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— Penso esattamente la stessa cosa — disse il colonnello. — Portatelo sul P-Due, dottore, e cercate di scoprire cosa lo rendeva così coriaceo.

— Converrebbe conoscere il nemico dentro e fuori — concluse Drew, in tono malvagio.

— Non vorrete suggerire… — cominciò McCullough sgomento. Poi s’interruppe. Cercò disperatamente di pensare come loro. Lui non aveva le spalle e le braccia trafitte dal pungiglione degli stranieri, né aveva le gambe ferite dai loro artigli. Lui non poteva sapere, in modo personale e soggettivo, cosa significasse avere la tuta lacera, con tutte le altre implicazioni. La pelle di McCullough, e la sua preziosissima tuta, erano ancora intatte. Anche lui era stato attaccato, ma non aveva subito danni.

Ma la violenza è una catena a reazione, con un fattore K positivo. Una volta iniziata, diventa rapidamente autosufficiente. Fin dall’inizio erano stati gli stranieri ad agire o a reagire con violenza, nei confronti degli umani. Ora la situazione era precipitata al punto da essere incontrollabile, dato che tutte e due le parti usavano la violenza.

Se gli stranieri avevano reagito con brutalità alla veniale colpa commessa dagli umani entrando nello scafo, come avrebbero reagito all’uccisione e al sezionamento di uno di loro?

12

Nella generale confusione delle ultime ore, McCullough aveva dimenticato un fattore molto importante: cioè quello della decompressione esplosiva di un corpo umano, o non umano, senza protezione. Non appena l’extraterrestre venne a trovarsi nello spazio, la sua parte inferiore, morbida e piatta, si gonfiò come un pallone ed esplose. Niente di quanto McCullough avrebbe fatto a quel cadavere poteva renderlo più orripilante dello scoppio; perciò, quando raggiunse il P-Due, il dottore aveva già deciso di esaminare quella strana forma di vita.

Ma prima c’erano cose molto più urgenti da fare.

Fu soltanto dopo aver sviluppato la pellicola e quando ormai le immagini erano in viaggio verso la Terra, che riuscì a soddisfare la curiosità di Walters, circa la lotta che avevano sostenuta sull’Astronave. E lo fece soltanto perché Walters rimase in ascolto mentre McCullough faceva il suo rapporto a Controllo Prometeo. Nel frattempo, Hollis era tornato all’Astronave con una scorta di cibo e di acqua per Morrison e gli altri.

Prima di partire, Hollis aveva fatto presente che quell’acqua sarebbe stata definitivamente persa, dato che senza gli apparecchi di rigenerazione degli scafi P, non ci sarebbe stata possibilità di recuperarla. Si era scusato per avere ricordato quel particolare, ma disse che era una cosa da tenere sempre presente, nel caso di una lunga permanenza nello spazio.

McCullough aveva annuito e aveva inserito nel suo rapporto anche quella spiacevole circostanza.

— Questa è la situazione in tutti i suoi dettagli — aveva concluso. — La nostra più urgente necessità è quella di avere delle tute che ci permettano di trasportare i feriti; oppure, nel caso che non sia possibile far questo, dobbiamo avere cibo e acqua sufficiente a prolungare la nostra permanenza nello spazio fino al momento in cui sia possibile il recupero dei feriti. C’è anche il pericolo che le ferite vengano infettate da batteri stranieri, contro i quali i loro organismi non hanno difesa. A ogni modo come esiste la probabilità che i patogeni stranieri infettino il corpo e uccidano in poche ore, può darsi anche che non abbiano alcun effetto, in quanto il corpo umano potrebbe rappresentare un ambiente in cui quei batteri non possono sopravvivere. C’è anche la possibilità che i nostri antibiotici siano efficaci contro le infezioni extraterrestri quanto lo sono contro…

— Qui, Brady — interruppe una voce dal controllo. Era la voce burbera, impaziente, e tuttavia preoccupata, della persona sulle cui spalle gravava la responsabilità del Progetto Prometeo, nonché il peso non indifferente di otto stellette. — Siete in un bel guaio, dottore, lo ammetto. Avete considerato la possibilità di entrare con uno scafo-P nella camera stagna dell’Astronave, lasciando uno di voi in tuta all’esterno per aprire e richiudere il portello?

— I portelli sono troppo piccoli per il passaggio di un nostro scafo — rispose McCullough. — Anche Berryman aveva avuto la stessa idea. Ma, come ho detto all’inizio del rapporto…

— Se quella soluzione non è attuabile — continuò il generale — la vostra sola speranza è quella di chiedere aiuto agli stranieri. Siete sicuro che siano aggressivi come dite?

— Io vi ho già riferito…! — sbottò McCullough, poi s’interruppe. Si era reso conto che il generale lontano rispondeva alla prima parte del suo rapporto: e, come McCullough poteva ricordare, quella parte non era stata molto coerente.

— McCullough, smettete di parlare quando parlo io…! — disse il generale, irritato. Poi si rivolse a qualcuno che gli stava accanto. — Sì, sì, ho dimenticato l’intervallo di tempo. Ora vediamo… McCullough!

— Sì, signore — disse McCullough per semplice forza di abitudine. Intrattenere una conversazione con intervalli di mezz’ora tra le diverse battute del dialogo richiedeva una certa abitudine.

Walters, sintonizzato sulla frequenza radio della tuta di Berryman, annunciò: — Gli stranieri se ne sono andati. Sia il corridoio, sia l’intercapedine tra le due fusoliere sono liberi. Berryman dice che le ferite sono dolorose, ma, che per il momento, non presentano sintomi di forte infiammazione.

— Dato che il contenuto del vostro rapporto è di estrema gravità e può richiedere una rapida decisione in un qualsiasi momento — disse il generale — io mi propongo di ascoltare il vostro rapporto in arrivo, e, nello stesso tempo, di informarvi della delicata situazione che si sta sviluppando sulla Terra. Il colonnello Morrison è al corrente degli eventi verificatisi sino alla scorsa notte, quella di quindici ore fa, per essere più precisi; ma la situazione è ormai molto cambiata. Cambia a ogni istante, dottore. Vorrei che lo ricordaste e che parlaste tenendo presente questo particolare.

“In breve, la posizione è questa…”

Ogni trasmissione irradiata dalla zona dell’Astronave straniera era stata ritrasmessa per intero dalle più grandi reti informative. Lo stesso era avvenuto per le foto scattate durante l’avvicinamento e l’esame del primo portello, e per quelle che McCullough aveva scattate agli stranieri. Il motivo di questa ampia divulgazione era semplice. L’interesse pubblico per i voli spaziali era in diminuzione a causa delle costosissime attrezzature necessarie (specialmente quando si trattava di superare l’orbita di Marte) e una serie di sequenze illustrate sul primo incontro tra gli umani e una cultura extraterrestre poteva risvegliare quell’interesse più di ogni altra cosa. Ma, dal momento che l’incontro era degenerato e che la missione si era trasformata in una questione di vita o di morte, l’iniziativa aveva ottenuto effetti assolutamente imprevisti.

Non si poteva più parlare di semplice interesse. Nell’opinione pubblica si erano formate fazioni tendenti al fanatismo.

In un primo tempo, i responsabili del Prometeo avevano cercato di mantenere segreto l’incidente; poi si erano resi conto dell’inutilità del procedimento, dato che i segnali degli scafi-P potevano venire captati da un qualsiasi apparecchio radio di qualità discreta. Per la ricezione delle foto, anche se più difficile, bastava soltanto un radiotelescopio di moderata grandezza: apparecchio che ogni grande giornale possedeva.

Era questo il motivo per cui avevano chiesto a McCullough di scegliere accuratamente le parole dei suoi rapporti al Controllo. Gli venne consigliato, nei limiti del possibile, di mascherare la gravità degli eventi e degli sviluppi (quelli del Controllo avrebbero capito la vera gravità della situazione e avrebbero agito di conseguenza) e di evitare a ogni costo di mostrare paura o collera. Sarebbe stata un’ottima cosa rileggere attentamente i rapporti prima della trasmissione, e togliere tutte quelle parole e frasi che potevano far intuire uno stato d’animo negativo.