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Era l’oscurità rarefatta che precede l’alba. Damon, ritto davanti alla finestra ancora buia, non ancora ingrigita dall’avvicinarsi della luce, si sentiva a disagio. L’esultanza non l’aveva abbandonato, ma c’era un’insicurezza che lo rodeva.

Aveva commesso un errore, dopotutto? Secondo tutte le leggi di Arilinn, questo avrebbe dovuto indebolirli, renderli inidonei al conflitto imminente. Aveva commesso il più tragico, il più irrevocabile degli errori? Amandoli tutti, li aveva condannati a morte, o a un destino ancora peggiore?

No. Aveva puntato tutte le loro vite sul buon diritto di ciò che stavano facendo. Se le vecchie leggi di Arilinn erano giuste, dopotutto, avevano meritato di morire, e lui avrebbe accettato la morte, se non con gioia, almeno riconoscendone la giustizia. Lavoravano in una tradizione nuova, meno crudele e invalidante di quella che lui aveva rifiutato, e la sua convinzione del loro buon diritto doveva trionfare.

Si era avvolto in una vestaglia calda, per proteggersi dal gelo del sopramondo. Anche Callista aveva fatto altrettanto, e aveva drappeggiato uno scialle vaporoso intorno alle spalle di Ellemir. Andrew, indossando il mantello di pelliccia, chiese: — Cos’accadrà, esattamente?

— Esattamente? Questo non posso dirtelo — rispose Damon. — È l’antica prova per i Custodi. Costruiremo la nostra Torre nel sopramondo, e loro tenteranno di distruggere sia lei che noi. Se non riusciranno, dovranno riconoscere che è legittima e che ha il diritto di restare dov’è. Se la distruggono… bene, sai cosa accadrà. Perciò non dobbiamo lasciare che la distruggano.

Callista era pallida, spaventata. Damon le prese il volto fra le mani, gentilmente.

— Nel sopramondo, nulla può farti del male, a meno che tu sia convinta del contrario. — Poi comprese ciò che la turbava: per tutta la vita era stata condizionata a credere che il suo potere fosse fondato sulla verginità rituale.

— Prendi la tua matrice — le comandò dolcemente.

Callista ubbidì, esitante.

— Concentrati. Vedi? — le chiese Damon quando le luci si addensarono a poco a poco nella pietra. — Ora sai che i tuoi canali sono liberi.

Lo erano, infatti. E non era solo l’effetto del kireseth. Liberati dalle enormi tensioni e dall’immensa armatura dell’addestramento di Custode, i canali non erano più bloccati. Lei poteva disporre della loro selettività naturale. Ma perché non gliel’aveva rivelato l’istinto?

— Damon, come e perché hanno permesso che un simile segreto venisse dimenticato?

Significava che nessuno avrebbe mai dovuto compiere la crudele scelta che Leonie le aveva imposto da bambina e che altre Custodi del passato avevano accettato per altruistica devozione ai Comyn e alle Torri.

— Come hanno potuto abbandonare questo per quello? — Le parole di Callista esprimevano tutta la meraviglia per la scoperta della notte appena trascorsa.

— Non lo so — disse tristemente Damon. — E non so se l’accetteranno, adesso. Minaccia ciò che è stato loro insegnato, rende inutili i loro sacrifici e le loro sofferenze, ne fa un atto di follia.

E provò una dolorosa stretta al cuore, sapendo che in ciò che faceva, come in tutte le grandi scoperte, c’erano i semi di un atroce conflitto. Uomini e donne sarebbero morti per sostenere l’una o l’altra fazione in quella grande lotta; e sentì, con un guizzo d’angoscia, che una figlia sua, dal volto e dal nome di un fiore, una figlia nata da lui ma non da una delle due donne presenti nella stanza, sarebbe stata brutalmente assassinata per aver tentato di portare ad Arilinn quella rivelazione. Per fortuna la precognizione si offuscò: lui era nel presente, e non osava pensare al passato o al futuro.

— Arilinn, come tutte le altre Torri, è prigioniera di una decisione presa dai nostri antenati. Forse erano guidati da ragioni che allora erano valide, ma che oggi non lo sono più. Non intendo costringere i cerchi delle Torri a rinunciare alla loro scelta, se è davvero la loro scelta e se, dopo averne conosciuto il prezzo e sapendo che ora c’è un’alternativa, vorranno mantenere le vecchie usanze. Ma voglio far loro sapere che c’è un’alternativa, e che se io, operando solo, da reietto, ho trovato un’alternativa, possono essercene altre, a decine, e che alcune possono apparire loro più accettabili di quella scoperta da me. Ma rivendico il diritto, per me stesso e per il mio cerchio, di operare a modo mio, secondo le leggi che ci sembrano giuste.

Sembrava così semplice, così razionale. Com’era possibile che gli altri li minacciassero di morte e di mutilazione, per quello? Eppure Callista sapeva che l’avevano fatto, e che avrebbero tradotto in atto la minaccia.

Andrew disse a Ellemir: — Non sono preoccupato per te: ma vorrei avere la certezza che questo non minacci il bambino.

Sapeva di aver centrato quello che era il timore di Ellemir. Ma lei disse con fermezza: — Ti fidi di Damon o no? Se pensasse che c’è pericolo, me l’avrebbe spiegato e mi avrebbe lasciata scegliere in piena conoscenza.

— Mi fido di lui. — Ma, si chiese Andrew, forse Damon pensava semplicemente che se perdevano l’imminente battaglia sarebbe stato inutile per tutti loro sopravvivere… compresi Ellemir e il nascituro? Con fermezza, scacciò quel pensiero. Damon era il loro Custode. L’unica responsabilità di Andrew consisteva nel decidere se Damon meritava fiducia, e poi seguire le sue direttive senza riserve mentali. Perciò chiese: — Cosa dobbiamo fare, per prima cosa?

— Costruiamo la Torre, e la rinsaldiamo con tutte le nostre forze. Esiste da molto tempo, ma è quello che noi immaginiamo che sia. — E Damon aggiunse, rivolgendosi a Ellemir: — Tu non sei mai stata nel sopramondo: ti sei limitata a vegliarmi, da qui. Collegati con me, ti ci condurrò io.

Con un energico slancio mentale giunse nel sopramondo: Ellemir era accanto a lui nel grigiore. Dapprima indistinte, poi sempre più chiare nella sopraluce, scorse le mura del loro edificio.

All’inizio era stato un rifugio rudimentale, come la capanna di un mandriano, visualizzato quasi accidentalmente. Ma a ogni uso successivo era cresciuto e si era rafforzato, e adesso intorno a loro sorgeva una Torre autentica, con i grandi muri azzurri e lucenti, reale al suo passo e al suo tocco come la stanza di Castel Comyn dove avevano consumato il loro quadruplice legame. In verità avevano portato con sé molto di quel mondo, perché, pensò Damon, il vincolo quadruplo e il suo completamento erano in un certo senso la cosa più importante che fosse mai accaduta a ognuno di loro.

Come sempre nel sopramondo, si sentì più alto, più forte, più sicuro: e questa era l’essenza di tutto. Ellemir, al suo fianco, non somigliava a Callista quanto le somigliava nel mondo concreto. Fisicamente, lei e la sua gemella erano molto simili; ma lì, dove era la mente a determinare l’aspetto fisico, erano molto diverse. Damon conosceva a sufficienza la genetica per chiedersi se erano gemelle identiche. Se non lo erano, questo poteva significare che Callista avrebbe potuto dargli un figlio con minori rischi di Ellemir. Ma quello era un pensiero per un altro momento, per un altro livello di coscienza.

Dopo un istante, Callista e Andrew li raggiunsero nel sopramondo. Damon notò che Callista non si era abbigliata nella veste cremisi da Custode. Quando le pervenne quel pensiero, lei sorrise e disse: — Lascio quella carica a te.

Per un duello tra Custodi, forse Damon avrebbe dovuto abbigliarsi col cremisi rituale dei Custodi: ma arretrò davanti a quella bestemmia, e all’improvviso comprese il perché.

Non avrebbe combattuto quella battaglia secondo le leggi di Arilinn! Non era Custode secondo quelle leggi crudeli, che rinnegavano la vita: era tenerézu di una tradizione più antica, e difendeva il diritto di esserlo! Avrebbe portato i colori del suo dominio, e nient’altro.