— Sembra che vada bene, eh? — disse Wolfgang. — Vedrai dell’altro più tardi quando riceverai la registrazione completa, ma lascia che ti dica adesso la conclusione. Avevamo già visto i primi segni durante quegli ultimi esperimenti a Christchurch, e quello che JN aveva previsto da sempre si è verificato con esattezza. Questa volta abbiamo centrato subito i giusti procedimenti con la droga. In quel segmento di video la temperatura corporea di Jinx era sette gradi di sopra dello zero. La frequenza del suo cuore era di un battito al minuto, e lo è ancora. Calcolo che il suo ritmo metabolico sia sceso di un fattore di circa ottanta. È lento, me è sicuro come l’inferno che non sta andando in ibernazione, guardalo come mastica quel bottone. Quello che vedi è accelerato d’un fattore sessantotto sul tempo reale. La parte più difficile, finora, è stata trovar qualcosa che Jinx fosse disposto a mangiare. Sai com’è esigente. Pare che adesso le cose abbiano un sapore diverso per lui, e questo non gli garba. Siamo riusciti a ottenere la concordanza dopo una trentita di tentativi, e adesso pare che si nutra normalmente.
Wolfgang si sfregò mestamente la pancia. — Vecchio, fortunato Jinx. È più di quanto possa dire di me stesso. Cosa ancora migliore, sembra che la sua condizione sia del tutto stabile. Ho controllato tutti gli indicatori pochi minuti fa. Credo che potremmo tenerlo là per un mese, se fosse necessario, forse anche di più.
Tornò dall’immagine dell’orso alla trasmissione in un tempo reale. — Questo è il rapporto da quassù, Charlene. Adesso posso rilassarmi. Ma non vedo l’ora che tu e gli altri arriviate quassù. Non so quanto siano distorti i notiziari che arrivano qui alla Stazione Salter, ma sentiamo che ci sono guai dappertutto sulla Terra. Guerre fredde, guerre calde, e declamazioni in tutte le direzioni. Sai che ieri nel Belucistan sono stati toccati i sessantadue gradi centigradi? Sono quasi centoquaranta quattro Fahrenheit. Devono morire a branchi. E hai ricevuto i rapporti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Parlano di chiudere tutti gli spazi aerei nazionali, e Hans sta avendo dei grossi problemi a programmare i voli con le navette fino alla Stazione, e non si tratta neppure della solita burocrazia. È come se stesse battendo la testa contro il muro. Gli hanno detto che ci sarà una sospensione indefinita di tutti i voli, da tutti gli spazioporti, fino a quando la situazione sulla Terra non si sarà di nuovo normalizzata. E chissà mai quando ciò accadrà? Gli esperti di Wherry dicono che i cambiamenti permarranno: li abbiamo provocati noi stessi con i programmi per l’utilizzazione dei combustibili fossili.
La sua mano si spostò verso la chiave che avrebbe posto fine alla trasmissione, poi ristette. Guardò incerto lo schermo. — Ehi, Hans mi ha detto un’altra cosa che non volevo davvero sentire. Dannazione, vorrei davvero sapere quant’è realmente sicura questa linea, ma la dirò lo stesso. Giù all’Istituto non lo sa quasi nessuno, Charlene, perciò per favore tienlo per te. Riguarda JN. Sapevi che si è sottoposta a un’intera batteria di test neurologici al Christchurch Central? TAC, tracciatori radioisotopici, tracciatori a bolle d’aria, tutto. Hanno sondato il suo cervello in sedici maniere diverse. Spero che non abbia fatto qualcosa di folle là sotto, magari usando se stessa come soggetto sperimentale per l’Istituto. Forse… non potresti controllare? Vorrei esser sicuro che JN è a posto. Non chiedermi come Hans faccia a sapere tutto questo: le informazioni che hanno quassù su quanto accade sulla Terra mi lasciano sbalordito. Immagino sia tutto, per ora.
Wolfgang schiacciò il tasto con cautela, poi si abbandonò sullo schienale. La trasmissione era terminata, e il circuito interrotto.
Chiuse gli occhi. Non era stata brutta quanto si era aspettato. Era decisamente di aiuto aver qualcosa di buono su cui concentrarsi, distogliendo i propri pensieri dal sentirsi nauseati. Pensare a qualcosa di bello. Un ricordo improvviso e sorprendente di Charlene gli rinvenne alla mente, le sue lunghe membra e il suo corpo flessuoso curvi su di lui, e i suoi capelli scuri che le ricadevano sciolti dalla fronte. Grugnì. Cristo! Se riusciva ad avere pensieri del genere, doveva essere certamente sulla via di guarigione. La prossima volta sarebbe stato in grado di affrontare di nuovo il cibo.
Forse era giunto il momento per un altro test.
Wolfgang si temprò lentamente, poi girò la testa e guardò fuori dell’oblò. Adesso Spindletop era rivolto verso il basso, verso la Terra, e lui si trovava davanti ad un’interminabile caduta sull’emisfero sottostante illuminato dal Sole. La Stazione Salter, l’orlo marrone del subcontinente indiano, con l’ovale più verde dello Sri Lanka appena visibile ai suoi piedi.
Dette in un rantolo. Mentre guardava, la scena parve ruotare e deformarsi sotto di lui, contorcendosi attraverso una mappa strana e surrealistica. Strinse i denti e si tenne stretto con forza all’orlo della consolle. Dopo trenta spiacevoli secondi riuscì a costringersi a vedere la scena da una prospettiva diversa. Era la superficie azzurra e bianca della Terra chiazzata da segni verdi e marrone, ad essere eterea e senza sostanza; mentre invece era la Stazione Salter ad essere vera, tangibile, concreta. Ecco. Aggrappati a questo pensiero… Un po’ per volta, lentamente, fu in grado di rilassare la propria stretta sul banco davanti a sé.
Tutto sarebbe andato a posto. Ogni cosa era relativa. Se Jinx poteva adattarsi alla sua nuova vita, a proprio agio con una temperatura corporea quasi prossima al punto di congelamento, di sicuro Wolfgang poteva trovarsi a proprio agio con i cambiamenti assai minori prodotti dal trasferimento sulla Stazione Salter. Meglio dimenticarsi dell’autocompassione e rimettersi al lavoro.
Ignorando le fitte di dolore provenienti dal suo stomaco sofferente da tempo, Wolfgang si constrinse a guardare di nuovo fuori, mentre la stazione sfrecciava verso l’Atlantico e la maestosa curva del terminatore fra il giorno e la notte.
Altri tre giorni e poi lo staff dell’Istituto sarebbe arrivato quassù. E se i notiziari dicevano il vero, sarebbero riusciti a farcela appena in tempo. Nel loro furore e invischiati nelle loro faide interminabili, i governi della Terra parevano tutti decisi a bloccare la via allo stesso spazio.
CAPITOLO DECIMO
Hans Gibbs aveva spedito a suo cugino il messaggio più breve e il più possibile privo d’informazioni dalla sala principale di controllo. — Muovi il culo e vieni qui al galoppo altrimenti ti perderai qualcosa che non vedrai mai più.
Wolfgang e Charlene erano nel bel mezzo del primo inventario, quando quel messaggio arrivò attraverso l’intercom. Wolfgang la guardò e spense subito il proprio terminale. — Vieni.
— Cosa? Proprio adesso? — Charlene scosse la testa per protestare. — Abbiamo appena incominciato. Ho promesso a Cameron che avremmo organizzato questo posto così da poterci lavorare immediatamente, non appena fossimo arrivati qui. Ci rimangono ancora soltanto poche ore.
— Lo so. Ma conosco anche Hans. Lui sminuisce sempre le cose… Deve trattarsi di qualcosa di speciale. Su, andiamo. Finiremo più tardi.
La prese per mano e cominciò a trascinarla con sé, esibendo la sua esperienza con la bassa gravità, conquistata a duro prezzo.
Charlene si trovava sulla Stazione Salter da meno di ventiquattr’ore. La seconda persona ad eseguire il trasferimento completo dall’Istituto. A Wolfgang sembrava una grossolana ingiustizia il fatto che Charlene non avesse sofferto di un solo istante di nausea a causa della caduta libera. Ma per lo meno non aveva ancora acquisito la sua abilità a muoversi in maniera efficiente. La tirò e le fece ruotare, aggiustando la velocità lineare ed angolare. Qualche istante dopo Charlene si rese conto che avrebbe dovuto muoversi quanto meno possibile e lasciò che fosse lui a trascinarla come un peso morto della geometria fissa. Planarono in fretta lungo il corridoio elicoidale che conduceva all’area centrale di controllo.