— Quando è cominciata la guerra.
— Un brutto attacco?
— Credo di si. Non lo so. — Charlene non poteva rispondere a questa domanda, non con Salter Wherry che la fissava muto. — Dottoressa, ha il tempo di parlare per qualche istante con il dottor de Vries?
L’altra donna sollevò il suo sguardo freddo dalla posizione accovacciata accanto a Wherry. — No. Qui ho le mani più che occupate. Ma mi faccia la domanda, e vedrò se posso darle una risposta veloce.
— Grazie — disse de Vries in tono umile. — Sarò breve. Sulla Terra ci sono, o c’erano, quattro ospedali attrezzati per eseguire una totale resezione parietale, con rimozione parziale e sutura interna della commessura anteriore. Sono necessari strumenti speciali e una procedura complicata per la somministrazione di farmaci pre e post-operatoria. Vorrei sapere se un’operazione del genere può essere eseguita con le attrezzature mediche disponibili al Centro Medico della Stazione Salter.
— Di cosa diavolo sta parlando? — chiese Hans con un burbero sussurro sopra la spalla di Wolfgang. — Il mondo sta andando a fuoco e lui si mette a parlare di ospedali.
Wolfgang fece segno ad Hans di star zitto. Jan de Vries aveva dichiarato molte volte di non avere nessuno al mondo, un orfano senza parenti in vita né amici intimi. Le sue angosce non dovevano esser collegate alla famiglia o a persone amate perdute. Ma Wolfgang poteva vedere l’espressione sulla faccia di de Vries, e là c’era qualcoa che parlava di una tragedia personale che trascendeva qualunque Armageddon. Uno strano sospetto cominciò a sussurrare nella mente di Wolfgang.
Infine la dottoressa Ferranti girò la testa e fissò l’immagine di de Vries. — Non abbiamo l’attrezzatura, e vedendo questo… — Indicò con uno scatto della testa lo schermo principale, — … immagino che non l’avremo mai.
L’orbita aveva continuato a muovere la Stazione Salter sempre più a occidente, sul lato della Terra illuminato dal Sole. Adesso guardavano giù direttamente sull’oceano Atlantico. Le minuscole ulcere scure sulla faccia della Terra si erano allargate e fuse tra loro. La maggior parte dell’Europa era oscurata da un pennacchio di fumo, illuminato dall’interno da lampi avvampanti e tempeste di fuoco che avvampavano in superficie. La costa orientale degli Stati Uniti avrebbe dovuto comparire alla loro vista, ma era nascosta da una torbida massa ininterrotta di nuvole e di polvere.
E i missili venivano ancora lanciati contro i loro bersagli. A mano a mano che i missili nemici colpivano i loro bersagli e svanivano dalle proiezioni, nuovi punti di luce abbagliante si levavano, come la Fenice, dal ribollente sconvolgimento dove un tempo si erano trovati gli Stati Uniti, intraprendendo il loro percorso sopra il polo in direzione dell’Asia. Le mani che li guidavano e li controllavano potevano anche essere morte, ma le loro istruzioni erano state fissate da tempo nel computer di controllo. Se non c’era più nessuno in vita per fermarli, la pioggia nucleare avrebbe continuato a cadere fino a quando tutti gli arsenali non fossero stati svuotati.
— Potete mettere insieme l’attrezzatura per l’operazione? — chiese de Vries alla fine. Incapace di vedere lui stesso le proiezioni, non si rendeva conto che tutti nella sala centrale di controllo erano paralizzati dallo spettacolo della Terra morente. La sua domanda era urgente, ma nessuno gli rispose. Sin dall’inizio di quel giorno ogni cosa nel mondo di de Vries si era svolta come un sogno al rallentatore, come se ogni cosa fosse già terminata ancora prima della conclusione finale.
— Potete fabbricarne una? — ripeté.
La dottoressa Ferranti rabbrividì e alla fine rispose: — Se volessimo, potremmo montare un complesso improvvisato per fare il lavoro, ma sarebbero necessari almeno cinque anni. Dovremmo cavarcela completamente da soli, fabbricando apparecchiature per fabbricare altre apparecchiature.
Abbassò di nuovo lo sguardo su Salter Wherry, e perse subito ogni interesse a parlare ancora con de Vries. Adesso il respiro di Wherry era più debole e irregolare. Pareva privo di sensi.
— Vieni — disse la dottoressa al suo assistente. — Non volevo muoverlo, ancora, ma non abbiamo altra scelta. Dobbiamo portarlo al Centro. Subito, altrimenti morirà.
Con l’aiuto di Wolfgang, Wherry venne sollevato con cautela e sistemato sul carrello. Aveva ancora la maschera da ossigeno sulla parte inferiore del viso. Quando venne deposto sul carrello i suoi occhi si aprirono. Le pupille erano dilatate, le iridi cerchiate d’un bianco giallastro. I bulbi oculari erano incassati e cerchiati di scuro. Wolfgang guardò dentro di essi e vi vide la morte.
Cominciò a raddrizzarsi, ma in qualche modo la mano fragile di Wherry trovò la forza di stringergli la manica.
— Sei dell’Istituto? — Le parole erano fioche, smorzate.
— Sì. — Era una sorpresa scoprire che Wherry era ancora in grado di parlare.
— Vieni con me.
Quella debole voce era ancora in grado di comandare. Wolfgang annuì, poi esitò quando la dottoressa Ferranti si preparò a portar via lentamente Wherry sul carrello. Charlene stava parlando di nuovo con de Vries, facendogli le domande che lui stesso avrebbe voluto fargli.
— Jan — stava dicendo Charlene, — abbiamo cercato di raggiungere Judith. Dov’è?
— È qui. Su questa nave. — De Vries si coprì gli occhi con le mani. — È priva di sensi. Non volevo che venisse. Volevo che aspettasse, che riprendesse le forze, che si facesse operare per poi seguirci. Ha insistito per venire. E ha avuto ragione. Ma sulla Terra sarebbe stato possibile aiutarla. Adesso…
Wolfgang si sforzò di dare un senso alle parole di de Vries. Ma quella mano fragile era di nuovo sul suo braccio, e quel filo di voce aveva ripreso a parlare. — Vieni. Adesso. Dobbiamo parlare. Adesso.
Wolfgang esitò per un secondo, poi seguì, riluttante, la barella fuori della sala di controllo.
Salter Wherry girò la testa verso Wolfgang, e una lingua arida si mosse sopra le labbra pallide. — Rimani vicino.
— Non cerchi di parlare — disse la dottoressa.
Wherry l’ignorò. — Devi trasmettere un messaggio. Devi dire a Judith Niles quello che bisogna fare. Mi ascolti?
— Sto ascoltando. — Wolfgang annuì. — Vada avanti. Mi accerterò che riceva il messaggio.
— Dille che io so che ha capito il perché della narcolessia. Ha pensato… troppo semplice per lei. Voglio che sappia la ragione, la vera ragione per la quale la volevo qui.
Vi fu una lunga pausa. Gli occhi di Wherry si chiusero. Wolfgang pensò che avesse perso i sensi, ma quando quella voce antica parlò di nuovo, parve più forte e più coerente.
— Avevo le mie ragioni per aver bisogno di lei quassù, e lei aveva le sue per venire. Non so quali fossero; ma voglio che lei conosca le mie. E voglio che lei porti a compimento il piano qua fuori. Speravo che non ci saremmo fatti saltare in aria da soli là sotto, ma dovevo prepararmi al peggio. Appena in tempo, eh? — Vi fu un gemito sibilante. Wolfgang si rese conto che era una risata. — La storia della mia vita. Appena in tempo. Un altro giorno e saremmo arrivati troppo tardi.
Fece un debole movimento col braccio quando la dottoressa Ferranti lo prese per fargli un’iniezione. — Niente sedativi. Mi fa male… il petto, ma posso sopportarlo. Tu, ragazzo. — Gli occhi del vecchio parvero ardere dentro quelli di Wolfgang. — Chinati. Non posso parlare ancora per molto. Ti racconterò il mio sogno. Voglio che tu dica a Judith Niles di farlo suo.
Wolfgang si chinò sopra quel fragile corpo. Vi fu una lunga pausa.