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«Allora ci definisci Amici delle Tenebre?» chiese Galad, voltando un poco la sua cavalcatura. «Tutti e settemila i Figli che erano sotto il comando di Valda? Uomini con cui i tuoi soldati hanno servito e mangiato, che hanno conosciuto e assieme ai quali hanno combattuto? Uomini che tu stesso proteggevi meno di due mesi fa?»

Asunawa esitò. Definire Amici delle Tenebre settemila Figli sarebbe stato ridicolo: avrebbe voluto dire che due su tre dei Figli rimasti si erano votati all’Ombra.

«No» disse Asunawa. «Forse sono semplicemente... fuorviati. Perfino un uomo buono può disperdersi per sentieri oscuri se i suoi capi sono Amici delle Tenebre.»

«Io non sono un Amico delle Tenebre.» Galad incontrò gli occhi di Asunawa.

«Sottomettiti al mio interrogatorio e dimostralo.»

«Il lord Capitano Comandante non si sottomette a nessuno» disse Galad. «Sotto la Luce, io ordino a te di ritirarti.»

Asunawa rise. «Figlio, noi ti teniamo un coltello alla gola! Questa è la tua occasione per arrenderti!»

«Golever» disse Galad, guardando il lord Capitano alla sinistra di Asunawa. Golever era un uomo smilzo e barbuto, duro come pochi... ma era anche giusto. «Dimmi, i Figli della Luce si arrendono?»

Golever scosse il capo. «Noi non lo facciamo. La Luce ci dimostrerà vittoriosi.»

«E se ci troviamo in inferiorità numerica?» chiese Galad.

«Continuiamo a combattere.»

«E se siamo stanchi e doloranti?»

«La Luce ci proteggerà» disse Golever. «E se per noi è giunto il momento di morire, così sia. Portiamo con noi più nemici che possiamo.»

Galad tornò a voltarsi verso Asunawa. «Come vedi mi trovo di fronte a un dilemma. Combattere vuol dire permetterti di definirci Amici delle Tenebre, ma arrendersi significa venir meno ai nostri giuramenti. Per il mio nome come lord Capitano Comandante, non posso accettare nessuna delle due opzioni.»

L’espressione di Asunawa si rabbuiò. «Tu non sei il lord Capitano Comandante. Egli è morto.»

«Per mano mia» disse Galad, sfoderando la sua arma, tenendola in avanti in modo tale che gli aironi scintillassero alla luce. «E ho la sua spada. Neghi forse di avermi visto affrontare Valda in un combattimento leale, come prescritto dalla legge?»

«Secondo la legge, forse» disse Asunawa. «Ma io non definirei quel combattimento leale. Tu ti sei avvalso dei poteri dell’Ombra; ti ho visto in piedi nell’oscurità nonostante la luce, e ho visto la Zanna del Drago spuntare sulla tua fronte. Valda non ha mai avuto una possibilità.»

«Hamesh» disse Galad, voltandosi verso il lord Capitano alla destra di Asunawa. Era un uomo basso e calvo, a cui mancava un orecchio per aver combattuto contro i Fautori del Drago. «Dimmi. L’Ombra è più forte della Luce?»

«Per la luce, no» disse l’uomo, sputando da un lato. «Se la causa del lord Capitano Comandante fosse stata onorevole, sarebbe caduto battendosi con me in uno scontro sotto la luce? Se io fossi un Amico delle Tenebre, avrei potuto uccidere il lord Capitano Comandante in persona?»

Hamesh non rispose, ma Galad poteva quasi vedere i pensieri nella sua testa. L’Ombra poteva mostrare forza a volte, ma la Luce la smascherava e la distruggeva sempre. Era possibile che il lord Capitano Comandante cadesse per mano di un Amico delle Tenebre... era possibile per qualunque uomo. Ma in un duello davanti agli altri Figli? Un duello d’onore, sotto la Luce?

«A volte l’Ombra mostra astuzia e forza» si inserì Asunawa prima che Galad potesse continuare con le domande. «A volte, bravi uomini muoiono.»

«Voi tutti sapete cos’ha fatto Valda» disse Galad. «Mia madre è morta. C’è forse qualche obiezione contro il mio diritto a sfidarlo?»

«Tu non hai diritti come Amico delle Tenebre! Non discuterò più con te, assassino.» Asunawa agitò una mano e diversi dei suoi Inquisitori estrassero le spade. Immediatamente i compagni di Galad fecero lo stesso. Dietro, poteva sentire le sue forze stanche affrettarsi per terminare di disporsi in ranghi.

«Cosa ci succederà, Asunawa, se i Figli combatteranno contro i Figli?» chiese Galad piano. «Io non mi arrenderò e non voglio attaccarti, ma forse possiamo riunirci. Non come nemici, ma come fratelli separati per qualche tempo.»

«Non mi accompagnerò mai a degli Amici delle Tenebre» disse Asunawa, anche se suonava esitante. Osservò gli uomini di Galad. Se avessero combattuto, Asunawa avrebbe vinto, ma se gli uomini di Galad avessero resistito, quella vittoria gli sarebbe costata cara. Entrambi gli schieramenti avrebbero perso migliaia di uomini.

«Mi sottometterò a te» disse Galad. «A certe condizioni.»

«No!» esclamò Bornhald da dietro, ma Galad sollevò una mano, zittendolo.

«E di quali condizioni si tratterebbe?» chiese Asunawa.

«Giura — davanti alla Luce e ai lord Capitani qui con te — che non farai del male, interrogherai o condannerai in altro modo gli uomini che mi hanno seguito. Stavano solo facendo quello che ritenevano fosse giusto.»

Gli occhi di Asunawa si strinsero e le sue labbra formarono una linea sottile.

«Ciò include i miei compagni qui» disse Galad, indicando col capo Byar e Bornhald. «Ogni uomo, Asunawa. Non dovranno mai subire un interrogatorio.»

«Non puoi ostacolare la Mano della Luce a tal punto! Questo darebbe loro campo libero per cercare l’Ombra.»

«Dunque è solo la paura dell’inquisizione che ci mantiene nella Luce, Asunawa?» domandò Galad. «I Figli non sono forse sinceri e valorosi?»

Asunawa tacque. Galad chiuse gli occhi, sentendo il peso del comando. Ogni momento che lo teneva in stallo migliorava la posizione dei suoi uomini in quel patteggiamento. Aprì gli occhi. «L’Ultima Battaglia sta arrivando, Asunawa. Non abbiamo tempo per i bisticci. Il Drago Rinato calca la terra.»

«Eresia!» esclamò Asunawa.

«Sì» disse Galad. «E anche verità.»

Asunawa digrignò i denti, ma parve considerare l’offerta.

«Galad» disse Bornhald piano. «Non fare questo. Possiamo combattere. La Luce ci proteggerà!»

«Se combattiamo, uccideremo uomini buoni, Figlio Bornhald» disse Galad senza voltarsi. «Ciascun colpo delle nostre spade sarà un colpo per il Tenebroso. I Figli sono le uniche vere fondamenta che restano a questo mondo. C’è bisogno di noi. Se è necessaria la mia vita per portare unità, così sia. Tu faresti lo stesso, confido.» Incontrò gli occhi di Asunawa.

«Prendetelo» proruppe Asunawa, con aria insoddisfatta. «E dite alle legioni di abbassare le armi. Informateli che ho preso in custodia il falso lord Capitano Comandante, e che lo Inquisirò per determinare la portata dei suoi crimini.» Esitò. «Ma passate anche parola che coloro che lo hanno seguito non saranno puniti o Inquisiti.» Asunawa fece voltare il suo cavallo e si allontanò.

Galad rigirò la sua spada e la porse a Bornhald. «Torna dai nostri uomini; di’ loro cos’è successo qui e non lasciare che combattano o tentino di liberarmi. Questo è un ordine.»

Bornhald incontrò i suoi occhi, poi prese lentamente la spada. Alla fine gli rivolse il saluto. «Sì, mio lord Capitano Comandante.»

Non appena si voltarono per allontanarsi, mani brusche afferrarono Galad e lo tirarono giù dalla sella di Robusto. Colpì il suolo con un grugnito, la spalla ferita che gli inviava una fitta di dolore per il petto. Cercò di rialzarsi in piedi, ma diversi Inquisitori smontarono da cavallo e lo sbatterono di nuovo a terra.

Uno lo costrinse a rimanerci premendogli uno stivale contro la schiena, e Galad udì il raschiare metallico di un coltello che veniva sfoderato. Gli tagliarono via l’armatura e gli abiti.

«Tu non indosserai l’uniforme di un Figlio della Luce, Amico delle Tenebre» gli disse un Inquisitore all’orecchio.

«Io non sono un Amico delle Tenebre» disse Galad, il volto premuto contro il terreno erboso. «Non pronuncerò mai quella menzogna. Io cammino nella Luce.»