«Non è giusto, io continuerò a ripeterlo.»
«Che cos'è giusto?» Sol le sorrise. «Calmatevi. Voi avete la vostra giovinezza, la vostra bellezza, bevete e mangiate regolarmente. Di che cosa vi lamentate?»
«Di nulla, effettivamente.» Gli sorrise. «Solo che… mi fa tanta rabbia che Andy lavori sempre per difendere della gente che neppure lo sa o se ne infischia.»
«Non si può pretendere la gratitudine; ma lo stipendio sì. E quello è un mestiere.»
Sol tirò fuori la bicicletta senza ruote e collegò i fili del generatore agli accumulatori posti sopra il frigorifero. Shirl spinse la sua sedia presso la finestra e aprì il suo astuccio sul davanzale. Alle sue spalle il gemito incerto del generatore salì fino a un ululato acuto. Spinse indietro le pelli delle unghie col bastoncino di legno d'arancio. Era una giornata soleggiata ma non afosa, e l'autunno si annunciava bello. C'era il problema dell'acqua, ma quello si sarebbe appianato. Aggrottò le ciglia mentre guardava davanti a sé i tetti e gli alti edifici, conscia solo in parte dell'incessante rumore lontano della città, punteggiato dagli strilli vicini dei bambini.
A parte la faccenda dell'acqua, tutto andava bene. Ma, cosa strana, anche sapendo che tutto andava bene, le rimaneva addosso quel nodo di ansietà, quell'irritante sensazione di inquietudine che non spariva.
PARTE SECONDA
CAPITOLO PRIMO
«Tutti dicono che è l'Ottobre più freddo che vi sia mai stato. Io non ne ricordo di peggiori. Anche la pioggia. Mai così abbondante da riempire i serbatoi o altro; ma sufficiente a inzupparvi e a farvi sentire di più il freddo. Non è vero?»
Shirl annuì. Non ascoltava le parole, ma dal tono ascendente della voce capì che la donna le aveva fatto una domanda. La coda delle persone si mosse in avanti e lei fece un passo di più dietro la donna che le aveva parlato, un fagotto senza forma di abiti pesanti ricoperti da un vecchio impermeabile di plastica annodato in vita con una corda. Sembrava un sacco, un sacco voluminoso. Non che io abbia un aspetto migliore, pensò Shirl tirandosi sul capo un lembo della coperta che l'avviluppava, per meglio proteggersi dalla pioggerella persistente. Non c'era da aspettare tanto, ora che poche decine di persone soltanto la precedevano nella fila. Ma la sosta era durata più di quanto avesse previsto. Era quasi buio. Una luce era stata accesa sull'autobotte. Faceva luccicare i suoi fianchi neri e illuminava la cortina di pioggia. La coda si mosse ancora, e la donna che precedeva Shirl fece un passo avanti, tirandosi dietro il bambino, un mucchietto di cenci, informe come sua madre, col viso nascosto da una sciarpa annodata e che piagnucolava senza posa.
«Smettila,» disse la donna. Si voltò verso Shirl, il suo viso gonfio pareva una specie di tumefazione rossa intorno all'apertura scura della bocca quasi interamente sdentata.
«Piange perché è stato dal medico. Crede che sia una malattia ma è solo il kwash.» Prese la mano gonfia del bambino. «Si vede quando gli si gonfiano le mani e gli escono delle macchie scure sulle ginocchia. Ho fatto due mesi di anticamera all'ospedale di Bellevue per vedere un dottore che mi ha detto ciò che sapevo già. Ma è l'unico modo di farsi firmare il libretto. E così ho ottenuto una razione di burro di arachidi. Mio marito ne va pazzo. Abitiamo nello stesso isolato, non è vero? Credo di avervi già vista…»
«26a Strada,» disse Shirl, svitando il tappo del suo bidone e infilandolo nella tasca del cappotto. Si sentiva tutta gelata. Era certa di aver preso freddo.
«Difatti, sapevo che eravate voi. Aspettatemi un momento, torneremo insieme. Si fa tardi e ci sono in giro tanti malintenzionati che vi ruberebbero l'acqua senza tanti complimenti. La rivendono poi. La signora Ramirez, nel mio caseggiato (è una straniera, ma tanto brava, sapete, la sua famiglia abitava lì sin dalla seconda guerra mondiale), ebbene si è presa un pugno in un occhio ed è tanto gonfio che non ci vede più, e ha anche perso due denti. Un ragazzaccio l'ha picchiata con una mazza e le ha portato via l'acqua.»
«Sì, vi aspetterò, è una buona idea,» disse Shirl che a un tratto si sentì molto sola.
«Tessere!» disse il poliziotto di servizio e lei gli porse la sua, quella di Andy e quella di Sol. Le alzò per vederle meglio nella luce, poi gliele restituì. «Sei quarti,» disse l'uomo che manovrava le valvole.
«Ma non è la quantità giusta!» disse Shirl.
«Razione ridotta oggi, signora. Avanti, muovetevi, c'è un sacco di gente che aspetta.»
Shirl alzò il suo bidone e l'addetto alla fontana vi infilò un imbuto e lo riempì d'acqua. «Al prossimo!» gridò.
Il bidone gorgogliava mentre lei camminava, ed era tragicamente leggero. Andò ad aspettare vicino al poliziotto dove la raggiunse la donna con il bambino da una mano, la latta da cinque galloni dall'altra, che pareva piena. Doveva avere una famiglia numerosa.
«Andiamo,» disse la donna, e il bambino si faceva trascinare, miagolando piano, attaccato alla sua mano.
Mentre si allontanavano dal binario morto della ferrovia della 12a Strada, il buio si accentuò, la pioggia oscurava la scarsa luce del giorno. Gli edifici erano quasi tutti dei vecchi magazzini e delle vecchie officine, dagli alti muri ciechi che nascondevano gli inquilini rifugiatisi all'interno. I marciapiedi erano bagnati e deserti. La luce più vicina era a un isolato di distanza.
«Mio marito mi dirà di tutto quando mi vedrà arrivare così tardi,» disse la dorma mentre voltavano l'angolo. Due persone bloccarono il marciapiede piantandosi davanti a lei.
«Dateci l'acqua,» disse quello più vicino, e la luce lontana si rifletté sul coltello che teneva in pugno.
«No! Vi prego, no!» implorò la donna, e faceva oscillare la sua latta dietro di sé, lontano dalle loro mani. Shirl si appiattì contro il muro e quando quei due avanzarono, vide che erano giovani, dei ragazzi. Ma avevano un coltello.
«L'acqua!» disse il primo, appoggiando il coltello sulla donna.
«Eccola!» urlò, facendo oscillare il bidone come un peso in cima al braccio. Prima che il ragazzo potesse evitarlo, il bidone lo colpì in pieno su un lato della testa, e cadde in terra, urlando. Il coltello era volato per aria. «Anche tu ne vuoi?» gridò avanzando verso il secondo ragazzo. Quello era disarmato.
«No, io non voglio guai,» pregò. Tirò l'altro per il braccio, poi indietreggiò vedendola avvicinare. Quando lei si chinò a raccogliere il coltello, il ragazzo riuscì a fare alzare il compagno e a trascinarlo oltre l'angolo. Tutto si era svolto in pochi secondi, e Shirl era sempre rimasta addossata al muro, tremante di paura.
«Non se l'aspettavano, eh?» disse trionfante la donna, alzando il vecchio coltello per ammirarlo. «Questo mi sarà più utile che a loro. Sono proprio dei novellini, dei ragazzi.» Era eccitata e felice. In tutto quel tempo non aveva mai mollato la mano del suo bambino che ora piangeva più forte.
Non vi furono altri intoppi e la donna accompagnò Shirl sino alla sua porta. «Grazie moltissimo,» disse Shirl, «non so che cos'avrei fatto…»
«Nessun disturbo,» disse sorridendo la donna. «Avete visto come l'ho conciato?… E chi ha il coltello, ora?» Si allontanò zampettando con il bidone pesante in una mano, il bambino dall'altra. Shirl entrò in casa.
«Dove sei stata?» chiese Andy quando spinse la porta dell'ingresso. «Mi stavo chiedendo che cosa ti fosse capitato.»
Faceva caldo nella stanza, c'era un odore di fumo stantio e lui e Sol sedevano vicino al tavolo con un bicchiere in mano.
«È stato a causa dell'acqua. La coda era lunga quanto un isolato. Mi hanno dato solo sei quarti, le razioni sono state ridotte ancora una volta.» Vide il suo sguardo cupo e decise di non raccontargli nulla dell'incidente occorsole al ritorno. Si sarebbe doppiamente irritato e lei non voleva che questo pasto fosse turbato.