Quando arrivarono, Hans li stava aspettando, la sua attenzione era rivolta ad uno schermo panoramico che mostrava la Terra al suo centro. L’immagine veniva fornita da un satellite da osservazione posto in orbita geostazionaria a 22.000 miglia di quota, così che l’intero globo appariva come una palla che riempiva quasi del tutto lo schermo.
— Non vedrete niente di grande come una nave da questa distanza — disse Hans. — Perciò dovremo simularlo. Se vogliamo vedere le navi spaziali, il computer genera la grafica che le riproduce e fonde il tutto con la proiezione. Adesso osservate: sto per passare a quel modo. L’azione avrà inizio fra un paio di minuti.
Charlene e Wolfgang erano in piedi dietro di lui, quando Hans batté con indifferenza la breve sequenza d’un comando, poi Hans si lasciò andare sullo schienale della sua seggiola. Lo schermo rimase calmo, mostrando l’Europa, l’Asia e l’Africa come un disco semiilluminato sotto una coltre di nubi di medio spessore. I secondi si allungarono in quella che sembrò un’eternità.
— Allora? — chiese Wolfgang alla fine. — Noi siamo qui. Dov’è l’azione?
Si sporse in avanti. Mentre lo faceva, la proiezione cambiò. D’un tratto, da sei differenti punti dell’emisfero comparvero minuscole faville di luce rossa. Dapprima furono soltanto una mezza dozzina, facili da seguire. Ma nel giro di pochi minuti ce ne furono di più. Uscivano dal globo nebbioso sottostante come tante lucciole. Ognuna di esse cominciò lentamente a piegare verso oriente, il che dimostrava che erano dirette in orbita. Ben presto, furono quasi troppo numerose anche soltanto per contarle.
— Vedete quella sulla sinistra? — chiese Hans. — Viene da Aussieport. La maggior parte del vostro staff deve trovarsi là dentro: Judith, de Vries e Cannon: saranno qui fra un’ora e mezza.
— Santo Inferno! — Charlene aveva corrugato la fronte e scuoteva la testa. — Quelle non possono essere navi. Non ce ne sono tante in tutto il mondo.
Era troppo assorta nella scena davanti ai suoi occhi per cogliere il modo familiare con cui Hans Gibbs aveva accennato al direttore dell’Istituto, ma Wolfgang aveva scoccato a suo cugino una rapida occhiata complice.
— Charlene ha ragione — annuì Hans. Pareva soddisfatto dalla sua reazione di sorpresa. — Se considerate soltanto le navette e gli altri vettori riutilizzabili, non ci sono tante navi. Ma non rimaneva più tempo. Salter Wherry mi ha detto di portare tutto quassù, la gente e i rifornimenti, e al diavolo i costi. Lui è il capo e i soldi erano suoi. Dal modo in cu stavano andando le cose, se avessi aspettato ancora non ci avrebbero mai permesso di portar su quanto ci serviva. Quello che state vedendo è il più grande deflusso di persone e di equipaggiamento che vi capiterà mai più di contemplare. Mi sono assicurato un’opzione di lancio su ogni singolo veicolo sacrificabile che sono riuscito a trovare in tutto il mondo. Guardate, adesso: stanno per arrivarne ancora.
Una seconda ondata aveva avuto inizio, questa volta con un fiammeggiante arancione. Allo stesso tempo altri punti rossi fiammeggianti stavano strisciando fuori da dietro l’orlo scuro della Terra. I lanci effettuati dall’emisfero invisibile cominciavano a entrare nella visuale dello schermo.
Hans toccò un altro comando, e una serie di lampeggianti punti verdi comparve sulla proiezione, questi in un’orbita più alta.
— Quelle sono le nostre stazioni, tutto ciò che appartiene all’impero di Wherry, salvo le arcologie… sono troppo lontane per essere visibili su questa scala. Entro un’altra mezz’ora vedrete come la maggior parte dei lanci cominceranno a convergere sulle stazioni. Quassù dovremo far fronte in continuazione per le prossime trentasei ore ai rendez-vous e agli attracchi multipli.
— Ma come fate a sapere dove si trovano le navi? — Charlene aveva gli occhi spalancati per la meraviglia, ipnotizzata da quel turbinio di scintille luminose. — È tutto calcolato sulla base dei dati del decollo?
— Assai meglio. — Hans indicò con un gesto del pollice un altro degli schermi, sul lato. — I nostri satelliti da ricognizione seguono tutto quello che viene lanciato, in continuazione. I segnali termici generati nell’infrarosso dalla fase di lancio, e poi continuano con i radar ad apertura selettiva. Il software converte portata e velocità in posizione, e traccia le posizioni successive sulla proiezione. Wherry ha fatto installare il sistema di osservazione e di rilevamento alcuni anni fa, quando temeva che qualche pazzo sulla Terra potesse tentare un attacco di sorpresa contro una delle sue stazioni. Ma è ideale per questo uso.
Una terza ondata era iniziata. Tutt’intorno all’equatore, una nuova collana di abbaglianti punti azzurri si stava espandendo, allontanandosi dalla superficie della Terra. Il pianeta era cinto adesso da una confusione multicolore di spiraleggianti puntini luminosi.
— Per l’amor di Dio. — Wolfgang lasciò cadere ogni pretesa d’indifferenza. — Ma quanti ce ne sono? Ne ho contati più di quaranta e non ho cercato neppure di seguire quelli lanciati dall’emisfero americano.
— Duecentosei veicoli spaziali, di tutte le forme e dimensioni, e la maggior parte di essi non concepiti per il genere di attracco disponibile quassù. Il conto dei lanci appare in quel read-out laggiù. — Hans agitò la mano verso la proiezione, ma la sua attenzione era tutta sullo schermo.
— Sarà un incubo — riprese in tono allegro. — Dovremo farli combaciare tutti quando arriveranno qui. In realtà, non cercheremo neppure di far fare a tutti il percorso per intero. Molti di essi rimarranno in orbita bassa, e manderemo giù i rimorchiatori per trasferire il carico. Non ho avuto il tempo di preoccuparmi di trovare dei propulsori extra per farli arrivare fin quassù. Abbiamo già avuto abbastanza problemi anche soltanto a far arrivare in orbita alcuni di quei rottami.
Una quarta ondata era appena cominciata. Ma adesso lo schermo era davvero troppo confuso per riuscire a seguirla. I punti luminosi stavano convergendo, e la limitata risoluzione degli schermi ne faceva apparire molti in rotta di collisione, anche se erano separati da molte miglia di spazio. I due uomini parevano ipnotizzati, gli occhi fissi su quel luminoso carosello di navi orbitanti. Charlene andò all’oblò e guardò direttamente giù verso la Terra. Non c’era niente da vedere. Le navi erano troppo piccole perché potessero esser visibili contro la gigantesca mezzaluna del pianeta. Scosse la testa e si voltò per guardare il read-out che indicava il numero dei lanci. Il totale stava salendo ancora, balzando avanti a piccoli scatti a mano a mano che la velocità orbitale delle navi appartenenti al nuovo gruppo veniva confermata.
Hans aveva lasciato la consolle dei controlli, e tutti e tre adesso se ne stavano lì, immobili, fianco a fianco. La stanza rimase totalmente silenziosa per parecchi minuti, salvo per il morbido bip dei contatori.
— Quasi ci siamo — osservò Charlene, alla fine. Stava ancora seguendo la numerazione delle navi lanciate. — Duecentotré, quattro, cinque. Ancora una… ecco. Duecentosei. Dobbiamo applaudire?
Sorrise a Wolfgang, che senza accorgersene le stava stringendo la mano. Poi, quasi distrattamente, riportò lo sguardo sul contatore. Lo fissò per un attimo, d’un tratto insicura di ciò che stava vedendo.
— Ehi, Hans, mi pareva che tu avessi detto che il totale complessivo era di duecentosei! Adesso il read-out ne indica duecentoquattordici, e continua a salire.
— Cosa? — Hans girò di scatto la testa per guardare, il resto del suo corpo ruotò in senso inverso per compensare il movimento in condizioni di bassa gravità. — Non può essere. Ho raccattato ogni nave in grado di volare. Non c’è modo…