«Va bene» dice la donna. Tutti guardano le fotocopie giallastre del programma della giornata. «Dottoressa Ramie, era di turno lei ieri sera?» domanda la donna.
«Sì. La mia solita fortuna.»
Nessuno ride. L’atmosfera è funerea, e non per via dei pazienti in attesa dell’esame più invasivo che abbiano mai subito.
«Abbiamo Sissy Shirley, nera, novantadue anni, della contea di Hanover. Cardiopatica, trovata morta nel letto della casa di riposo in cui era ricoverata. Già vista» comincia la dottoressa Ramie consultando i propri appunti. «Poi c’è Benjamin Franklin. Poveretto, si chiamava proprio così. Ottantanove anni, nero, anche lui trovato morto nel letto, cardiopatico, nevropatia pregressa…»
«Come, scusi?» la interrompe Marcus. «Ha detto “nevropatia”?»
Alcuni ridono e la dottoressa arrossisce. È bruttina e sovrappeso, giovane. Diventa paonazza.
«E cosa sarebbe, di grazia?» Gigione, Marcus si accanisce contro di lei per conquistarsi il favore del suo pubblico. «Non mi dica che ha ricoverato nel nostro istituto un poveretto perché a suo dire soffriva di “nevropatia” pregressa, per favore.»
Non è spiritoso, è maligno: all’Istituto di medicina legale arrivano i morti e non vengono “ricoverati” dei “poveretti”. È terribilmente poco rispettoso nei confronti di persone chiuse dentro sacchi di plastica o distese su tavoli di acciaio poco lontano da lì, in attesa del bisturi e della sega Stryker.
«Scusate, ho letto male» dice confusa la dottoressa Ramie. «Volevo dire nefropatia. Non capisco più nemmeno la mia scrittura…»
«Dunque il buon Benjamin Franklin non soffriva di nervi. Non è che l’ha colpito un fulmine, per caso?» interviene Marino, giocherellando con la sigaretta spenta. «Avete qualche morto per avvelenamento da piombo, o ferita d’arma da fuoco che dir si voglia?»
Marcus lo fulmina con lo sguardo.
La dottoressa Ramie prosegue. «Ho già visto anche lui. Poi abbiamo… Finky… No, aspettate. Finder… Cioè…»
«Finky Finder?» interviene Marino, facendo lo spiritoso. «O Finder Finky?»
«È il nome o il cognome?» chiede Marcus, alzando la voce per zittire Marino.
La dottoressa Ramie è talmente paonazza che Kay Scarpetta per un attimo teme che si alzi ed esca dalla sala in lacrime. «Sembrano nome e cognome. Finky Finder» risponde, secca. «Ventidue anni, nera, trovata morta in un bagno con l’ago ancora piantato nella vena del braccio. Probabile overdose di eroina. Sarebbe la seconda in quattro giorni. Questa è ancora da vedere.» Gira un foglio. «Appena prima che cominciasse la riunione è arrivato un quarantaduenne bianco, Theodore Whitby. Si è infortunato sul lavoro.»
Marcus sbatte le ciglia, mentre tutti abbassano gli occhi. Kay Scarpetta implora in cuor suo Marino di stare zitto. Invece lui puntualizza: «Si è infortunato? Vuol dire che è ancora vivo?».
«Per la verità non ho ricevuto io la chiamata» balbetta la dottoressa Ramie. «Dottor Fielding…»
«Nemmeno io» risponde lui brusco.
«Ah, credevo che… Allora è stato il dottor Martin. Dev’essere la sua scrittura» continua la Ramie, sempre più paonazza e confusa. «La dinamica dell’incidente è ancora da chiarire, ma pare che fosse davanti al suo trattore e un minuto dopo sia stato visto lungo disteso per terra, in fin di vita. È successo alle otto e mezzo di questa mattina, nemmeno un’ora fa. Probabilmente è stato investito in seguito a una caduta o perché ha perso il controllo del mezzo. Quando sono arrivati i soccorsi, era già morto.»
«Dunque si è ammazzato. È stato un suicidio» interviene Marino, giocherellando con la sigaretta.
«Sfortuna vuole che sia successo davanti alla vecchia sede dell’istituto, nel cantiere di North Fourteenth Street» dice la Ramie.
Questa aggiunta colpisce Marino, che smette subito di scherzare e guarda Kay Scarpetta, la quale ripensa all’uomo in pantaloni verdi e giacca nera che ha visto davanti alla ruota del trattore. Era vivo, e adesso è morto. Quando lo ha visto davanti alla ruota a trafficare con il motore, ha pensato che era un’imprudenza. E adesso quel poveretto è morto.
«Su di lui va effettuata l’autopsia» dice la Ramie, dandosi un contegno.
Kay Scarpetta ricorda di aver guardato l’uomo dietro il trattore finché non è scomparso alla sua vista. Evidentemente, appena lei ha svoltato, il trattore si è messo in moto e lui ci è finito sotto.
«Propongo che di quest’uomo si occupi lei, dottor Fielding» dice Marcus. «Si accerti che non abbia avuto un infarto o altri disturbi prima di essere investito. L’elenco delle lesioni riportate sarà lunghissimo, ma non c’è bisogno che io le ricordi che in questi casi gli esami devono essere estremamente accurati. Anche se, per certi versi, inutili.» Guarda Kay Scarpetta. «Lei ha lavorato a lungo al 9 di North Fourteenth Street, vero?»
«Sì» risponde lei, senza riuscire a togliersi dalla testa l’immagine dell’uomo in pantaloni verdi e giacca nera. «Molti anni. Poi ci siamo trasferiti qui.» Ci tiene a farglielo presente, come se fosse importante.
La dottoressa Ramie riprende a parlare dell’ordine del giorno. Vi sono un detenuto sulla cui morte non ci sono sospetti, ma che va esaminato perché per legge tutti coloro che muoiono in carcere devono essere sottoposti all’esame di un medico legale, poi un uomo rinvenuto cadavere in un parcheggio, forse assiderato, una donna diabetica morta improvvisamente mentre scendeva dalla propria auto, un neonato morto nella culla, un diciannovenne ritrovato in mezzo a una strada e presumibilmente ucciso da un colpo di arma da fuoco.
«Io devo andare a Chesterfield, in tribunale» conclude la dottoressa Ramie. «E avrei bisogno di un passaggio perché la mia macchina è di nuovo dal meccanico.»
«La accompagno io» si offre Marino, facendole l’occhiolino. La dottoressa Ramie assume un’espressione terrorizzata.
Fanno tutti per alzarsi, ma il dottor Marcus li ferma. «Prima di chiudere, vorrei farvi qualche domanda» dice. «Come sapete, il nostro istituto organizza corsi di aggiornamento durante i quali io tengo alcune lezioni sul ruolo del medico legale. Ho pensato di sottoporvi alcuni dei quesiti che intendo porre ai partecipanti e, se non vi dispiace, vorrei farlo stamattina, approfittando del fatto che abbiamo una grande esperta fra noi.»
“Ma che bastardo” pensa Kay Scarpetta. “Vuole farmela pagare. Ce l’ha con me.”
Marcus guarda tutte le persone sedute intorno al tavolo. «Donna, vent’anni, bianca, alla settima settimana di gravidanza» comincia. «Il suo compagno la prende a calci, lei chiama la polizia e finisce in ospedale. Alcune ore dopo abortisce. La polizia chiama il medico legale. Che cosa deve fare costui?»
Nessuno risponde. È ovvio che non sono abituati a questo tipo di interrogazione. Lo guardano senza fiatare.
«Su, coraggio» dice lui con un sorrisetto. «Dottoressa Ramie.»
«Sì, dottore?» risponde lei, arrossendo.
«Mi dica, che cosa farebbe, se venisse interpellata dalla polizia su un caso del genere?»
«Un esame necroscopico sul feto abortito?» tira a indovinare la donna.
«Nessun altro vuole buttarsi? Dottoressa Scarpetta?» Marcus pronuncia il cognome lentamente, come per sottolineare il fatto che non la sta chiamando per nome. «Si è mai trovata in questa situazione?»
«Purtroppo sì» risponde lei.
«Ci spieghi, allora. Come si è comportata?» le domanda rispettoso.
«Ovviamente picchiare una donna incinta è reato» spiega Kay. «La morte del feto può essere considerata un omicidio.»
«Interessante.» Marcus si guarda intorno, prima di ripartire all’attacco. «Dunque lei tratterebbe un aborto alla settima settimana di gravidanza come un omicidio. Non le sembra un po’ azzardato?»