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Adesso nella stanza era sceso un silenzio sovraccarico di tensione. Charlene deglutì, sentì un nodo in gola, e si affrettò a proseguire: — La procedura è la stessa che ho descritto nel mio rapporto della settimana scorsa per il Comitato di Revisione. Ma questa volta non siamo riusciti a stabilizzare. Gli schemi delle onde cerebrali divagavano, cercando nuovi livelli di stabilità, e c’erano soglie alfa spurie. Quando abbiamo cominciato a far risalire la temperatura del corpo, le funzioni corporee sono saltate. Oscillazioni dappertutto. Ho portato con me la lista degli output, e se volete vederli li farò girare.

— Più tardi. — L’espressione di Judith Niles era un misto di concentrazione e di rabbia. Charlene conosceva quello sguardo. Il direttore si aspettava che tutti e tutto spartissero con lei la sua ansia fremente di arrivare al Sonno Zero. Dolly li aveva traditi. Il volto di JN era impallidito, ma la sua voce era calma e concreta.

— Gibbs, ha detto? Wolfgang Gibbs? È quel tipo con i capelli ricci? Si è occupato lui stesso delle operazioni di discesa e ascesa?

— Sì. Ma non ho nessun motivo di mettere in dubbio la sua competenza…

— Neanch’io. Non è questo che sto suggerendo. Ho letto i suoi rapporti. È in gamba. — Judith Niles rivolse un gesto alla segretaria al suo fianco. — C’erano altre anomalie che lei considera significative?

— Una. — Charlene Bloom tirò un profondo respiro e portò la propria attenzione su una nuova pagina del suo quaderno di appunti. — Quand’eravamo all’incirca una quindicina di gradi al di sopra del punto di congelamento, gli schemi dell’onda cerebrale hanno raggiunto una forma molto stabile. E Wolfgang Gibbs ha notato una cosa molto strana. Parevano avere lo stesso profilo dei ritmi del cervello alla temperatura normale, soltanto allungati nel tempo.

Charlene fece una pausa. All’estremità del tavolo Judith Niles si era rizzata all’improvviso, con un sobbalzo.

— Quanto simili?

— Non l’abbiamo ancora dato in pasto al computer. A occhio nudo parevano identici, ma cinquanta volte più lenti del normale.

Per una frazione di secondo Charlene ebbe l’impressione d’una fugace occhiata rimbalzata fra Judith Niles e Jan de Vries, poi il direttore concentrò tutta la potenza del suo sguardo su di lei. — È qualcosa che voglio vedere con i miei occhi. Oggi sul tardi il dottor de Vries ed io verremo fuori nell’hangar e daremo un’occhiata a questo progetto. Ma adesso che siamo tutti qui, ripassiamolo un po’ più nei dettagli. Per quanto tempo ha mantenuto la fase stabile, e qual era la più bassa temperatura del corpo? E le regolazioni triptofaniche?

Sotto il ripiano del tavolo, Charlene si sfregò le mani sui lati della gonna. Stavano per sorbirsi una seduta di approfondimento, su questo ormai non c’era dubbio. Le mani cominciarono a tremarle, e percepì un nuovo velo di sudore sui palmi. Era ben preparata? L’avrebbe saputo fra pochi minuti. Con il direttore dell’umore giusto per i particolari, il visitatore giunto da fuori all’istituto avrebbe dovuto affrontare una lunga attesa.

CAPITOLO TERZO

Per Hans Gibbs la giornata stava diventando lunga e confusa.

Quando gli era stata suggerita la prima volta una visita all’Istituto di Neurologia dell’ONU a Christchurch, sul latogiù, gli era parso il cambiamento ideale della routine. Avrebbe trascorso una settimana sulla Terra in condizioni di gravità totale invece del quarto di G di PSS-One. Si sarebbe guadagnato un’infornata di crediti per gli esercizi fisici, e lui aveva bisogno di tutti quelli che riusciva a mettere insieme. Avrebbe potuto prendere alcune cose sul latogiù che raramente venivano portate su nel carico della navetta: quanto tempo era passato da quando su PSS-One aveva gustato un’ostrica? E anche se Christchurch era giù nella Nuova Zelanda, lontano dai centri d’azione della politica, sarebbe stato in grado di formarsi le proprie impressioni sulle più recenti tensioni mondiali. Stavano volando un sacco di accuse e controaccuse, ma c’erano buone possibilità che si trattasse delle solite vecchie sfuriate che i latogiù definivano ingenuamente diplomazia.

E, meglio di ogni altra cosa, avrebbe potuto trascorrere un paio di serate con il vecchio e libidinoso Wolfgang. L’ultima volta che erano usciti insieme in città suo cugino era ancora sposato. Questo aveva messo un freno alle cose (ma meno di quanto avrebbe dovuto: forse era questa una delle ragioni per cui Wolfgang, adesso, non era più sposato?).

Il viaggio fin giù era stato un disastro. Non il volo con la navetta, naturalmente; quelle erano state due ore di rilassamento, un liscio rientro seguito dall’attivazione delle turboeliche e una lunga discesa libera fino ad Aussieport nella Nuova Guinea settentrionale. L’atterraggio era avvenuto in perfetto orario. Ma quella era stata l’ultima cosa ad andare secondo i piani.

Lo spazioporto australiano, che serviva, insieme all’Australia, la Nuova Zelanda e la Micronesia, di solito vantava un atteggiamento informale e una grande offerta di eccitazioni. Secondo la leggenda, il visitatore poteva trovare a pochi chilometri dallo spazioporto un elenco completo dei vizi convenzionali del mondo, più qualcuno di quelli non convenzionali (il cannibalismo faceva parte della vita nativa della Nuova Guinea, mentre altrove era scomparso da molto tempo).

Ma, oggigiorno, ogni informalità era scomparsa. Il porto si era riempito di funzionari dalla faccia tetra, intenti a controllare ogni singolo articolo del suo bagaglio, i documenti, i piani di viaggio, e il motivo della sua venuta. Era stato sottoposto a quattro ore d’interrogatorio. Aveva parenti in Giappone o negli Stati Uniti? Simpatizzava con il Movimento per la Distribuzione del Cibo? Cosa pensava del Partito Isolazionalista Australiano? Ci parli nei dettagli di qualsiasi nuovo procedimento per la produzione del cibo sintetico messo a punto per le arcologie dirette verso l’esterno.

Sì, stavano accadendo un sacco di cose in quel campo, come aveva subito ammesso, ma era stato salvato dalla semplice ignoranza. Sicuro, c’erano nuovi metodi per i cibi sintetici, buoni metodi, ma lui non ne sapeva nulla, non gli sarebbe stato permesso di saperlo: comportavano un alto livello di segretezza commerciale.

Il suo primo regalo per Wolfgang, una gemma pura da due carati, prodotta nell’autoclave orbitante su PSS-One, era stata trattenuta per essere sottoposta a un esame. Era stato informato in modo secco e conciso che se la gemma avesse superato l’ispezione, gliel’avrebbero spedita al suo alloggio presso l’Istituto. L’altro suo regalo era stato confiscato senza nessuna promessa di restituzione. I semi sviluppati nello spazio avrebbero potuto contaminare qualche elemento-chiave della flora australasiana.

A quel punto aveva perso la pazienza. Aveva fatto notare che i semi erano sterili. Li aveva portati con sé soltanto come novità, per le loro strane forme e colori.

— Cosa diavolo vi è successo, gente? — si era lamentato. — Non è la prima volta che vengo qui. Sono un abituale, basta che diate un’occhiata a questi visti. Cosa pensate che io abbia intenzione di fare, irrompere nella Cornwall House e violentare la First Lady?

L’avevano fissato stolidamente, soppesando la sua dichiarazione, poi avevano proseguito con l’interrogatorio. Non aveva più provato a replicare. Due anni prima la frenetica vita sessuale della moglie del Premier era stato l’argomento preferito da tutti. Adesso non suscitava neppure un battito di palpebre. Se la maggior parte della Terra era così, i cambiamenti climatici dovevano produrre effetti peggiori di quanto chiunque delle nazioni benestanti fosse disposto ad ammettere. Quelle meno fortunate erano disposte a parlarne, implorando aiuto durante le interminabili e improduttive sedute delle Nazioni Unite.