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— Non si può fare più niente per lei? — domandò Dorcas.

— Io non ne sono in grado e la Cumana non fa niente di simile se non in casi estremi.

— Ma sopravviverà?

— Te l’ha detto anche la Madre… anche se lei forse non lo vorrebbe.

Hildegrin si schiarì la voce e sputò oltre il tetto. — Allora è tutto a posto. Per lei è stato fatto tutto il possibile. Adesso possiamo parlare del motivo per cui siamo qui. Come tu hai detto, Cumana, è un bene che siano arrivati loro tre. Mi hanno riferito il messaggio e sono amici del Signore delle Fronde, come me. L’armigero può aiutarmi a portare questo Apu-Punchau e, dal momento che i miei due compagni hanno perso la vita durante il viaggio, la sua collaborazione mi sarà gradita. Cosa ci proibisce di proseguire?

— Niente — mormorò la Cumana. — La stella è all’ascendente.

— Se dobbiamo aiutarvi a portare a termine qualcosa, non abbiamo forse il diritto di sapere di cosa si tratta? — chiese Dorcas.

— Si tratta di riportare in vita il passato — rispose Hildegrin con solennità. — Rituffarci nel tempo della trascorsa grandezza di Urth. Qualcuno viveva esattamente qui dove ci troviamo adesso e sapeva cose che potrebbero mutare tutto. Io ho intenzione di riesumarlo. Sarà il punto culminante, se lo posso dire, di una carriera già ritenuta piuttosto stupefacente negli ambienti informati.

— Hai intenzione di aprire la tomba? — domandai. — Sicuramente, anche servendosi dell’alzabo…

La Cumana allungò una mano per accarezzare la fronte di Jolenta. — Noi la chiamiamo tomba, ma non lo era. Era la sua casa.

— Ecco, vedi — spiegò Hildegrin, — ho fatto alcuni favori a questa Castellana, di tanto in tanto. Più di uno, se lo posso dire, e più di due. Alla fine ho pensato che fosse arrivato il momento di ricevere una ricompensa. Ho parlato della mia idea al Signore della Foresta, stai tranquillo. Ed eccoci qui.

— Mi sembra di aver capito che la Cumana servisse Padre Inire — dissi.

— Lei paga i suoi debiti — annunciò Hildegrin orgogliosamente. — La gente di un certo livello lo fa sempre. E non è necessario essere una veggente per capire che qualche amico dall’altra parte può essere utile, nel caso che quella parte esca vincitrice.

— Chi era Apu-Punchau? — domandò Dorcas alla Cumana. — E per quale motivo il suo palazzo è ancora integro mentre tutto il resto della città è in rovina?

Vedendo che la vecchia esitava a rispondere, Merryn disse: — Non è più nemmeno una leggenda, perché nessuno ricorda questa storia, neanche gli eruditi. La Madre ci ha raccontato che il suo nome significa Testa del Giorno. Comparve qui in mezzo al popolo negli coni più antichi e insegnò molti meravigliosi segreti. Scompariva spesso ma tornava sempre. Alla fine non fece più ritorno e gli invasori devastarono la sua città. Adesso tornerà per l’ultima volta.

— Veramente? Senza magia?

La Cumana guardò Dorcas con occhi che rilucevano come stelle. — Le parole non sono altro che simboli. Merryn preferisce definire la magia come ciò che non esiste… quindi non esiste. Se tu intendi definire magia quello che stiamo per compiere, la magia esiste, mentre la mettiamo in pratica. Nell’antichità, in una terra lontana, esistevano due imperi separati dalle montagne. Uno vestiva i propri soldati di giallo, l’altro di verde. Combatterono per cento generazioni. Ma vedo che l’uomo che è insieme a te conosce questa leggenda.

— Dopo cento generazioni — continuai io, — venne in mezzo a loro un eremita che consigliò l’imperatore dell’esercito giallo di vestire i suoi soldati di verde e viceversa. Ma la battaglia andò avanti senza mutamenti. Nella mia borsa ho un libro intitolato Le meraviglie di Urth e del cielo e riporta questa storia.

— È il più saggio fra i libri scritti dagli uomini — disse la Cumana. — Nonostante siano pochi coloro che riescono a trarre beneficio dalla sua lettura. Figlia, spiega a quest’uomo, che è destinato a diventare un saggio, cosa faremo questa notte.

La giovane strega assentì. — Il tempo esiste in tutta la sua estensione. Le leggende narrate dagli epopti si basano su questo principio. Se il futuro non esistesse già, come potremmo incamminarci incontro a esso? E se il passato non esistesse ancora, come potremmo abbandonarcelo alle spalle? Durante il sonno la mente è accerchiata dal tempo ed è per questo che a volte sentiamo le voci dei nostri morti e ci vengono date notizie sugli avvenimenti che devono ancora avvenire. Quelli che, come la Madre, hanno imparato a mettere la propria mente in quella condizione anche da svegli, vivono circondati dalla propria vita, come l’Abraxas che riduce tutto il tempo a un istante eterno.

Soffiava un leggero vento, quella notte, ma in quel momento notai che era completamente calato. L’aria era immobile e silenziosa, così la voce di Dorcas, per quanto sommessa, sembrò squillare. — È questo che intende fare la donna che tu chiami Cumana? Entrerà in questa condizione mentale e chiederà al morto ciò che desidera conoscere?

— No, non può. La Cumana è molto vecchia, ma la città finì molte ere prima della sua nascita e lei è circondata solo dal suo tempo, che la sua mente conosce per esperienza diretta. Per far rinascere la città ci occorre una mente che abbia vissuto in quell’epoca.

— Ed esiste qualcuno tanto vecchio?

La Cumana scosse la testa. — No. Eppure una mente simile esiste. Guarda là, figlia, sopra le nuvole. Quella stella rossa è detta la Bocca del Pesce, e sul suo unico mondo ancora vivente dimora una mente antica e pronta. Merryn, prendimi una mano e tu, Hildegrin, prendi l’altra. Torturatore, stringi la destra della tua amica ammalata e quella di Hildegrin. La tua amata prenda invece l’altra mano della malata e quella di Merryn… Adesso siamo uniti, gli uomini da una parte e le donne dall’altra.

— E ci conviene fare in fretta — borbottò Hildegrin. — Credo che stia per arrivare un temporale.

— Faremo più in fretta possibile. Adesso mi servono tutte le vostre menti, anche se quella della malata mi sarà di scarso aiuto. Mi sentirete controllare i vostri pensieri. Fate quello che vi dirò.

Lasciando per un istante la mano di Merryn, la vecchia donna (se era una donna) si frugò nel corpetto e ne tolse un’asta le cui estremità scomparivano nella notte come se raggiungessero i confini del mio campo visivo, anche se in realtà non doveva essere più lunga di un piccolo pugnale. Aprì la bocca e io credetti che volesse stringere l’asta fra i denti: invece la ingoiò. Dopo un momento vidi la sua sagoma luminosa, sfumata di cremisi, apparire sotto la pelle molle della gola.

— Chiudete gli occhi… tutti… Qui c’è una donna che non conosco, una donna alta, incatenata… non ha importanza, torturatore, adesso ho capito. Non lasciare la mia mano… Nessuno di voi deve staccarsi.

Nella particolare condizione in cui ero caduto dopo il banchetto di Vodalus, avevo sperimentato che cosa significasse dividere la mente con un altro. Ma quella notte non fu la stessa cosa. La Cumana non mi apparve come l’avevo conosciuta, e nemmeno come una versione ringiovanita di se stessa, né come altro… o per lo meno così mi sembrò. Mi accorsi, piuttosto, che il mio pensiero era avvolto dal suo, come un pesce immerso in una vaschetta nuota in una bolla d’acqua invisibile. Thecla era insieme a me, ma non riuscivo a vederla completamente: era come se fosse in piedi alle mie spalle, e vidi la sua mano posarsi su di me e dopo un momento avvertii il suo respiro sulla guancia.

Poi Thecla svanì, e tutto scomparve con lei. Il mio pensiero fu lanciato nella notte, smarrendosi fra le rovine.