Attraversò la 20a Strada sotto l'autostrada sopraelevata e si portò fino alla banchina n. 61. Il capannone sulla banchina era pieno di gente, non osò attraversarlo. Ma vi era una leggera sporgenza all'esterno del capannone, sopra le palafitte e lui la conosceva bene, sebbene fosse la prima volta che si inoltrava di notte su quel passaggio reso scivoloso dalla neve bagnata. Costeggiò il fabbricato a tastoni, col dorso appoggiato al muro. Udiva, di sotto, lo sciabordio dell'acqua sulle palafitte. Se fosse caduto in mare non vi era alcun modo di tornare sul molo. Era una morte gelida, bagnata. Tremante dal freddo, spinse un piede in avanti e quasi inciampò in un grosso cavo d'ormeggio. Sopra di lui, quasi invisibile, si ergeva la murata della nave più avanzata fra quelle che formavano la Shiptown. Era la strada più lunga per recarsi sulla Columbia Victory e quindi la più sicura. Non c'era nessuno in vista, mentre s'infilava sulla passerella e giungeva in coperta.
Nell'attraversare la città galleggiante, Billy improvvisamente ebbe la sensazione che tutto sarebbe andato bene. Il tempo era dalla sua, la neve cadeva più forte che mai, lo avviluppava e lo proteggeva. Le navi erano deserte, nessuno fuori dal proprio alloggio, nessuno a vederlo passare. Se l'era immaginata così, si era preparato da tanto tempo a questa incursione notturna. Se avesse usato il solito passaggio, la gente lo avrebbe udito mentre cercava di svegliare qualcuno dei suoi; ma non era così stupido. Quando fu in coperta si fermò e prese dalla tasca una treccia di filo metallico che si era fabbricato alcune settimane prima, annodando i fili di contatto di mezza dozzina di vecchie auto. All'estremità del filo vi era un grosso bullone. Lo fece scendere con cautela fino all'altezza della finestra dello scomparto dove dormiva sua madre. Poi lo fece oscillare avanti e indietro, facendolo battere piano sull'asse di legno che teneva chiuso l'oblò. Il leggero rumore era attutito dalla neve nell'aria, si perdeva quasi fra gli scricchiolii e il tintinnio della flotta all'ancora. Ma nella stanza avrebbe echeggiato tanto forte da svegliare qualcuno.
Un minuto dopo che aveva cominciato a bussare, udì un rumore sotto di sé e l'asse si mosse, poi scomparve all'interno. Tirò su il filo mentre qualcuno si affacciava al finestrino.
«Che cos'è? Chi è?» sussurrò la voce di sua sorella.
«Il fratello maggiore,» rispose sibilando, in Cantonese. «Apri la porta e fammi entrare.»
CAPITOLO NONO
«Sono così addolorata per Sol,» disse Shirl. «Mi sembra tutto così crudele.»
«Non ti crucciare,» rispose Andy, tenendola stretta contro di sé nel tepore del letto e baciandola. «Non credo che quell'idea lo rendesse infelice come lo sei tu ora. Era vecchio, durante la sua vita aveva visto e fatto un sacco di cose. Per lui la vita esisteva solo nel passato e non credo fosse molto soddisfatto del mondo d'oggi, così com'è. Oh, guarda: c'è il sole. Credo che abbia smesso di nevicare, e il tempo si è rischiarato.»
«Ma morire così è una cosa tanto inutile. Se non fosse andato a quella dimostrazione…»
«Su, Shirl, non ricominciamo. Ciò che è fatto è fatto. Perché non pensi ad oggi? Te lo immagini Grassy, che mi ha dato una giornata di licenza per pura compassione?»
«No. È un uomo terribile. Sono sicura che aveva altre ragioni e te ne accorgerai domani quando tornerai in ufficio.»
«Se ti metti a parlare come me, ora…» disse ridendo. «Facciamo colazione e pensa a tutte le belle cose che faremo oggi.»
Andy passò nell'altra stanza e accese il fuoco mentre lei si vestiva. Poi ispezionò la stanza assicurandosi che nulla, delle cose di Sol, fosse rimasto in vista. Gli abiti erano nel guardaroba, ed egli aveva ripulito gli scaffali e messo tutti i libri sopra gli abiti. Non si poteva far sparire il letto, ma cacciò il guanciale nell'armadio e tirò la coperta su tutto il letto, per farlo apparire come un divano. Bene. Nelle prossime settimane si sarebbe disfatto delle cose, a una a una, al mercato delle pulci. I libri gli avrebbero fruttato parecchi soldi. Per un po' avrebbero mangiato bene e Shirl non avrebbe mai saputo da dove venivano quei denari.
Sol gli sarebbe mancato, egli lo sapeva. Sette anni fa, quando aveva affittato quella camera, era stata solamente una combinazione conveniente per tutti e due. Sol aveva spiegato più tardi che l'aumento del prezzo dei generi alimentari lo aveva costretto a dividere la camera e affittarne la metà. Ma non la voleva condividere con il primo venuto. Era andato al distretto di polizia a spiegare il suo caso. Andy che aveva sempre vissuto in caserma era venuto ad abitare con lui. E così Sol si faceva due soldi con l'affitto e aveva allo stesso tempo una protezione armata. In principio non vi erano stati rapporti di amicizia, ma poi sì. Nonostante la differenza d'età si erano affiatati moltissimo. “Pensa da giovane e sarai giovane”, Sol diceva sempre, ed era vissuto secondo questa regola. Che strano, quante cose dette da Sol Andy ricordava. Andy non le avrebbe mai dimenticate. Ma ora non voleva commuoversi. Sol lo avrebbe preso in giro per primo e gli avrebbe dato ciò che egli chiamava il suo doppio cicchetto. Tuttavia lui non lo avrebbe mai dimenticato.
Il sole batteva ora sulla finestra e fra i raggi del sole e il calore della stufa il freddo era scomparso e la stanza era confortevole. Andy accese la TV. C'era musica, non quella musica che piaceva a lui, ma Shirl la gradiva e così la tenne aperta. Era un pezzo dal titolo “Le fontane di Roma” o qualcosa di simile.
Il nome sullo schermo era sovraimpresso su una fotografia di schiumose fontane. Shirl entrò spazzolandosi i capelli e indicò lo schermo col dito.
«Non ti fa venir sete, tutta quell'acqua che ribolle?» disse Andy.
«Mi fa venir voglia di una doccia. Scommetto che puzzo in modo orrendo.»
«Sei dolce e profumata,» disse guardandola compiaciuto, mentre si sedeva sul davanzale della finestra spazzolandosi sempre i capelli; il sole vi metteva sopra riflessi dorati.
«Che ne diresti di un bel viaggetto in treno, e di un picnic?» chiese lui improvvisamente.
«Taci. Le barzellette prima di colazione io non le digerisco.»
«No, dico sul serio. Spostati un attimo.» Si chinò dalla finestra e guardò il vecchio termometro che Sol aveva inchiodato sull'esterno. La vernice e i numeri col tempo si erano staccati ma Sol aveva scritto dei numeri nuovi. «Ci sono già dieci gradi all'ombra, e penso che di qui a mezzogiorno il termometro salirà sino a dodici. Quando il tempo è così, in dicembre a New York, bisogna approfittarne. Domani ci potrebbero essere due metri di neve. Facciamo dei sandwich con il resto della pasta di soia. Il treno dell'acqua parte alle undici e viaggeremo nello scompartimento delle guardie.»
«Ma allora, dici sul serio?»
«Certo, io non scherzo mai su questo tipo di cose. Una vera scampagnata. Ti ho detto del viaggio che ho fatto con la guardia la settimana scorsa. Il treno risale l'Hudson sino a Croton-on-Hudson dove fa il pieno delle cisterne, il che richiede due o tre ore. E si può fare la passeggiata lungo il fiume sino a Croton Park. Io non ci sono mai stato, ma pare vi si trovino ancora degli alberi veri. Se non fa troppo freddo facciamo il nostro pic-nic fuori e poi torniamo al treno. Che ne dici?»
«Mi sembra una cosa meravigliosamente impossibile e incredibile. Non sono mai stata così lontano fuori città, da quando ero bambina. Sono molti e molti chilometri, non è vero? Quando andiamo?»
«Appena abbiamo finito di far colazione. Ho già messo sul fuoco i fiocchi d'avena. Rimescolali un po' prima che brucino.»
«Nulla brucia su un fuoco di carbone marino.» Ma si avviò lo stesso verso il fornello per badare alla pentola, Andy non ricordava di averla mai vista sorridente e felice come in quel momento. Pareva di essere tornati all'estate precedente.