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Per amore di giustizia, occorre precisare che alcuni dei nonscrittori (puristi come Homer Hemingway) non avevano pensato di cominciare a scrivere personalmente, quando avevano distrutto i mulini-a-parole, presumendo che qualcuno dei loro colleghi meno atletici e più libreschi sarebbe stato in grado di farlo. E pochissimi, fra i quali Heloise Ibsen, avevano soltanto l’ambizione di diventare despoti del sindacato, satrapi dell’editoria o di sfruttare comunque l’enorme caos che sarebbe seguito al Massacro dei mulini-a-parole per il proprio profitto, o almeno per il proprio divertimento.

Ma in maggioranza gli scrittori avevano veramente creduto di essere in grado di scrivere senza aver mai scritto in tutta la loro vita. E adesso soffrivano in proporzione.

Dopo diciassette ore, Lafcadio Cervantes Proust scrisse lentamente: “Deviando, scivolando, girando, salendo più in alto e più alto in tremendi cerchi sempre più larghi…” e si fermò.

Gertrude Colette Sand strinse la lingua fra i denti e scrisse faticosamente: “- Sì, sì, sì, sì, SI — disse la donna”.

Wolfgang Friedrich von Wassermann gemette con tutta la sofferenza del mondo e scrisse: “C’era una volta…”.

Nient’altro.

Nel frattempo, il generale della sussistenza dei Marine dello Spazio ordinò, sul pianeta Plutone, il razionamento dei libri tascabili e dei nastri d’ascolto; sembrava, trasmise per radio, che il prossimo carico di narrativa avrebbe compreso materiale sufficiente soltanto per tre mesi di normale lettura, invece che per quattro anni.

Le consegne delle novità alle edicole terrestri vennero ridotte del cinquanta e poi del novanta per cento, per conservare l’esigua scorta di romanzi scritti e stampati ma non ancora distribuiti. Le massaie che erano abituate a leggere un libro al giorno telefonarono ai sindaci e ai deputati. Alcuni primi ministri, che avevano l’abitudine di leggere un giallo ogni sera prima di addormentarsi, traendone spesso ingegnose idee politiche, assistettero con panico interiore agli sviluppi della situazione. Un ragazzo di tredici anni si uccise “perché i romanzi di avventure sono il mio solo piacere e adesso non ne avrò più”.

I programmi televisivi e i film tridimensionali dovettero essere ridotti nella stessa misura dei libri, poiché, per i copioni e le sceneggiature, dipendevano a loro volta dagli stessi costosissimi mulini-a-parole. L’ultima trovata in fatto di macchine-passatempo, il Motore Poema d’Estasi di Tutti i Sensi, che era ormai in fase avanzata di progettazione, venne accantonato per un tempo indefinito.

Scienziati elettronici e ingegneri cibernetici trasmisero rapporti preliminari riservati, prevedendo che sarebbero occorsi da dieci a quattordici mesi prima di avere di nuovo un mulino-a-parole in grado di funzionare; e facevano capire che i successivi studi al riguardo avrebbero potuto essere ancora più pessimistici. Osservavano che i mulini-a-parole originali erano stati accuratamente modellati su abili scrittori umani, il cui drenaggio psicanalitico condotto in profondità aveva fornito il contenuto dei banchi-memoria dei mulini, e dove si potevano trovare, al giorno d’oggi, scrittori del genere? Anche i Paesi stranieri, dove si parlavano altre lingue, dipendevano quasi completamente dalle traduzioni meccaniche della produzione americana, per la loro narrativa.

L’orgoglioso governo laburista dell’Anglo-America dovette accorgersi, troppo tardi, che, sebbene gli editori fossero stati messi sulle ginocchia, proprio per questo sarebbero stati ben presto impossibilitati a pagare i normali stipendi, per non parlare poi dei ventimila giovani disoccupati che il Dipartimento della Popolazione aveva pensato di accollare loro come meccanici parolai semiqualificati.

E, cosa anche peggiore, la società del Sistema Solare, che di solito era relativamente tranquilla, avrebbe presto cominciato a risentirsi e ad agitarsi per la mancanza di rifornimenti di materiale narrativo fresco.

Il governo fece appello agli editori, e gli editori agli scrittori, chiedendo che per lo meno venissero forniti nuovi titoli sotto i quali spacciare i libri più vecchi, sebbene gli psicologi, consultati in proposito, avvertissero che nonostante le più ciniche previsioni quella misura non avrebbe avuto buon esito. Per qualche ragione, un libro che aveva provocato la massima soddisfazione alla prima lettura, a una rilettura non avrebbe provocato altro che irritazione nervosa.

I progetti per ristampare i classici della narrativa del Ventesimo secolo e di epoche ancora più primitive, sebbene calorosamente appoggiati da pochi idealisti, incontrarono l’inconfutabile obiezione che i lettori abituati fin dall’infanzia alla produzione dei mulini-a-parole avrebbero giudicato insopportabilmente noiosi e addirittura incomprensibili i libri del periodo pre-mulini, anche se ai loro tempi erano stati considerati eccitanti o addirittura audaci. La bizzarra opinione di un umanista, secondo il quale era la produzione dei mulini-a-parole a essere incomprensibile (“oppio verbale privo di significato che non poteva fornire un addestramento alla lettura di testi con un contenuto serio”) non divenne mai, fortunatamente, di dominio pubblico.

Gli editori promisero agli scrittori un’amnistia totale per la loro rivolta, gabinetti separati da quelli dei robot e una percentuale del diciassette per cento, se fossero riusciti a produrre testi di valore pari alla produzione minima del più scalcinato mulino-a-parole: lo Scribacchino Modello 1 dell’Hanover.

Gli scrittori ritornarono a raccogliersi in cerchi, si presero per mano, guardarono l’uno la maschera pallida degli altri, e si concentrarono più disperatamente che mai.

Niente.

7

In fondo al Viale del Lettorato, ben oltre il punto in cui la Strada dei Sogni diventa il Vicolo dell’Incubo, sorgono gli uffici dell’Editrice Razzi, detta Editrice Pazzi dagli intenditori.

Cinque minuti dopo aver preso la decisione di cercare in quel luogo aiuto ed elettricità, Gaspard de la Nuit e Zane Gort stavano portando la barella e il suo snello carico rosato su una scala mobile bloccata che conduceva al reparto dirigenti. Gaspard reggeva ora la parte anteriore della barella e Zane stava all’estremità opposta; il robot si era assunto il compito più faticoso di sorreggere l’estremità della barella ben alta sul suo capo per tenere in posizione orizzontale la signorina Blushes.

— Sembra che la mia idea non fosse molto buona — disse Gaspard. — La corrente manca anche qui. Certamente gli scrittori sono arrivati anche da queste parti, a giudicare dal disordine a pianterreno.

— Avanti, socio — ribatté Zane. — Ho l’impressione che a metà dell’edificio entri in azione l’altra rete elettrica.

Gaspard si fermò davanti a una porta su cui era scritto FLAXMAN e più sotto CULLINGHAM. Piegò il ginocchio e premette un pulsante. Poiché non accadde nulla, sparò un calcio furioso alla porta con la suola della scarpa. La porta si spalancò, rivelando un grande ufficio ammobiliato con lussuosa semplicità. Dietro una doppia scrivania che sembrava fatta di due mezzelune unite (dava l’impressione dell’arco di Cupido), sedevano un uomo basso e bruno che esibiva il vasto sogghigno della efficienza più energica e un uomo alto e biondo che ostentava il lieve sorriso dell’efficienza meno energica. Sembrava che fossero piacevolmente impegnati in una tranquilla conversazione: una occupazione piuttosto strana, notò Gaspard, per due uomini che presumibilmente avevano appena assistito alla rovina della loro ditta. I due si guardarono intorno un po’ sorpresi (l’uomo basso e bruno sussultò lievemente), ma senza dar segno di irritazione.