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Andrew, che sentiva tutto questo insieme a lei, comprese che per Callista l’accettazione sensuale di Ellemir sarebbe stata la chiave, e che ciò aveva colmato per Callista l’abisso, come per poco non era avvenuto durante il catastrofico primo tentativo. Sapeva che, se lui avesse accettato quel collegamento, già allora Ellemir avrebbe potuto riuscire a condurli tutti, sani e salvi, sull’altra sponda. Ma lui aveva voluto essere solo con Callista, separato dagli altri.

Se avessi potuto fidarmi di Ellemir e di Damon, allora… E attraverso il rimpianto captò i pensieri di Damon. Quello era allora, questo è adesso, e noi tutti siamo cambiati e maturati.

E quello fu l’ultimo istante di percezione separata, per ognuno di loro. Adesso, com’era quasi avvenuto al solstizio d’inverno, il rapporto telepatico era completo. Nessuno di loro sapeva o desiderava sapere, nessuno di loro cercava di separare e di scindere le sensazioni isolate. A quel punto, i dettagli non avevano importanza: chi apriva o serrava le cosce, chi stringeva le braccia, chi si scostava per un attimo ma solo per venire più vicino, chi baciava, chi schiudeva le labbra al bacio, chi penetrava e chi si lasciava penetrare. Per qualche tempo parve che tutti loro si toccassero, dovunque, condividendo ogni intimità così profondamente da cancellare l’esistenza di ogni coscienza individuale. Callista non seppe mai, dopo, se aveva spartito le sensazioni di Ellemir per l’atto d’amore o se l’aveva provato in prima persona; e per qualche istante, entrando in rapporto mentale con uno degli uomini, vide e abbracciò se stessa… o era la sua gemella? Sentì uno degli uomini esplodere nell’orgasmo, ma non seppe con certezza se lei vi aveva partecipato. La sua coscienza era troppo dispersa, rarefatta: la sentiva espandersi, e Damon e Andrew e Ellemir erano punti di maggior solidità nel suo corpo, che inspiegabilmente si era espanso fino a colmare tutto lo spazio della camera, pulsando nei multipli ritmi dell’eccitazione e della sensibilità. Non sapeva se aveva conosciuto direttamente il piacere o aveva semplicemente condiviso l’intenso piacere degli altri: e non voleva saperlo. E nessuno degli altri sapeva, o avrebbe mai saputo, chi di loro aveva posseduto per primo il corpo di Callista. Non aveva importanza: nessuno di loro voleva saperlo. Fluttuavano e sprofondavano nell’estasi così uniti dalla sensualità e dall’intenso amore che quelle cose diventavano irrilevanti. Il tempo si era completamente sfocato: sembrava che l’attimo durasse da anni.

Molto più tardi Callista si accorse che stava sonnecchiando, infinitamente soddisfatta, ancora circondata da tutti gli altri. Ellemir dormiva con la testa sulla spalla di Andrew. Callista si sentiva stanca, strana, beata: ora affondava nella coscienza di Damon, ora in quella di Andrew, ora discendeva per interi minuti nel sonno di Ellemir. Aleggiando fra passato e futuro, conscia del proprio corpo come non lo era più stata dopo l’infanzia, comprese che avrebbe potuto presentarsi in Consiglio e giurare che il suo matrimonio era stato consumato; e poi, con una riluttanza che la fece ridere un poco, capì che era uscita incinta da quella notte. Non desiderava veramente un figlio, non ancora. Aveva desiderato di avere un po’ di tempo per imparare a conoscere se stessa, conoscere l’evoluzione che aveva conosciuto Ellemir, per esplorare tutte le dimensioni nuove e inspiegate della sua vita.

Ma sopravviverò, come tutte le donne, pensò con un’ilarità segreta; e quell’ilarità, traboccando, si comunicò a Damon. Lui le tese la mano, insinuandole le dita fra le dita.

Grazie agli dèi, Callie, riesci a riderne!

Non è come se avesse dovuto essere una scelta, come temevo. Come se non potessi mai più usare i miei doni. È un ampliamento di ciò che sono, non una limitazione.

Era ancora risentita della necessità di avere un figlio per imposizione del Consiglio e non per sua libera scelta (non l’avrebbe mai perdonato, per questo), ma accettava la necessità e sapeva che sarebbe riuscita facilmente ad amare la creatura indesiderata, al punto di sperare che quella figlia non sapesse — se non quando fosse stata abbastanza grande da poter capire — quanto era stata indesiderata.

Ma non voglio sapere mai chi è il padre… Ti prego, Elli: anche nel controllo, non dirmelo mai, mai. E si promisero, in silenzio, che non avrebbero mai cercato di scoprire se la creatura concepita quella notte era figlia di Damon o di Andrew. L’avrebbero sospettato, ma non l’avrebbero mai saputo con certezza.

Per lunghe ore rimasero a giacere, riposando, uniti dal quadruplice collegamento che si rafforzava e si attenuava alternativamente. Sebbene tutti gli altri si fossero abbandonati al sonno, verso il mattino, Damon rimase sveglio, intimorito. Li aveva forse indeboliti tutti — o almeno se stesso — in vista della battaglia imminente? Callista sarebbe riuscita a liberare i propri canali con sufficiente rapidità?

E poi, immergendosi nella coscienza di Callista, comprese che quei canali sarebbero rimasti sempre perfettamente liberi per l’energia che lei avesse deciso di usare. Non avrebbe avuto bisogno del kireseth: adesso sapeva cosa si provava nel passarli dai messaggi sessuali alla forza piena del laran. E Damon comprese, con crescente sicurezza, che avrebbe potuto affrontare qualunque cosa.

E poi capì, con riluttanza, perché era stato abbandonato l’uso del kireseth. Come rito raro e sacramentale, era necessario e non pericoloso, e aiutava i Custodi a riconfermare la comune umanità, a riaffermare lo stretto legame degli antichi cerchi delle Torri, il vincolo più stretto che si conoscesse, più stretto della parentela, più stretto del desiderio sessuale.

Ma poteva diventare anche troppo facilmente un’evasione, un’assuefazione. Se quella libertà fosse stata accessibile, gli uomini avrebbero mai accettato gli occasionali periodi d’impotenza dopo un’operazione impegnativa? Le donne avrebbero accettato la disciplina necessaria per imparare a mantenere liberi i canali? Il kireseth, nell’uso eccessivo, era pericoloso. Mille storie dei Venti Fantasma degli Heller lo confermavano. E la tentazione di abusarne sarebbe stata quasi irresistibile.

Perciò prima era sorto il tabù che lo limitava a un uso raro e sacramentale, e poi il tabù si era ampliato portando al disuso e alla pessima fama del kireseth. Con un senso di rimpianto per quella che avrebbe sempre ricordato come un’esperienza culminante della sua vita, Damon pensò che anche come rito della Fine dell’Anno sarebbe stato una tentazione troppo forte. Li aveva condotti indenni oltre l’ultima barriera, fino al compimento: ma in futuro avrebbero dovuto affidarsi alla disciplina e alla negazione di sé.

Alla negazione di sé? No, poiché ognuno di loro aveva tutti gli altri.

Eppure, se tutto il tempo coesisteva, quell’ora magica sarebbe stata per sempre presente e reale, per loro, come lo era adesso.

Tristemente, amorosamente, sentendo intorno a sé la loro presenza e rimpiangendo la necessità di separarsi, Damon sospirò. Li svegliò, a uno a uno.

— Manca poco al levar del sole — disse, sobriamente. — Rispetteranno esattamente i termini ma non ci concederanno neppure un attimo di vantaggio, quindi dobbiamo tenerci pronti. Dobbiamo prepararci per la sfida.

CAPITOLO VENTITREESIMO