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Con un grido che scosse i cieli mi liberai del controllo ipnotico e gli saltai alla gola. Lui sbarrò gli occhi incredulo e cercò di alzare le mani per difendersi, ma fu troppo lento. Lo slancio del mio salto lo fece cadere a gambe all’aria sull’erba color del sangue.

— Mi hai dato forza e furia omicida, vero? — gridai mentre gli spremevo la vita dalla gola. Emetteva rumori soffocati e mi percuoteva dove poteva con i pugni, ma senza effetto.

— Se lei non può vivere, non vivrai nemmeno tu — dissi rafforzando la stretta, guardando i suoi occhi ormai sporgenti, la lingua già rigonfia. — Vuoi spazzare via gli altri e regnare da solo? Non durerai nemmeno un altro minuto!

Due mani forti mi presero per le braccia e mi tirarono indietro. Lottai per liberarmene, inutilmente, e poi mi accorsi di chi mi stava trattenendo.

— Basta così, Orion! — disse Zeus bruscamente.

Lo fissai, con la furia omicida che mi pulsava ancora nelle vene. Altri quattro Creatori mi tenevano saldamente. Altri ancora, uomini e donne, stavano intorno ad Apollo e a me, in una varietà di tuniche, vesti luccicanti e uniformi metalliche.

Zeus aspettò che la smettessi di agitarmi. Il Radioso giaceva in preda a conati di vomito e colpi di tosse sul terreno scuro, appoggiato su un gomito, toccandosi la gola. Vidi le impronte rosse delle mie dita e sentii solo disappunto perché non mi era stato permesso di terminare il lavoro.

— Ti abbiamo chiesto di trovarcelo, non di ucciderlo — disse Zeus, cercando di mascherare con il tono severo un sorrisetto di soddisfazione.

— L’ho trovato da solo — risposi. — E quando ha rifiutato di resuscitare At… Anya, ho saputo che meritava la morte.

Scuotendo la testa, Zeus disse: — Nessuno merita di morire per mano di un altro, Orion. Questa è la menzogna estrema. Non ti rendi conto che è pazzo? La sua mente è malata.

Una nuova ondata di furia si sollevò dentro di me. — E voi lo aiuterete? Proverete a curarlo?

— Lo cureremo — rispose Ermes dal viso sottile. — Con il tempo.

Si inginocchiò vicino ad Apollo e lo toccò con una corta verga di metallo che aveva preso dalla tasca della tunica. I lividi sulla gola del Radioso impallidirono e sparirono. Il suo respiro tornò normale.

— Le riparazioni fisiche sono le più facili — disse Ermes alzandosi in piedi. — Rimettere a posto la mente richiederà più tempo, ma verrà fatto.

— Voleva uccidervi, uccidervi tutti — dissi.

Era rispose: — Questo significa che noi dovremmo uccidere lui? Solo una creatura può pensare in questo modo, Orion.

— Ha ucciso Anya!

— No — disse il Radioso, alzandosi lentamente in piedi. — L’hai uccisa tu, Orion. È diventata mortale per amor tuo, ed è morta.

— Io l’amavo!

— Anch’io l’amavo! — gridò lui.

— E lei ha scelto te! Ha meritato la morte!

Lottai di nuovo contro gli uomini che mi tenevano, ma erano troppi e troppo forti. Ma anche così Apollo indietreggiò, lontano da me, e Zeus si mise tra noi.

— Orion! — disse brusco. — Lottare contro di noi non ha senso.

— Ha detto che poteva riportarla in vita.

— Era la sua follia a parlare — rispose Zeus.

— No! — lo contraddisse il Radioso. — Io posso riportarla alla vita! Ma non per lui! Non perché si dia a questa… a questa creatura!

— Ridammela! — urlai, divincolandomi inutilmente nella stretta dei quattro che mi tenevano.

Era mi si avvicinò, senza il suo solito sorriso derisorio. Il suo viso era serio, quasi comprensivo. — Orion, ci hai servito bene e siamo contenti di te. Ma devi accettare ciò che deve essere accettato. Devi far uscire dalla tua mente tutti i pensieri che riguardano Anya.

Sollevò la mano e mi toccò la guancia con la punta delle dita. Sentii tutta la furia e la tensione scorrere via da me. Il mio corpo si rilassò, la mia rabbia si placò.

Dissi a Era: — Far uscire dalla mia mente tutti i pensieri che la riguardano? Questo sarebbe come chiedermi di non respirare.

— Sento la tua pena — disse lei dolcemente. — Ma quello che è fatto non può essere disfatto.

— Sì, invece! — ringhiò il Radioso. Poi rise e mi lanciò uno sguardo sprezzante. Zeus fece un cenno del capo a Ermes, che prese Apollo per le spalle. Quello corpulento, con i capelli rossi, che io chiamavo Ares, si avvicinò anche lui al Radioso, pronto a fermarlo, se necessario.

Ma lui continuò — Io posso farlo — disse con occhi selvaggi. — Posso riportarla indietro. Ma non per te, Orion. Non perché possa abbracciare una creatura, un verme che io ho fatto per servirmene!

— Riportatelo in città — disse Zeus. — La sua pazzia è peggiore di quanto pensassi.

— Non sono io il folle — sbraitò Apollo. — Io sono il solo sano di mente, qui! Tutti voi altri siete pazzi! Stupidi, ciechi pazzi! Pensate di poter controllare il continuum e di salvarvi! Follia! Nient’altro che follia! Solo io posso salvarvi. Solo io so come tenere il vostro prezioso collo fuori dal cappio. E tu, Orion! Non vedrai mai più Anya. Mai più!

Ermes cominciò a trascinarlo via, seguito dal muscoloso Ares. Zeus e gli altri cominciarono a svanire, scintillando nella luce dei due soli come un miraggio nel deserto. Io rimasi solo su quello strano mondo e li guardai dissolversi lentamente.

Proprio un attimo prima, il Radioso si voltò e gridò ancora: — Guardati, Orion! Te ne stai lì come un misero pupazzo. Nessuno la riporterà indietro! Solo noi due potremmo, e tu non sai come!

Rise forte mentre sbiadiva e spariva con gli altri, lasciandomi solo su un mondo estraneo e sconosciuto.

44

Ci volle un po’ prima che il significato delle parole del Radioso mi colpisse in pieno.

«Nessuno la riporterà indietro! Solo noi due potremmo, ma tu non sai come!»

Potevo riportare Anya in vita. Era questo che aveva detto. Era solo una beffa, una perfida bugia perché continuassi a illudermi? Scossi la testa. “È pazzo” mi dissi. “Non puoi credere a niente di quello che dice.”

Eppure l’aveva detto, e io non riuscivo a togliermelo dalla testa.

Diedi uno sguardo intorno al paesaggio sconosciuto e mi resi conto che, se avevo una qualche possibilità di resuscitare Anya, potevo farlo solo dalla Terra. Chiudendo gli occhi, feci in modo di tornare. Credetti di sentire la folle risata del Radioso risuonare in lontananza. Poi mi sembrò che Zeus mi parlasse: — Sì, puoi tornare, Orion. Ci hai servito bene.

Avvertii un istante di freddo tagliente come la lama di una spada, e quando riaprii gli occhi mi ritrovai di nuovo nella grande piramide, nella camera del re.

Madido di sudore, mi appoggiai vacillando contro il sarcofago intagliato d’oro. Ero completamente esausto, corpo e mente. In qualche modo mi trascinai lungo la scalinata di pietra, giù fino alla camera sotterranea in cui Hetepamon aspettava.

Il grasso sacerdote era inginocchiato davanti all’altare di Amon. Aveva acceso tutte le lampade del piccolo sacrario. Un pungente odore di incenso riempiva la stanza, mentre lui mormorava in una lingua che non era l’egiziano corrente.

— … per la salvezza dello straniero Orion, o Amon, io ti prego. Potentissimo tra gli dèi, proteggi questo straniero che rassomiglia al tuo amato Osiride…

— Sono tornato — dissi, appoggiandomi stancamente contro il muro di pietra.

Hetepamon si voltò così rapidamente che perse l’equilibrio e cadde a quattro zampe. Faticosamente, riuscì a mettere in piedi la sua massiccia mole.

— Così in fretta? Sei stato via a malapena un’ora.

Sorrisi. — Gli dèi possono far scorrere il tempo rapidamente, quando vogliono.