«Ma di che cosa stai parlando?» chiese Andy che ascoltava con un orecchio solo.
«Del controllo delle nascite, ecco di che cosa si tratta. Stanno finalmente arrivando ad autorizzare legalmente delle cliniche che saranno aperte a tutte le donne, sposate o no, e a rendere obbligatoria per legge l'istruzione delle madri sul controllo delle nascite. Caro mio, ne sentiremo delle belle quando i puritani se ne accorgeranno.»
«Non ora, Sol. Sono stanco. Non ha detto niente Shirl, quando sarebbe tornata?»
«Mi ha detto solamente ciò che ti ho riferito…» si fermò e prestò attenzione a un rumore di passi che proveniva dal corridoio. I passi si fermarono e vi fu un leggero bussare alla porta.
Andy vi arrivò per primo, precipitandosi sulla maniglia e aprendo la porta con uno strappo.
«Shirl!» gridò. «Stai bene? Non hai nulla?»
«Certo che sto bene.»
La strinse a sé quasi soffocandola. «Con tutti quei tumulti in città, non sapevo che cosa pensare,» disse. «Sono anch'io tornato poco fa. Dove sei stata? Cosa ti è successo?»
«Volevo soltanto uscire un po'. Tutto qui.» Arricciò il naso. «Che cos'è, questo strano odore?»
Andy fece un passo indietro, allontanandosi da lei. La rabbia stava salendo in lui, superando la sua stessa stanchezza. «Ho respirato un po' del mio stesso gas lacrimogeno e ho vomitato. È difficile far scomparire l'odore. Cosa vuoi dire? Perché volevi uscire un po'?»
«Lascia che mi tolga il soprabito.»
Andy la seguì nell'altra stanza e chiuse la porta dietro di sé. Shirl estrasse dalla borsa un paio di scarpe dal tacco alto e le ripose nell'armadio. «Ebbene?» disse lui.
«Tutto qui, non è poi tanto complicato. Mi sentivo intrappolata qui dentro, con la mancanza di cibo, il freddo, e tutto il resto e tu che non ti fai mai vedere; ero scontenta perché avevamo litigato. Nulla pareva andare per il verso giusto. Allora ho pensato di vestirmi e recarmi in uno di quei locali dove avevo l'abitudine di andare, bermi una tazza di kofee o qualcosa del genere. Forse mi sarei sentita meglio dopo. Era per tirarmi su di morale, capisci?»
Shirl lanciò uno sguardo al suo volto impassibile, poi distolse subito gli occhi.
«Poi che cos'è successo?» chiese.
«Senti, io non sono qui al banco degli accusati, Andy. Perché prendi quel tono da tribunale?»
Le voltò le spalle e si mise a guardare fuori dalla finestra.
«Non ti accuso di nulla, ma… sei rimasta fuori tutta la-notte, come vuoi che la pensi, io?»
«Insomma, tu lo sai che cosa c'è stato ieri. Avevo paura di tornare a casa. Ero da Curley's…»
«Lo spaccio clandestino di bistecche?»
«Sì, ma se non si mangia nulla non è un locale caro. È soltanto il cibo che costa, non le bibite. Lì ho incontrato della gente che conoscevo, abbiamo chiacchierato. Loro andavano a una festa e mi hanno invitata. E così li ho accompagnati. Abbiamo visto il telegiornale e le sommosse e nessuno aveva più voglia d'uscire. Allora la festa è proseguita. Tutto qui. Un sacco di gente si è trattenuta per tutta la notte, e ho fatto così anch'io.» Fece scivolare il suo vestito e lo appese nell'armadio, poi infilò un paio di pantaloni di lana e un golf pesante.
«Hai fatto solo questo? Passato la notte?»
«Andy, sei stanco. Perché non vai a dormire? Ne riparleremo in un altro momento.»
«Voglio parlarne adesso.»
«Ti prego, non c'è altro da dire.»
«Sì, c'è dell'altro. Di chi era l'appartamento?»
«Di una persona che non conosci. Non è un ex-amico di Mike, solo uno che incontravo nelle feste.»
«Uno…» Il silenzio si fece lungo, lungo, finché la domanda di Andy lo infranse. «Hai passato la notte con lui?»
«Lo vuoi proprio sapere?»
«Certo che lo voglio sapere. Perché te lo chiederei, allora? Hai dormito con lui, vero?»
«Sì.»
La calma della sua voce, la rapidità della risposta lo sconcertarono. Era come se avesse fatto la domanda con la speranza di sentire una risposta diversa. Cercò le parole giuste per esprimere ciò che provava e riuscì solo a dire: «Perché?»
«Perché?» Quella parola diede la stura a tutta la sua rabbia fredda. «Perché? E che altra scelta avevo? Avevo cenato con lui, bevuto con lui, dovevo pur pagare la mia parte. E con che cosa posso pagare se non…»
«Basta, Shirl, tu sei…»
«Sincera, ecco che cosa sono. E tu mi lasceresti abitare qui con te se non venissi a letto con te?»
«Ma questo è diverso.»
«Davvero?» Cominciò a tremare. «Andy, io spero che lo sia, lo spero proprio, ma non capisco più nulla. Io vorrei tanto che noi due fossimo felici. Non so perché litighiamo, non è questo che voglio. Ma le cose vanno sempre tutte storte. Se tu fossi qui qualche volta, se fossimo più spesso insieme…»
«Ne abbiamo parlato l'altra sera. Io ho il mio lavoro, che cosa posso fare?»
«Niente purtroppo, niente…» Intrecciò le dita per fermare il tremito delle mani. «Va' a letto, ora, hai bisogno di sonno.»
Shirl andò nell'altra stanza e lui non si mosse finché non udì lo scatto della porta che si chiudeva. Stava per seguirla, poi si fermò e sedette sull'orlo del letto. Che cosa le poteva dire? Lentamente si tolse le scarpe e si sdraiò tutto vestito sul letto, tirandosi addosso la coperta.
Nonostante la sua immensa stanchezza gli ci volle un bel po' di tempo prima di prender sonno.
CAPITOLO QUARTO
Poiché molti non amano alzarsi quando ancora fa buio, la fila del mattino per la razione d'acqua era sempre la meno lunga del giorno. Eppure vi era un certo numero di persone, quando Shirl prese il suo posto nella fila, arrivando di corsa affinché nessuno la molestasse. Quando il suo turno fosse arrivato, il sole più alto avrebbe reso le strade più sicure. Inoltre, lei e la signora Miles avevano preso l'abitudine di ritrovarsi ogni giorno alla fontana. Chi arrivava per prima, teneva il posto all'altra, poi tornavano insieme a casa. La signora Miles aveva sempre con sé il ragazzino che pareva tuttora malato di kwash. Probabilmente il marito aveva più bisogno del bambino della dieta proteinica. La razione d'acqua era stata aumentata. Era una notizia tanto gradita che Shirl cercava di dimenticare il peso dei bidoni e la schiena che le doleva nel salir le scale. Ci si poteva persino lavare. La riapertura dei serbatoi era prevista per metà novembre e questa data non era lontana. Oggi, come la maggior parte degli altri giorni, Shirl tornò a casa prima delle otto, e quando arrivò nell'appartamento, vide che Andy era già vestito e pronto per uscire.
«Parlagli tu, Shirl,» disse Andy. «Diglielo che si comporta da testone. Dev'essere la vecchiaia.» La baciò prima di uscire.
Erano trascorse tre settimane da quando avevano litigato e a prima vista tutto sembrava essere tornato come prima; ma, sotto, qualcosa era cambiato, quel senso di sicurezza, o forse di affetto, era in parte scomparso. Non ne parlavano mai.
«Che cosa c'è?» chiese, togliendosi i primi strati degli indumenti con i quali si era infagottata. Andy si fermò nel vano della porta.
«Chiedilo a Sol, sono sicuro che sarà felice di raccontarti tutto nei minimi particolari. Ma quando avrà finito di parlare, ricordati di una cosa sola: che sbaglia.»