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Gli alberi ormai hanno perduto quasi tutte le foglie, che giacciono a terra fradice per la pioggia di ieri. Sotto di me posso vedere foglie rosse risplendere perfino in una giornata come questa, su aceri che sopravvivono in questa zona più fresca.

Mi sento rilassato. Agli alberi non importa se sono normale o no. Non importa nemmeno alle rocce e al lichene. Loro non fanno differenza tra un essere umano e un altro, e questo è riposante. Qui non sono obbligato a pensare a me stesso.

Mi fermo per sedermi su una roccia e lascio penzolare le gambe. Se qualcuno dicesse agli ultimi aceri che potevano cambiare e vivere felici in un clima più caldo, loro avrebbero scelto di farlo? E se poi questo avesse significato la perdita di quelle foglie trasparenti che diventano di un colore così stupendo ogni anno?

Tiro un respiro profondo e annuso le foglie bagnate, il muschio sulle rocce, i licheni, le rocce stesse, la terra… Alcuni testi dicono che gli autistici sono troppo sensibili agli odori, ma nessuno si lamenta di questa caratteristica in un gatto o in un cane.

Ascolto i fievoli rumori del bosco che si sentono perfino oggi, con le foglie umide ormai quasi tutte cadute e giacenti silenziose a terra. Alcune, poche, sono ancora sui rami e si agitano al vento. Ali si agitano, e sento il cinguettio di un uccello che non si vede. Alcuni testi dicono che gli autistici sono troppo sensibili ai rumori di fondo, ma nessuno si lamenta di questa caratteristica negli animali.

Tuttavia qui nessuno di quelli che si lamentano è presente. Io ho tutta la giornata per godermi le mie sensazioni eccessive e sregolate, caso mai non dovessi più averle tra una settimana. Spero però che godrò quelle che avrò allora, quali che siano.

Mi chino e tocco con la lingua la pietra, il muschio, i licheni e poi, chinandomi ancora di più, le foglie bagnate alla base della roccia. Poi la corteccia di una quercia (amara, pungente) e quella di un pioppo (dapprima insapore, poi dolciastra).

Scendo il lieve pendio… trovo una felce da toccare con la lingua… ha solo una foglia ancora verde e non ha sapore. E le cortecce di altri alberi, per la maggior parte non li conosco ma posso dire che sono diversi dalle loro configurazioni. Ognuno ha un sapore lievemente differente, indescrivibile, un odore lievemente differente, un differente sentore al tatto nella corteccia, che è più ruvida o più liscia sotto le mie dita. Il rumore della cascata, dapprima un rombo sordo, si dissolve nei molti suoni che lo compongono: il boato della cascata principale che martella le rocce al di sotto, gli echi di quel boato che si trasformano in scrosci, il trillo degli spruzzi e delle cascatelle, il quieto sgocciolare delle perle di umidità che si staccano dalle foglie delle felci bruciate dal gelo.

Guardo l'acqua che cade cercando di distinguerne ogni parte individuale, le masse apparenti che convergono sull'orlo e poi cadono separandosi… Cosa proverebbe una goccia nello scivolare su quel bordo di roccia per cadere nel nulla? L'acqua non ha mente, non può pensare, ma la gente… la gente normale… scrive di fiumi veementi e di onde furiose come se non credesse a questa impassibilità.

Una sbavatura di vento mi porta uno spruzzo sul viso. Alcune gocce hanno sfidato la gravità e si sono innalzate nel vento, ma non per ritornare da dove erano venute.

Sto quasi per pensare alla mia decisione, all'ignoto che mi aspetta, all'impossibilità di tornare indietro, però oggi non voglio pensare. Voglio provare tutte le sensazioni che posso per serbarle nella memoria, se avrò memorie in quel futuro inconoscibile. Mi concentro sull'acqua, cercando di percepirne gli schemi, l'ordine nel caos e il caos nell'ordine.

Lunedì, nove e ventinove. Sono nella clinica, che si trova all'estremità opposta del campus rispetto alla sezione A. Siedo su una poltroncina tra Dale e Bailey.

Le poltroncine sono di plastica grigio chiaro con imbottiture di tweed azzurro, verde e rosa sullo schienale e sul sedile. Dall'altra parte della stanza c'è un'altra fila delle medesime poltroncine. Le pareti sono a strisce in due toni di grigio fino a una certa altezza, e poi sono state rifinite in color avorio. Di fronte a noi ci sono due quadri; uno rappresenta un paesaggio con campi verdi e una collina sullo sfondo, l'altro un mazzo di papaveri in un bricco di rame. All'estremità opposta della stanza c'è una porta. Non so dove conduca, non so se è da essa che dovremo passare.

Il mio stomaco è un grumo di gelo in un grande spazio vuoto. Mi sento la pelle come se qualcuno l'avesse tirata troppo.

Quando cerco d'immaginare il futuro… il resto di questo giorno, domani, la settimana prossima, il resto della mia vita… mi par di guardare nella pupilla del mio occhio e vedo solo il nero rispondere al mio sguardo. È il buio che si trova già lì prima che la luce arrivi, ignoto e inconoscibile prima di quell'arrivo.

La non conoscenza viene prima della conoscenza; il futuro viene prima del presente. Da questo momento passato e futuro sono uguali ma in opposte direzioni; però io sto andando da quella parte e non da questa.

E quando ci arriverò, la velocità della luce e quella del buio saranno uguali.

21

Luce. Buio. Luce. Buio. Luce e buio. Affilatura di luce sul buio. Movimento. Rumore. Ancora rumore. Movimento. Freddo, caldo, rovente, luce, buio, ruvido e liscio, freddo, troppo freddo e dolore e caldo e buio e niente dolore. Ancora luce. Movimento. Rumore, rumore più alto e troppo alto, una mucca che muggisce. Movimento, sagome contro la luce, puntura, caldo ritorno al buio.

Luce è giorno. Buio è notte. Giorno è alzati adesso è tempo di alzarsi. Notte è stai giù sta' calmo dormi. Alzati adesso, siedi, tendi le braccia. Aria fredda. Tocco caldo. Alzati adesso, sta' ritto. Freddo ai piedi. Vieni su cammina. Cammina a posto lucente freddo odore paura. Posto per bagnare o sporcare, posto per pulirsi. Tendi le braccia, qualcosa scivola sulla pelle. Scivola sulle gambe. Aria fredda dappertutto. Entra in doccia, stringi ringhiera. Ringhiera fredda. Rumore pauroso, rumore pauroso. Non essere sciocco. Sta' fermo. Cose picchiano, tante cose picchiano, bagnato scivola troppo freddo poi caldo poi troppo caldo. Va bene adesso, va bene. No, non va bene. Sì, sì, sta' fermo. Cosa che succhia, cosa che scivola dappertutto. Pulito, adesso pulito. Ancora bagnato. Ora di uscire, sta' ritto. Strofinare dappertutto, adesso pelle calda. Indossa vestiti. Indossa calzoni, indossa camicia, infila pantofole. Ora di camminare. Reggi questo. Cammina.

Posto per mangiare. Ciotola. Cibo in ciotola. Prendi cucchiaio. Cucchiaio in cibo. Cucchiaio in bocca. No, tieni cucchiaio dritto. Cibo tutto andato. Cibo caduto. Fermati. Riprova. Riprova. Riprova. Cucchiaio in bocca, cibo in bocca. Cibo gusto cattivo. Mento bagnato. No, non sputarlo. Riprova. Riprova. Riprova.

Sagome che si muovono gente. Gente viva. Sagome che non si muovono non vive. Camminando sagome cambiano. Sagome non vive cambiano poco. Sagome vive cambiano molto. Sagome di gente hanno in cima un posto bianco. Gente dice indossa vestiti, indossa vestiti, sii buono. Buono è dolce. Buono è caldo. Buono è lucente bello. Buono è sorriso è nome per parti faccia mosse da questa parte. Buono è voce felice è nome per suono come questo. Suono come questo è parlare. Parlare dice cosa fare. Persone ridono è miglior suono. Sei bravo, essere bravo è buono. Buon cibo è buono per te. Vestiti sono buoni per te. Parlare è buono per te.

Gente più di uno. Gente è nomi. Usare nomi è buono per te, voce felice, lucente bello, anche dolce. Uno è Jim, buon giorno ora di alzarsi e vestirsi. Jim è faccia scura, luccica in cima testa, mani calde, parlare forte. Più di uno è due è Sally, adesso ecco la colazione puoi farlo da solo non è buono? Sally è faccia pallida, capelli bianchi in cima testa, parlare non forte. Amber è faccia pallida, capelli neri in cima testa, parlare non forte come Jim, più forte di Sally.