Il ritorno della sua guida interruppe l’osservazione della mappa. — Di qui. — E indicò la zona più lontana della tenda.
— Questo è lui? — Un uomo alzò lo sguardo da un mucchio di carte sparse sulla scrivania; aveva gli occhi umidi, circondati da antichi occhiali rotondi e sbatté le palpebre. File di armadietti e cassetti semiaperti, straripanti di fogli, formavano una specie di confine a “L” sulla piccola piattaforma. — Tu sei Axxter? — Gli chiese puntandogli contro una biro.
Il vecchio guerriero lo spinse avanti. Qualcuno con un’uniforme nera rifinita in metallo e cuoio gli lanciò uno sguardo da uno dei cassetti. Il viso sottile dell’uomo osservava impassibile la scena che aveva di fronte.
— Uhm… già. Sì, esatto. — Egli riconquistò il suo eqilibrio e annuì. — Sono venuto… il più presto possibile. — Notò che stava agitando nervosamente una mano: l’afferrò con l’altra e le nascose entrambe dietro la schiena. — Quando ho ricevuto la vostra chiamata dal mio agente, come sapete, ero molto lontano da…
— Siediti. — La penna indicò una sedia vicino alla scrivania. — Mi spiace farti aspettare, ma le cose sono nel loro solito stato di caos qui intorno. — Un sorriso, o qualcosa di molto simile, mentre le mani dell’uomo tornavano a rovistare nel mucchio di documenti.
Da dove si trovava Axxter, quelle carte sembravano conti da pagare, lunghe liste di voci, spese e ricevute, il resoconto di un grosso giro di affari. Il piccolo uomo dietro alla scrivania — poteva vedere la sua testa dall’alto, piegata sulle carte — doveva essere un tipo molto concreto, incapace di pensare senza avere davanti qualcosa di solido. — Quando incontrerò il Generale?
Quello sguardo umido si alzò ancora verso di lui. — Io sono il Generale.
Senza guardarsi intorno, sentì il sorriso dell’uomo che indossava l’uniforme. E fu una sensazione spiacevole; il suo volto era abbastanza sgradevole da essergli rimasto impresso.
— Oh, mi dispiace.
— Aspetta solo un altro po’, poi ci occuperemo di affari. D’accordo?
— Certo. Nessun problema. — Si tolse la borsa dalla spalla e la mise per terra. — Fate con calma. — Taci, si ordinò.
L’Uniforme Nera chiuse una fila di cassetti. Axxter udì i passi dei suoi stivali alle sue spalle e la sua voce bassa, interrotta dalla risata goffa del vecchio guerriero, che si allontanava lungo una passerella. Allora, il silenzio della tenda fu rotto solo dal rumore della penna del Generale.
— Ecco. — Il Generale sistemò una fila di documenti in uno dei contenitori di metallo sulla scrivania. — Che male al culo! — Ancora quel sorriso sul suo viso rosa. — Non puoi credere alla quantità di lavoro che devo fare.
Axxter fece un piccolo rumore con la bocca. — Già, dev’essere dura. — Chi è questo qui? Dev’essere stato inviato dall’unità delle fighettine della Folla Devastante. Non sarà facile escogitare qualcosa di duro per un tipo così deboluccio e mite.
— Un goccio? — E tirò fuori una bottiglia dall’ultimo cassetto della scrivania. Il Generale Cripplemaker faceva dondolare due bicchieri con l’altra mano.
— Certo… grazie. — Axxter sorseggiò con cautela. Un leggero calore gli scese lungo la gola. Ne fu deluso: aveva bevuto roba più forte quando si trovava ancora sull’orizzontale. Bevve ancora e si appoggiò allo schienale della sedia.
— Già, un attimo di calma. — Cripplemaker si allungò sulla sedia e appoggiò il bicchiere sullo stomaco. — Sai, Axxter… o meglio, Ny, esatto? Bene, sai Ny, io voglio che tu ti avvicini a questo lavoro in modo… rilassato. Capisci cosa voglio dire? — Bevve metà del liquore e gesticolò col bicchiere facendosi cadere il liquido rimasto sulla mano. — So che a volte la gente diventa un po’… nervosa quando si trova in una situazione simile.
Axxter si strinse nelle spalle. — Già… be’…
Il Generale mise una cartelletta sulla scrivania. — Mi è stata data una documentazione completa. Su di te, Ny — e sbatté ancora gli occhi sorridendo. — Questo è un passo importante per te, non è vero? Voglio dire, queste piccole tribù di stronzetti ti hanno dato filo da torcere in passato.
Il calore gli era arrivato allo stomaco e si dipanava lungo la spina dorsale. — Oh, qualcuno non era poi così male. — Axxter bevve ancora. Il Generale prese la bottiglia e versò ancora.
— Bene, noi tutti dobbiamo cominciare in piccolo, vero? Mi ricordo… è da molto che sto con la Folla Devastante, sai. — Il suo sguardo oltrepassò Axxter e si perse nel vuoto, meditabondo. — E ancora prima stavo coi vecchi Danze e Rumori… ero stato reclutato personalmente da uno dei fratelli dei Barattoli. — Bobo in persona… che personalità aveva! — Gli occhi umidi del Generale brillarono. Con una mano se li asciugò entrambi.
Merda. Imbarazzato, Axxter guardò il fondo del suo bicchiere vuoto. Per la prima volta notò le rughe sul piccolo viso rosa dell’uomo, una fine ragnatela dietro agli occhiali. Quel povero vecchio… da che razza di gente mi ha mandato Brevis? I Danze e Rumori… il vecchio Bobo… i Barattoli… storia antica… scarse possibilità di elaborarla per progettare dei simboli interessanti.
— Ti sto probabilmente annoiando. — Cripplemaker si riempì di nuovo il bicchiere. — I miei ardori di gioventù. — La sedia scricchiolò quando si girò per guardare Axxter. — Ti ho raccontato abbastanza. Torniamo agli affari. — Si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulla pigna di carte sulla scrivania. — Sai perché abbiamo voluto che tu venissi qui. Abbiamo visto un po’ del tuo materiale; pensiamo che tu possa avere quello che cerchiamo.
— Bene… farò del mio meglio.
— No, no; farai molto di più, Ny. Vogliamo che tu superi te stesso. Vogliamo qualcosa di grandioso.
Vecchio pazzo furioso. Che cazzate mi tocca sentire. — Cos’è questa merda? — Si rese conto di essere ubriaco. Incredibile! Non quanto fosse ubriaco, ma come avesse potuto diventarlo bevendo così poco. Come se quel liquore si fosse scatenato, una volta entrato nel suo corpo, e avesse liberato una sostanza volatile pronta a prendere fuoco. E, incredibilmente, egli aveva permesso che gli succedesse una cosa simile in un luogo come quello, tanto pericoloso. Con quelle tribù militari non si doveva scherzare, in nessun momento. Bisognava tenere all’erta tutte le difese, e comportarsi in modo tale da non causare nessun casino. Ma lui ce l’aveva messa tutta per cacciarsi esattamente nella situazione opposta. Perché non vado a farmi fottere ogni tanto? Quella era un’intossicazione di pericolo. Una pessima posizione in cui trovarsi. È incredibile: lo sai, eppure non sei riuscito a comportarti diversamente. — Voglio dire, cosa volete di preciso da me?
— Adesso, adesso. Calmati. Volevo solo creare un’atmosfera amichevole, a livello personale. Ma vedo che sei un tipo a cui non piace perdere tempo. Ammiro questa dote — Cripplemaker avvicinò la faccia a quella di Axxter. — Abbiamo intenzione di iniziarti con qualcosa di importante. Per vedere come te la cavi. Abbiamo bisogno di una nuova icona.
— Davvero? Di che tipo? Voglio dire… avete bisogno di qualcosa che debba andare bene a livello corporativo, cioè per tutta la Folla, oppure qualcosa solo per la vostra divisione? — Axxter faceva scorrere il bicchiere vuoto tra i palmi delle mani. Metà del suo cervello gli faceva muovere la bocca e l’altra metà cercava nel suo archivio del materiale adatto a quella situazione. — E stiamo parlando di un’insegna di battaglia? O di qualcosa per le parate formali? Materiale sanguinario, oppure destinato alle pubbliche relazioni? È molto diverso.