La voce gli morì in gola. Sullo schermo una nuova fontana di punti luminosi stava sgorgando verso l’alto. Si accentravano in un’area del sud-est asiatico. Mentre guardavano, un altoparlante accanto alla consolle tartagliò, accendendosi di colpo.
— Hans! Massimo allarme. — La voce era aspra e tesa, ma Wolfgang riconobbe il timbro autoritario. Era Salter Wherry. — Inserisci il nostro sistema difensivo. I monitor mostrano lanci di missili dalla Cina occidentale. Non abbiamo ancora informazioni sulla traiettoria. Potrebbero essere diretti sull’America o sull’Unione Sovietica, qualcuno potrebbe venire dalla nostra parte. È troppo presto per dirlo. Qui ho attivato l’interruttore. Tu conferma i posti di combattimento. Fra un minuto sarò nella centrale di controllo.
Malgrado il tono teso e angosciato della sua voce, aveva fatto quelle dichiarazioni con uno staccato così veloce che le frasi erano diventate un unico flusso continuo di ordini. Hans Gibbs non tentò neppure di rispondere. In un istante aveva lasciato la sua seggiola ed era corso ad un’altra consolle. Rimosse un sigillo di plastica e tirò fuori la leva dietro di esso ancora prima che Wolfgang e Charlene potessero fare il minimo movimento.
— Cosa sta succedendo? — gridò Charlene.
— Non lo so. — Hans dava l’impressione di essere sul punto di soffocare. — Ma guarda gli schermi e il conteggio. Quelli devono essere lanci di missili. Non possiamo permetterci il rischio d’indovinare dove sono diretti.
Il read-out stava impazzendo. Le cifre guizzavano via troppo veloci per riuscire a leggerle. La numerazione dei lanci aveva superato i quattrocento. Mentre saliva ancora, Salter Wherry fece il suo ingresso nella sala di controllo, incespicando.
Fu il suo arrivo in carne e ossa che rese Charlene consapevole della reale gravità della situazione. Qui c’era un uomo che ben di rado incontrava qualcuno, che valutava la propria privacy al di sopra di qualsivoglia ricchezza, che odiava farsi vedere dagli estranei. E in quel momento si trovava nella sala di controllo dimentico della presenza di Charlene e di Wolfgang.
Lei lo fissò incuriosita. Era quella la leggenda vivente, il maestro architetto dello sviluppo del Sistema Solare? Lei sapeva che era molto vecchio. Ma in quel momento appariva più che vecchio. La sua faccia era bianca e scheletrica, come una maschera della morte tirata al massimo, e le sue mani sottili tremavano.
— Quegli stolti — disse con voce sommessa. La sua voce era un sussurro gracchiante. — Quegli stolti, quei dannati stolti, dannati stolti. Temevo questo, ma non avevo mai davvero creduto che sarebbe successo mentre ero ancora in vita. Hai innalzato le nostre difese?
— Sono in posizione — rispose Hans con voce aspra. — Siamo protetti. Ma cosa ne sarà delle navi dirette quassù da noi? Verranno fatte esplodere se si trovano su una traiettoria di rendez-vous con noi.
Charlene lo fissò per qualche istante senza capire. Poi afferrò il significato delle sue parole. — Le navi? Mio Dio, l’intero staff dell’Istituto è in viaggio per quassù. Non potete usare i vostri missili difensivi contro di loro. Non potete farlo!
Wherry lo fissò con furore, dando l’impressione di accorgersi per la prima volta della presenza degli estranei nella sala di controllo. — Perfino le nostre navi più veloci non arriveranno qui prima di un’ora — disse.
Affondò in una poltrona. Il respiro gli sibilò in gola. Tossì e si lasciò andare contro lo schienale. La sua pelle appariva arida e bianca, come un impasto che si stesse sbriciolando. — A quel punto tutto sarà finito, in un modo o nell’altro. I missili d’attacco hanno un’alta accelerazione. Se sono puntati contro di noi, saranno qui fra una ventina di minuti. Se non lo saranno, sarà finita lo stesso. Hans, indica la nostra posizione nella proiezione.
Sotto il controllo della tastiera di Hans Gibbs, la posizione della Stazione Salter comparve sullo schermo con un brillante cerchio bianco. Hans studiò tutta la proiezione per qualche istante, con la testa piegata su un lato. — Non credo che stiano venendo da questa parte — disse. — A occhio direi che stanno puntando verso l’Unione Sovietica orientale e gli Stati Uniti. Cosa sta succedendo?
Wherry sedeva a testa bassa. — Vedi quello che riesci a capire dalle comunicazioni radio. — Si schiarì la gola, il respiro gli sibilava nella laringe. — Siamo sempre stati preoccupati che qualcuno potesse tentare un primo attacco di nascosto per spazzar via le capacità di rappresaglia dell’altro. È quello che stiamo vedendo. Qualche pazzoide ha approfittato dell’alto livello di attività dei nostri lanci… stanno accadendo così tante cose che ci vorrà un po’ di tempo perché qualcuno si renda conto che è in corso un attacco.
Hans si era inserito nelle frequenze radio e le stava passando in rassegna una dopo l’altra. — Silenzio radio dalla Cina. Guardate lo schermo. Quelli devono essere i missili degli Stati Uniti. Il contrattacco. Sapevamo che un primo attacco preventivo non avrebbe funzionato… e non ha funzionato.
Un fitto grappolo di punti di luce stava sfrecciando fuori sorvolando il polo Nord. Allo stesso tempo un nuovo sole si stava levando dalla Siberia orientale. Il read-out dei lanci era impazzito, adesso stava emettendo una serie di squittii a mano a mano che i singoli lanci diventavano troppo frequenti per poter venir indicati con un bip separato dal contatore. Più di duemila lanci di missili erano stati registrati in meno di tre minuti.
— Non poteva funzionare… non poteva funzionare — disse Salter Wherry con voce a stento udibile. — Il primo attacco non può mai funzionare. Lascia sempre qualcosa in grado di rispondere.
La testa gli ricadde sul petto. Per la prima volta Charlene pensò che forse stava vedendo qualcosa di più della vecchiaia e della preoccupazione. — Wolfgang, dammi una mano.
Andò al fianco di Wherry e gli mise una mano sotto il mento, sollevandogli la testa. I suoi occhi erano annebbiati, come se fossero coperti da una pellicola traslucida. Al suo tocco, sollevò debolmente la mano destra per stringere la sua. Era fredda come il ghiaccio, e l’altra mano gli si era serrata sul petto.
— Non poteva funzionare. Non poteva. — La voce era un ruvido bisbiglio. — È la fine, la fine del mondo. La fine di tutto.
— Ha un attacco cardiaco. — Charlene si sporse in avanti per sollevarlo, ma Wolfgang era là prima di lei.
— Hans, potresti farlo meglio di noi, ma devi rimanere qui. Noi dobbiamo sapere quello che sta succedendo. Avverti i servizi medici, di’ loro che pensiamo che sia un attacco cardiaco. Chiedi loro se dobbiamo spostarlo, o se vogliono curarlo qui, e se invece vogliono averlo da loro, chiedi come dobbiamo fare per spostarlo fin là.
Charlene l’aiutò a sollevare Wherry dalla poltrona. Lo fece con quanta più delicatezza possibile, mentre una parte del suo cervello si ritraeva stupita ad osservare Wolfgang e Hans. Durante gli ultimi minuti c’era stato uno strano e improvviso cambiamento nel loro rapporto. Hans era ancora, fra i due, quello più anziano e dotato di maggior esperienza. Ma a mano a mano che gli avvenimenti diventavano più confusi e deprimenti, pareva rimpicciolire, mentre Wolfgang diventava più energico e deciso. Al momento, non c’era alcun dubbio su chi avesse il controllo della situazione. Hans stava eseguendo gli ordini di Wolfgang senza esitazione. Era alla consolle con l’auricolare in posizione, e le sue dita volavano sulla distesa dei tasti.
— Lasciate lì Wherry — disse, qualche istante dopo. — Il Centro medico ha detto che Olivia Ferranti arriverà subito. Mettetelo lungo disteso di piatto, poi non spostatelo più, non provate nessuna cura, a meno che non smetta di respirare, porteranno con loro l’apparecchiatura portatile per la rianimazione.