, e non aveva neppure combattuto. Quali rapinatori? si domandò. Non sapeva di nessun camion che fosse venuto dalla Costa Orientale attraverso Canon City con un professionista armato, un ex militare, come scorta. Forse non viveva nemmeno negli Stati Uniti, e si era inventato tutto di sana pianta; una trovata per prenderla al laccio, per suscitare il suo interesse, per sembrare un personaggio romantico.
Forse è pazzo, pensò. Ironico… potrei fare sul serio ciò che ho finto di fare molte volte: servirmi del judo per difendermi. Per salvare la mia… verginità? La mia vita, pensò. Ma più probabilmente lui è solo un povero oriundo italiano con manie di grandezza; vuole solo fare un po’ di baldoria, spendere tutti i suoi soldi, spassarsela… e poi tornare alla sua monotona esistenza. E ha bisogno di una ragazza che lo faccia insieme a lui.
«Va bene,» disse. «Adesso avviso la palestra.» Mentre si dirigeva verso il corridoio pensò: mi comprerà degli abiti costosi e poi mi porterà in qualche albergo di lusso. Ogni uomo desidera avere accanto a sé una donna ben vestita, prima di morire, anche se quegli abiti deve pagarli lui. Quest’idea grandiosa è probabilmente il desiderio di tutta la vita di Joe Cinnadella. E lui è perspicace; scommetto che ha ragione, nell’analisi che ha fatto di me… ho una paura nevrotica del maschio. Lo sapeva anche Frank. È per questo che lui e io ci siamo lasciati; è per questo che ancora adesso provo quest’angoscia, questa scarsa fiducia in me stessa.
Quando tornò, dopo aver fatto la telefonata, trovò Joe di nuovo immerso nella lettura de La cavalletta; faceva strane smorfie, mentre leggeva, e si era completamente estraniato dal resto del mondo.
«Non avevi detto che me lo avresti fatto leggere?» gli chiese.
«Magari mentre guido,» disse Joe, senza alzare gli occhi.
«Vuoi guidare tu? Ma è la mia macchina!»
Lui non replicò; continuò a leggere come se nulla fosse.
Da dietro il registratore di cassa, Robert Childan sollevò lo sguardo e vide che un uomo magro, alto, dai capelli neri era entrato nel negozio. L’uomo indossava un abito quasi alla moda e aveva con sé un grosso cesto di vimini. Un rappresentante. Però non aveva il solito sorriso gioviale dei rappresentanti; al contrario, aveva un’espressione torva, imbronciata, sul volto coriaceo. Sembra più un idraulico o un elettricista, pensò Robert Childan.
Quando ebbe finito con il suo cliente, Childan si dedicò al nuovo arrivato. «Chi rappresenta?»
«Oreficeria Edfrank,» farfugliò in risposta l’altro. Aveva posato il cesto su uno dei banconi.
«Mai sentita nominare.» Childan si avvicinò mentre l’uomo slegava il coperchio del cesto e lo apriva, con grande spreco di movimenti.
«Lavorati a mano. Ognuno è un pezzo unico, originale. Ottone, rame, argento. Anche ferro nero forgiato a caldo.»
Childan diede un’occhiata dentro il cesto. Metallo su velluto nero. Curioso. «No, grazie. Non è il genere di merce che tratto.»
«Ma questo è artigianato americano. Contemporaneo.»
Facendo cenno di no con la testa, Childan tornò dietro il registratore di cassa.
Per un po’ l’uomo rimase a giocherellare con il cesto e con il suo campionario. Non si decideva a mostrarlo né a riporlo; sembrava che non sapesse che cosa fare. Childan lo osservò a braccia conserte, rimuginando sui vari problemi della giornata. Alle due aveva un appuntamento per mostrare alcune tazze d’epoca. Poi alle tre… un’altra serie di esemplari che rientravano dal laboratorio dell’università, dopo essere stati sottoposti a degli esami di autenticità. Nelle ultime due settimane, dopo quello spiacevole incidente con la Colt 44, aveva fatto esaminare moltissimi altri pezzi.
«Non sono placcati,» disse l’uomo con il cesto di vimini, mostrandogli un braccialetto. «Sono di rame massiccio.»
Childan annuì senza rispondere. L’uomo si sarebbe trattenuto per un po’, gli avrebbe fatto vedere i suoi prodotti, ma alla fine se ne sarebbe andato.
Squillò il telefono. Childan rispose. Un cliente che chiedeva informazioni su un’antica sedia a dondolo, di grande valore, che Childan gli stava facendo restaurare. Non era ancora pronta, e dovette inventarsi una storia convincente. Osservando il traffico di mezzogiorno attraverso la vetrina del negozio, Childan tranquillizzò il cliente il quale alla fine, convinto, chiuse la comunicazione.
Non c’è dubbio, pensò, mentre riappendeva il ricevitore. Quella storia della Colt 44 lo aveva proprio scosso. Non riusciva a considerare la sua merce con la stessa fiducia di prima. Ci sarebbe voluto molto tempo per assimilare una scoperta come quella. Come il risveglio della prima infanzia; sono i fatti della vita. Mostra il legame con i nostri anni giovanili, rifletté; non riguarda semplicemente la storia americana, ma la nostra vicenda personale. Come se, pensò, potesse sorgere qualche dubbio sull’autenticità del nostro certificato di nascita. O sul nostro ricordo di papà.
Forse, per esempio, io non mi ricordo veramente di F.D.R. Ne ho un’immagine artificiale distillata dall’ascolto di molti che ne hanno parlato. Un mito sottilmente innestato nel tessuto cerebrale. Come il mito di Hepplewhite, pensò. Il mito di Chippendale. O piuttosto qualcosa del tipo “Abraham Lincoln ha mangiato qui”. Ha usato queste vecchie posate d’argento. Tu non puoi vederlo, ma il fatto rimane.
All’altro bancone, sempre alle prese con il suo cesto di vimini e il suo campionario, il venditore disse: «Possiamo fare dei pezzi su ordinazione. Su richiesta del cliente. Se qualcuno dei suoi clienti ha un desiderio particolare.» Aveva la voce strozzata; si schiarì la gola, fissando Childan e poi nuovamente il gioiello che teneva in mano. Evidentemente non sapeva come andarsene.