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«Permettetemi di farvi un paio di domande» disse. «Potete negare che i Superni abbiano portato pace, prosperità e sicurezza al nostro pianeta?»

«Non lo nego. Però ci hanno tolto la libertà. L’uomo non vive…»

«… di solo pane, lo so. Ma è la prima volta nella sua storia che ogni uomo ha la certezza di averlo, il pane. E comunque, che cosa è la libertà che abbiamo perduto, in confronto a ciò che i Superni ci hanno dato per la prima volta nella storia del genere umano?»

«La libertà di vivere secondo noi stessi, sotto la guida di Dio.»

Finalmente, pensò Stormgren, siamo arrivati al punto. Fondamentalmente si tratta di un dissidio religioso, per quanto mascherato. Wainwright non permetteva mai di dimenticare che un tempo era stato uomo di chiesa. Ora non indossava più l’abito talare, ma si aveva sempre l’impressione che indossasse ancora la tonaca.

«Il mese scorso» disse Stormgren «cento vescovi, cardinali e rabbini hanno firmato una dichiarazione nella quale confermavano il loro appoggio alla linea di condotta del Supercontrollore. Le religioni del mondo sono contro di voi.»

Wainwright scosse la testa in un gesto rabbioso di diniego.

«Molti capi sono ciechi: sono stati corrotti dai Superni. Quando si renderanno conto del pericolo, sarà troppo tardi. L’umanità avrà perso il suo spirito d’iniziativa e sarà diventata una razza schiava.»

Seguì un breve silenzio, infine Stormgren rispose: «Fra tre giorni m’incontrerò di nuovo col Supercontrollore. Gli esporrò le vostre obiezioni perché è mio dovere metterlo al corrente delle opinioni dei terrestri, ma non cambierà niente, ve lo posso garantire.»

«C’è un altro punto che vorrei chiarire» disse Wainwright, lentamente.

«Sono molte le cose che non ci piacciono nei Superni, ma soprattutto detestiamo il mistero di cui si circondano. Voi siete il solo essere umano che abbia mai parlato con il Supercontrollore Karellen, ma anche voi non lo avete mai visto. Vi sorprende che si dubiti della sua buona fede?»

«Nonostante tutto quello che ha fatto per l’umanità?»

«Nonostante tutto quello che ha fatto. Non so che cosa ci disturbi di più, se l’onnipotenza di Karellen o il mistero di cui è avvolto. Se non ha niente da nascondere, perché non si è mai rivelato com’è? La prossima volta che parlerete col Supercontrollore, signor Stormgren, chiedeteglielo.»

Stormgren non disse niente. Non c’era niente da dire, infatti. Niente, comunque, che avrebbe convinto Wainwright. Tanto più che Stormgren a volte dubitava di essere riuscito a convincere veramente se stesso. Dal loro punto di vista, si era trattato di una missione trascurabile, ma per i terrestri era l’evento più importante che li avesse mai colpiti. Non c’erano state avvisaglie quando le grandi astronavi avevano cominciato a scendere dalle sconosciute profondità dello spazio. Innumerevoli volte quel momento era stato descritto nelle opere di fantascienza, ma nessuno aveva mai creduto che un giorno potesse succedere veramente. Ma quel giorno era venuto: le lucenti sagome che ondeggiavano silenziose sopra ogni nazione erano il simbolo di un progresso scientifico che l’uomo non avrebbe raggiunto per chissà quanti secoli. Per sei giorni erano rimaste sospese nella più assoluta immobilità sulle metropoli della Terra, senza fare niente, quasi ne ignorassero l’esistenza. Ma non c’era bisogno che dimostrassero di sapere cosa c’era sotto di loro. Non poteva essere per caso che quelle astronavi si fossero fermate sopra New York, Londra, Parigi, Mosca, Roma, Città del Capo, Tokyo, Canberra… Anche prima che giungessero quei giorni di panico, qualcuno aveva intuito la verità. Quello non era che un primo tentativo di contatto da parte di una razza che ignorava tutto dell’uomo. Dentro le silenziose astronavi immobili, studiosi di psicologia stavano certamente esaminando le reazioni dei terrestri. E, quando la tensione sarebbe arrivata all’apice, allora avrebbero agito. Il sesto giorno, Karellen, Supercontrollore per la Terra, si fece conoscere agli uomini in una trasmissione radio che bloccò tutte le radiofrequenze. Parlò in inglese perfetto, scatenando discussioni che infuriarono oltre l’Atlantico per una generazione intera. Ma il significato del discorso fu più sbalorditivo della lingua usata per pronunciarlo. Fu indubbiamente il discorso di un genio che dimostrò di conoscere alla perfezione le questioni terrestri. Nessun dubbio che la virtuosità di quel discorso, gli accenni a conquiste scientifiche ancora lontane per l’uomo erano destinati a convincere il genere umano che si trovava di fronte a forze intellettuali infinitamente superiori, Quando Karellen ebbe finito, ogni nazione seppe che i suoi giorni di precaria sovranità erano finiti. I governi locali avrebbero conservato il potere, ma nel campo più vasto degli affari internazionali non sarebbero più stati gli uomini a decidere. Polemiche, proteste, fu tutto inutile. Naturalmente non ci si poteva aspettare che tutte le nazioni avrebbero accettato con passiva rassegnazione un tale limite ai loro poteri. Ma la ribellione aperta si rivelò irta di difficoltà, perché la distruzione delle astronavi dei Superni, ammesso che l’impresa fosse possibile, avrebbe comportato la distruzione delle città sotto di esse. Tuttavia, una delle grandi potenze aveva tentato, Forse quella nazione aveva sperato di prendere due piccioni… con un missile atomico, dato che il bersaglio era l’astronave sopra la capitale di una nazione confinante e ostile.

Nel momento in cui l’immagine della grande astronave si dilatava sullo schermo televisivo della segreta sala d’operazioni, i militari e i tecnici presenti dovevano essere stati travolti dalle loro stesse emozioni. Se avessero raggiunto il loro scopo, cosa avrebbero fatto le altre astronavi? Si poteva distruggerle tutte restituendo all’umanità il suo libero arbitrio, o Karellen avrebbe scatenato una tremenda vendetta su chi lo aveva attaccato?

Di colpo, nell’attimo in cui il missile si disintegrava all’impatto, l’immagine sparì dallo schermo e immediatamente passò ad una telecamera aerea lontana chilometri e chilometri. In quella frazione di secondo, la sfera di fuoco formatasi in seguito all’esplosione avrebbe dovuto riempire il cielo con la sua incandescenza. Invece non era successo niente. L’astronave si librava illesa, illuminata dal sole ai limiti dello spazio visibile. Non solo non era stata colpita, ma nessuno avrebbe saputo dire cosa fosse successo al missile. Karellen non prese nessun provvedimento contro i responsabili dell’attacco, e si sarebbe detto perfino che non se ne fosse accorto. Ignorò sdegnosamente il fatto lasciando i responsabili a tormentarsi nell’attesa di una rappresaglia che non venne mai. Un atteggiamento più efficace e più demoralizzante di qualsiasi azione punitiva. Poche settimane dopo, il governo responsabile entrò in crisi per le accuse reciproche dei suoi membri.

C’era stata anche la resistenza passiva alla politica dei Superni. Karellen ne aveva avuto ragione col semplice espediente di lasciare che i ribelli agissero a modo loro scoprendo a loro spese che non collaborando danneggiavano soltanto se stessi. Solo in un’occasione Karellen era ricorso all’azione diretta nei riguardi di un governo recalcitrante. Da oltre cento anni, la Repubblica del Sud Africa era il centro di una accanita lotta razziale. Uomini di buona volontà dall’una e dall’altra parte avevano cercato di sanare la frattura, ma senza riuscirci: paure e pregiudizi erano radicati troppo profondamente in tutti per consentire la minima collaborazione fra le due parti. I vari governi che si erano succeduti erano differiti soltanto nel grado della loro tolleranza, e ormai il Paese era avvelenato dall’odio e dagli effetti della guerra civile. Quando fu chiaro che nessun tentativo sarebbe stato fatto per mettere fine alla discriminazione razziale, Karellen intervenne. Si limitò a comunicare una data: giorno e ora, niente di più. Ci fu un po’ di apprensione, ma né paura né panico, perché nessuno credeva che i Superni sarebbero ricorsi alla violenza o a una azione distruttiva che avrebbe coinvolto colpevoli e innocenti. E infatti non lo fecero. Tutto quello che accadde fu che il sole, passando il meridiano di Città del Capo, si spense. Rimase solo un pallido disco inerte che non mandava né luce né calore. Lassù nello spazio due campi incrociati avevano polarizzato la luce del sole impedendo il passaggio di qualsiasi radiazione. L’area interessata aveva un diametro di cinquecento chilometri ed era perfettamente circolare.