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E le Custodi giuravano di proteggere i dominii e d’impedire ulteriori abusi delle matrici. Prive di potere politico, avevano assunto tuttavia un’immane potenza personale e carismatica: sacerdotesse e maghe con un enorme ascendente spirituale e religioso, dominavano tutti gli operatori delle matrici di Darkover.

Ma questo era diventato a sua volta un abuso?

Damon aveva la sensazione di essere in contatto telepatico, attraverso i secoli, col suo lontano antenato Varzil… Oppure era solo un vago ricordo razziale? In quale epoca le Torri avevano abbandonato il rito della Fine dell’Anno, che le manteneva in contatto con l’umanità? Il rito aveva permesso a una Custode, casta per le dure necessità del suo lavoro incredibilmente difficile e pesante (e in quei giorni, al culmine del fiorire delle Torri, ancora più massacrante), di diventare periodicamente conscia della sua umanità, di dividere gli istinti e i desideri degli altri, uomini e donne.

Quando l’avevano abbandonato? E soprattutto, perché l’avevano abbandonato? Durante le epoche del caos era diventato una specie di orgia? Comunque era scomparso, e insieme era scomparsa la conoscenza del modo di liberare i canali per l’attività psi a livello altissimo. Perciò le Custodi, non più castrate, erano state costrette ad affidarsi a un addestramento sostanzialmente disumano, e il potere era nelle mani delle donne capaci d’isolarsi completamente dagli istinti e dai desideri.

A Damon, mentre attraversava gli anni, sembrava di sentire in sé tutte le sofferenze di quegli uomini e di quelle donne, alienati, disperati, incapaci di distaccarsi completamente dal destino umano. E coloro che ci riuscivano dovevano adottare principi impossìbili, un addestramento di rigore inumano, l’alienazione totale perfino nei confronti dei loro cerchi. Ma quale altra possibilità avevano?

Ma adesso avrebbero riscoperto ciò che poteva fare l’antico rito…

Damon non guardava Callista ma sentiva la sua gelida compostezza dissolversi, sentiva attenuarsi la rigidità fisica e la tensione defluire da lei come acqua corrente. Si era lasciata cadere su una sedia. Damon si voltò e la vide sorridere, stiracchiarsi come un gatto, tendere le braccia a Andrew. Andrew si avvicinò e s’inginocchiò accanto a lei, e Damon rimase a osservare, pensando con rimpianto a una deliziosa bambina, nella Torre, che giorno per giorno perdeva la sua squisita spontaneità e lentamente sprofondava in un silenzio teso e pudibondo. Adesso, con una stretta al cuore, rivedeva quella bambina nel dolce sorriso che Callista rivolgeva a Andrew. Andrew la baciò esitando, poi con passione crescente. Quando il quadruplice legame incominciò a intessersi fra loro, tutti parteciparono per un momento a quel bacio. Ma Andrew, con le inibizioni infrante dal kireseth. si mosse un po’ troppo in fretta. Le sue braccia cinsero Callista, stringendola con forza, e la crescente avidità dei suoi baci la spaventò. In preda a un panico improvviso, lei si svincolò, respingendolo con tutta la forza delle braccia e spalancando gli occhi per la paura,

Damon captò la duplice trama di quella paura: in parte, lei temeva che si ripetesse quanto era già accaduto, che il riflesso incontrollabile colpisse Andrew, lo ferisse, lo uccidesse; in parte, temeva l’eccitazione sconosciuta che si accendeva in lei. Guardò Andrew con un’espressione di terrore, poi fissò Damon con un’aria stordita e spaventata che lo sconcertò.

I pensieri di Ellemir si insinuarono nel collegamento telepatico. Hai dimenticato quanto è giovane?

Andrew la fissò senza capire. Dopotutto Callista era la gemella di Ellemir!

Sì, e dopo tanti anni trascorsi come Custode, sotto certi aspetti è più anziana: ma tutto questo, ormai, è svanito dalla sua memoria. In sostanza è ancora la ragazzina di tredici anni che si era recata alla Torre. Per lei, il sesso è ancora un ricordo di terrore e di sofferenza, il ricordo di come ha rischiato di ucciderti. Non ha nulla di bello da ricordare se non qualche bacio tra i fiori. Lasciala per un po’ a me, Andrew.

Riluttante, Andrew si scostò da Callista, e Ellemir cinse con un braccio le spalle tremanti della gemella. Non avevano bisogno di parlare, in quel momento.

Vieni con me tesoro, non soffriranno troppo ad aspettare che tu sia pronta. La condusse nell’altra stanza, dicendole: Questa è la tua vera notte nuziale, Callista, e non ci saranno battute e scherzi grossolani.

Docile come una bambina (e a Ellemir sembrava quasi una bambina, veramente), Callista lasciò che!a sorella la spogliasse, le togliesse i cosmetici con cui aveva nascosto i segni dei graffi, le spazzolasse sulle spalle i lunghi capelli, le infilasse una camicia da notte, il contatto mentale schiudeva le due donne una all’altra: anche la guardia di Ellemir cedeva sotto la crescente influenza del kireseth. Sentì il flusso dei ricordi che la sua gemella non aveva potuto condividere quando avevano tentato, la notte prima delle nozze, di scambiarsi confidenze esitanti.

Ellemir sentì e provò, insieme a Callista, il condizionamento ai rifiuto, la dura disciplina che vietava anche il contatto casuale di un’altra mano umana. Con orrore schiacciante, guardò le piccole cicatrici rimarginate sui polsi e sulle mani di Callista, inondata dall’angoscia fisica ed emotiva di quei primi terribili anni alla Torre. E Damon aveva avuto una parte in tutto questo! Per un momento condivise il tormentoso risentimento di Callista, la rabbia che non trovava mai sfogo o espressione, riversata in una tensione e in una forza che trovavano una via d’uscita solo nell’energia concentrata degli schermi e dei relè della matrice.

Rivisse insieme a Callista il lento e inesorabile smorzarsi delle reazioni fisiche normali, l’attutirsi dei riflessi, l’indurimento delle tensioni della mente e del corpo in una rigida armatura. Callista, al terzo anno di soggiorno ad Arilinn, non si era più sentita sola, non aveva più desiderato contatti umani o nutrimento emotivo.

Era una Custode.

Era un miracolo, pensò Ellemir, che le fosse rimasto un po’ di compassione umana, un po’ di autentico sentimento. Ancora qualche anno e sarebbe stato troppo tardi: neppure il kireseth avrebbe potuto dissolvere l’impenetrabile armatura degli anni, l’impressione di una simile tensione incisa nella mente.

Ma il kireseth le aveva dissolto quello schema, lasciandola trasformata in una bambina impaurita. La sua mente era libera, e il suo corpo non era più prigioniero degli inesorabili riflessi dell’addestramento: ma erano scomparse anche l’accettazione e la maturità intellettuale con cui Callista aveva nascosto l’inesperienza, e adesso era solo una ragazzina spaventata. Sostanzialmente, pensò Ellemir con profonda compassione, Callista era più giovane di quanto lo era lei stessa quando si era presa il primo amante.

Dopo essersi liberata in quel modo, Callista avrebbe dovuto disporre di un anno o due per diventare adulta normalmente, per raggiungere prima la coscienza emotiva e poi quella fisica dell’amore. Ma non ne aveva il tempo. Aveva soltanto quella notte per varcare un abisso di molti anni.