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«Ma in questo caso non esiste alcuna consuetudine. Oppure si potrebbe dire che la consuetudine nel lavoro con i satelliti consiste nel fatto che ognuno si sforza di rimanere entro i limiti di peso imposti, come i fantini prima di una corsa. Questo era un caso che esorbitava dalla consuetudine.»

«Eppure non la spunterai.»

«Mi sembra che il CERC si attribuisca la funzione del giudice, della giuria e del boia.»

«Proprio così il governo ha concepito il contratto del CERC vent’anni fa, e in vent’anni, giudice e giuria diventano tutt’uno e riescono a ottenere molte esecuzioni capitali. Vuoi che ti dica come la penso?» disse Isaac Newton. «Non otterrai nulla dal CERC a meno che tu non vada a Canossa vestito con un saio e il capo cosparso di cenere. Quando i burocrati vedranno contorcersi davanti a loro uno scienziato, forse rinunceranno a infierire troppo.»

«Non ho la minima intenzione di fare una cosa del genere! Di che cosa dovrei chiedere scusa? Di aver fatto una grande scoperta senza spendere un soldo? «Loro» sì che spendono milioni, e per ottenere che cosa? Roba che non serve a niente!»

A Isaac Newton non piacque l’osservazione di Mike Howarth a proposito di una «grande» scoperta. Solo uno spostato poteva usare un termine simile. Lui stesso non aveva mai definito «grande» la sua scoperta dei «vacuum strings». Si lascia che lo dicano gli altri, e basta. La denigrazione del CERC non gli dispiacque tanto. Il CERC, Isaac Newton lo sapeva, aveva le mani in pasta praticamente in ogni ramo della vita scientifica inglese, una cosa assolutamente disdicevole. Le aveva in pasta persino nelle nomine alle cariche universitarie. Alla chetichella, naturalmente, non apertamente. Si limitava a un cenno di approvazione, a una strizzatina d’occhio. Isaac Newton era sicuro che la sua recente nomina doveva essere stata approvata dal CERC. Le autorità volevano essere sicure che il CERC lo considerasse una persona «a posto», uno in grado di assicurare all’università ampi finanziamenti per le ricerche.

Il disastro di vent’anni prima, quando il CERC era stato istituito da un governo ingenuo, entrato in azione in seguito a raccomandazioni fatte da consiglieri sprovveduti, aveva ridotto le università a una misera folla di mendicanti, una situazione che era stata evitata nel caso del CERN e che doveva essere semplicemente rovesciata in Gran Bretagna se le scienze fisiche dovevano recitare di nuovo una parte degna di nota.

«Tu devi partire sempre dalla situazione di fatto, non da una situazione come la vorresti tu», disse Isaac Newton all’impulsivo Mike Howarth, seduto con aria depressa, a gambe larghe, accanto al tavolo pieno di materiale scientifico.

«Senza poter fare altre osservazioni, non saprei in quale direzione puntare. L’arrivo della cometa di Halley il prossimo anno era una situazione ideale. Ecco, vedi, stavo impostando tutto il mio lavoro su quella cometa. Poi è comparsa la cometa di Boswell per cui mi è sembrato ragionevole utilizzarla per un’indagine sperimentale. Lo devo solo alla sfortuna se qualcuno ha notato per caso che avevo inserito un’ulteriore lunghezza d’onda nella telemetria.»

«Qualcuno del CERC?»

«E’ poco probabile. Credo che sia stato uno dei gruppi universitari a denunciarmi. Qualcuno tra quella gente è capace di tutto per ingraziarsi il CERC.»

«Vogliamo ricapitolare un po’ tutta la faccenda per vedere se l’ho capita bene? La tua attrezzatura illecita, che compensava il peso che avevi risparmiato rispetto al tuo contratto per la telemetria con il CERC, era concepita per ricevere segnali trasmessi con onde tanto lunghe da riuscire a penetrare la ionosfera» (4).

«Esattamente.»

«Dato che tutte le trasmissioni effettuate dalla terra con la tua lunghezza d’onda restano intrappolate sotto la ionosfera esse non possono raggiungere il tuo satellite.»

«Esattamente.»

«Perciò, se i segnali che tu ricevevi erano di origine umana, essi dovevano necessariamente provenire da un altro satellite.»

«Esatto.»

«Beh, perché no? Intorno alla terra circolano dozzine di satelliti, di cui molti sconosciuti a noi, i satelliti militari, per esempio. Non potrebbe darsi che i segnali da te ricevuti provenissero da uno di essi?»

Mike Howarth prese dal tavolo un foglio.

«Puoi vedere tu stesso. I segnali consistono di punti e linee, un po’ come l’alfabeto Morse, solo che non sembra trattarsi di Morse, per quanto sia in grado di stabilire io. Oggigiorno nessuno si serve di questa specie di trasmissioni. Sarebbe uno spreco.»

«Potrebbe darsi che i militari lo facciano. Quelli non si curano degli sprechi.»

«Per trasmettere con una lunghezza d’onda simile occorre un’attrezzatura molto massiccia.»

«Potrebbe esistere una tecnologia nuova che tu non conosci.»

«Durante ogni orbita, il satellite è entrato nell’ombra della Terra.»

«Relativa al Sole o alla cometa?»

«Alla cometa. Tutte le volte che la terra interrompeva il contatto diretto i segnali cessavano. Per cui un satellite militare, ammesso che ci fosse, avrebbe dovuto seguire un’orbita imitante in qualche maniera quella della cometa.»

«Il che non sembra molto verosimile», convenne Isaac Newton, pensieroso, poi soggiunse: «Ma bisogna tenere naturalmente conto del fatto che sulla Terra capitano talvolta fenomeni estremamente inverosimili».

«Se fossi in grado di dare un’occhiata alla cometa di Halley, credo che potrei rispondere a questo punto interrogativo», esclamò Mike Howarth, pieno di entusiasmo.

«Ne dubito», rispose Isaac Newton in tono asciutto, spegnendo sul nascere la fiammella di speranza accesasi in Mike Howarth. «Non esiste alcun mezzo per acquisire l’assoluta certezza in questo genere di discussioni basate su indizi. Ciò che devi fare è stabilire esplicitamente qualcosa, calcolare con precisione qualcosa oppure, naturalmente, decifrare questi punti e queste linee. Hai provato?»

«Ho provato a dare un’occhiata, ma non sono andato molto lontano. Uno dei guai consiste nel fatto che il numero dei dati interpretabili è molto ridotto. Per parecchio tempo, il segnale è rimasto debole. Benché le pulsazioni siano certamente regolari, non è semplice stabilire quali di esse siano punti e quali linee; sembra un messaggio in alfabeto Morse, ma confuso.»

«Mi puoi far vedere qualche registrazione tipica?»

«Sì, devo averne qualcuna.»

Mike Howarth si mise a cercare con gesti nervosi tra le carte sparpagliate, scegliendo finalmente un foglio che consegnò a Isaac Newton insieme a un foglio di dati chiari, dicendo: «Come vedi, c’è una bella differenza».

Invece di accontentarsi di una semplice occhiata ai fogli, Isaac Newton prese una lente di ingrandimento dalla scrivania e si mise a studiare le registrazioni per lungo tempo. Alla fine si appoggiò allo schienale della poltrona e disse in tono deciso: «Questi dati potrebbero essere resi molto più intelligibili applicando una tecnica computerizzata più appropriata. Nei programmi di cui ci serviamo al CERN, il computer comincia con i dati migliori. La macchina legge la lunghezza e la forma. Poi passa ai dati un tantino meno chiari che corregge alla luce delle esperienze raccolte fino a quel momento. Fatto questo passa ai dati meno intelligibili e così via, continuando a imparare e a correggere. Sai di che cosa sto parlando, no? Hai provato?»

«Ci vorrebbe un computer più grosso di quello che abbiamo qui a Cambridge. Se chiedessi un finanziamento per farlo altrove — beh, prima di tutto ci vorrebbe un mucchio di tempo e d’altra parte posso immaginare che cosa risponderebbe il CERC a una mia richiesta di finanziamento. Inoltre dovrei consegnare probabilmente i dati ed è proprio ciò che non farò. Se debbo soffrire a causa loro, me li tengo.»

«Potrei farlo fare al CERN. Saresti disposto a passarmeli?»