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— Molto bene, dolcezza — Una voce maliziosa provenne dall’alto. — Continua a tenerti ben stretto e noi verremo a prenderti. E poi… poi faremo una bella festicciola. Sarà divertente, non è vero?

Axxter guardò in alto, verso il bordo della piattaforma. Un paio di guerrieri erano già arrivati alla prima giuntura della struttura. Quella vista gli fece passare la paura del vuoto, ma la sostituì con il terrore d’essere acciuffato. Con i palmi umidi allentò la presa, abbastanza per poter scivolare in basso verso il muro.

Gli appigli si muovevano automaticamente, compensando la sua goffaggine; le corde di sicurezza degli stivali abbandonarono la struttura per aggrapparsi al muro quando ancora si trovava a un metro di distanza. Vi si aggrapparono saldamente e si accorciarono in modo da avvicinarlo velocemente al muro e permettere anche alle corde della cintura di agganciarsi — a tutte, tranne a quella recisa dal coltello, che ora svolazzava inutilmente in giro: così sarebbe stato ben ancorato all’edificio. Stava per scendere dalla struttura, quando sopra la sua testa sentì i pesanti stivali dei guerrieri che si muovevano sul metallo, mentre parlavano e si urlavano frasi a vicenda. Si appiattì contro il muro e il suo peso morto azionò la discesa a doppia corda dei suoi appigli: durante quella caduta controllata acquistò velocità e la frizione gli bruciò una guancia.

Un’apertura: le sentinelle che c’erano all’entrata principale dell’accampamento avevano abbandonato le loro postazioni. Probabilmente quando era scoppiato quel gran casino nella tenda, pensò Axxter. Non volevano perdersi la festa. Rallentò il movimento veloce delle corde d’aggancio, usando se stesso come freno contro il muro. Aveva già individuato il luogo in cui aveva lasciato la Norton. Un sospiro di sollievo: la moto avrebbe potuto essersi allontanata per cercare vegetali da ingurgitare per la normale trasformazione in carburante. I guerrieri della Folla gli sarebbero stati addosso prima che il suo fischio potesse richiamare la Norton.

S’arrampicò sul sidecar e poi balzò sul sedile, mentre le cinture di sicurezza lo bloccavano al suo posto. Pregava più ardentemente del solito, mentre infilava la chiave nell’accensione e metteva in moto. Il motore tossì, scoppiettò… in agonia; le urla dei guerrieri risuonavano sopra di lui… poi finalmente, con un rombo, la Norton si accese.

Axxter si precipitò verso il basso, come se fosse in caduta libera e diede gas per andare ancora più in fretta. Il vento faceva del suo viso una maschera rigida e le labbra erano del tutto esangui. Si abbassò dietro il manubrio, appoggiando il petto contro l’indicatore del livello di carburante. Guardò verso il basso, verso le nuvole. La velocità gli fece venire le vertigini, mentre l’aria che lo colpiva alla gola gli pompava sangue nelle orecchie che gli rimbombavano. Non era mai andato così forte; ne aveva sempre avuto troppa paura. Ma ora… — Non ho mai, mai avuto abbastanza paura. — La realizzazione gli attraverò in un lampo la mente e poi scomparve in una spirale.

Si guardò alle spalle, al di là della curva della sua spina dorsale e del paraurti posteriore della Norton. E li vide, sul muro: i guerrieri della Folla Devastante, una squadra armata per la caccia. Avevano probabilmente impiegato mezzo minuto a organizzarsi, scegliendo un capo, l’equipaggio e urlandosi a vicenda strategie; poi avevano agguantato i veicoli più veloci e si erano tuffati all’inseguimento del loro bersaglio, della gola che volevano tagliare, degli arti che volevano strappare e su cui volevano poi danzare. Era troppo distante per vederne i volti, ma Axxter sapeva che erano sogghignanti.

Calma, calma; devi solo riuscire a pensare. Pensare… Strinse i denti contro il vento freddo, ordinando al suo cervello di concentrarsi. Immagina…

Un brivido scosse la Norton e gli fece tremare le mani. Le corde d’aggancio fuoriuscirono confusamente dal mozzo della ruota anteriore, si fissarono al cavo di transito, poi si sganciarono. Axxter si girò verso la Watson. Il sidecar si era sollevato dal muro, svolazzando a qualche centimetro dalla superficie. Di tanto in tanto, la sua unica ruota colpiva la superficie metallica, producendo un’esplosione di scintille.

Axxter sbatté gli occhi e guardò il contachilometri. I numeri nel quadrante in alto a sinistra stavano ancora aumentando, mentre l’ultima cifra scorreva così velocemente che non era neanche leggibile. Davanti ai suoi occhi comparve una scritta. CI STIAMO AVVICINANDO AL LIMITE DI ADESIONE.

Era l’ultima delle sue preoccupazioni: i dispositivi della moto erano programmati per impedire alla macchina di staccarsi dal muro per l’alta velocità. Finché fosse riuscito ad andare così velocemente e a distanziare i veicoli che lo inseguivano…

Che tipo di veicoli erano? Chiuse gli occhi, lasciando che la Norton accelerasse da sola lungo il cavo, mentre cercava di ricordare quelli che aveva visto all’accampamento. Soprattutto tricicli d’attacco, grandi veicoli armati; poteva distanziarli facilmente: erano costruiti per combattere non per gareggiare. Grandi mezzi da trasporto, con portabagagli capienti… non costituivano un problema.

E ricognitori. Merda… si era quasi dimenticato quei piccoli levrieri, delle Guzzi spartane, ma con i motori truccati. Quelli avrebbero guidato il gruppo, divorando la distanza tra loro e la Norton, più accessoriata.

Se le avessero avute pronte… se ne avessero dotata una di qualche arma… Il loro valore militare stava proprio nella velocità: penetravano nel territorio nemico per una veloce ricognizione e poi ne uscivano altrettanto rapidamente; di solito non avevano armi, erano leggere e veloci.

Doveva riuscire a scoprire che tipo di veicolo lo stesse inseguendo. Se l’avesse saputo, avrebbe potuto escogitare una strategia e una rotta di fuga. E il territorio… devo sapere, devo sapere. I pensieri gli turbinavano nella mente.

E doveva capire cosa ci fosse davanti a lui… sì, anche quello. Non poteva continuare a scendere lungo il muro per sempre, anche se quelli non fossero mai riusciti a raggiungerlo. Le nuvole: quando le avrebbe raggiunte avrebbero significato il nulla; il grande Nulla, il luogo che ingoia quelli che hanno fatto il grande passo, li ingoia e poi li lascia cadere. Ci sarebbe arrivato piuttosto in fretta in quel modo; nessuno era così stupido da dare gas per arrivarci ancora più velocemente.

Il vento gli era penetrato nella giacca, raffreddandolo. Socchiuse gli occhi, e cercò di ricordare, di ricostruire a memoria una mappa. Lungo il muro verso sud, partendo dall’accampamento della Folla… qualcuno… qualche tribù che non fosse alleata con la Folla, con sufficienti coglioni o legata da trattato all’Atroce Amalgama… qualunque cosa che lo aiutasse a liberarsi di quella massa armata alle sue spalle… se solo fosse riuscito ad arrivare in un posto simile…

Sarebbe stato perfetto, se il cavo a cui era fissata la Norton l’avesse condotto lì. Qualche gruppo che davvero odiasse la Folla Devastante, che si facesse una bella risata pensando a quello che era successo al banchetto, che gli offrisse riparo fino a quando lui non fosse riuscito a pensare bene a cosa fare, a dove andare. Il vento gli faceva lacrimare gli occhi, segnandogli il viso fino alla mascella, mentre Axxter stringeva i denti e sperava.

Non riesco a ricordare un cazzo… Sapeva che non gli sarebbe servito a molto nemmeno se ci fosse riuscito: era rimasto all’accampamento della Folla abbastanza a lungo perché le cose fossero cambiate in quel settore del muro: le tribù potevano aver trasferito le postazioni. Continuò a tenere la testa bassa, riflettendo, senza prestare attenzione ai ricordi di chiacchiere e pettegolezzi sugli itinerari dei liberi professionisti. Qualsiasi cosa fosse riuscito a ricordare sarebbe stata ormai vecchia, inutile.

Avrebbe dovuto chiamare la Chiama Ricevi, pagare l’agenzia per avere una mappa aggiornata e poi pagare anche un extra perché quelle informazioni fossero ad alta affidabilità. Anche con una banda di assassini alle calcagna il pensiero di una tale parcella lo fece esitare. Se ci fosse stato qualunque altro modo…