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Perrin pensò a Faile nella loro tenda sul Campo di Merrilor. Lei era la sua casa. C’era molto da fare. Rand era arrivato, come promesso. Domani avrebbe affrontato Egwene. Pensare al mondo reale mise Perrin con i piedi per terra, impedendogli di entrare nel sogno del lupo con troppa forza.

Perrin si alzò in piedi. Poteva fare molte cose in questo posto, ma c’erano limiti. C’erano sempre limiti.

Cerca Sconfinato. Lui spiegherà.

L’ultimo messaggio di Hopper per lui. Cosa voleva dire? Hopper aveva detto che Perrin aveva trovato la risposta. Eppure Sconfinato avrebbe spiegato quella risposta? Quel messaggio era stato colmo di dolore, perdita, soddisfazione nel vedere Perrin accettare il lupo dentro di lui. Un’ultima immagine di un lupo che balzava fiero nell’oscurità, il manto splendente, l’odore deciso.

Perrin si inviò alla strada di Jehannah. Sconfinato era spesso lì, con i resti del branco. Perrin si protese all’infuori e lo trovò: un giovane maschio dalla pelliccia bruna e la corporatura snella. Sconfinato lo canzonò, inviandogli l’immagine di Perrin come un toro che calpestava un cervo. Gli altri avevano lasciato perdere quell’immagine, ma Sconfinato continuava a ricordare.

Sconfinato, trasmise Perrin. Hopper mi ha detto che avrei avuto bisogno di te.

Il lupo svanì.

Perrin sussultò, poi balzò nel posto in cui il lupo era stato, la sommità di un dirupo a diverse leghe dalla strada. Colse l’odore appena percettibile della destinazione del lupo e poi andò lì. Un campo aperto con un granaio in lontananza, all’apparenza marcito.

Sconfinato?, trasmise Perrin. Il lupo si accovacciò su una pila di sterpi lì vicino.

No. No. Sconfinato inviò paura e rabbia.

Cos’ho fatto?

Il lupo sfrecciò via, lasciando un’immagine indistinta. Perrin ringhiò e si mise a quattro zampe, diventando un lupo. Giovane Toro lo seguì, il vento che gli ruggiva nelle orecchie. Lo costrinse a separarsi di fronte a lui, aumentando ancor di più la propria velocità.

Sconfinato cercò di scomparire, ma Giovane Toro lo seguì, apparendo nel mezzo dell’oceano. Colpì le onde, l’acqua solida sotto le sue zampe, poi continuò dietro Sconfinato senza rallentare.

I messaggi di Sconfinato balenavano di immagini. Foreste. Città. Campi. Un’immagine di Perrin in piedi fuori da una gabbia, lo sguardo abbassato verso di lui.

Perrin si immobilizzò, tornando di nuovo umano. Stette sopra le onde che si increspavano, sollevandosi lentamente in aria. Cosa? Quell’immagine era stata di un Perrin più giovane. E Moiraine era stata con lui. Com’era possibile che Sconfinato...

E all’improvviso Perrin seppe. Sconfinato si era sempre trovato a Ghealdan nel sogno del lupo.

Noam, trasmise al lupo, ora distante.

Ci fu un sussulto di sorpresa e poi la mente scomparve. Perrin si spostò verso dov’era stato Sconfinato e lì fiutò un piccolo villaggio. Un granaio. Una gabbia.

Perrin comparve lì. Sconfinato giaceva a terra fra due case, lo sguardo alzato verso Perrin. Sconfinato era indistinguibile dagli altri lupi, nonostante il fatto che ora Perrin sospettasse la verità. Questo non era un lupo. Era un uomo.

«Sconfinato» disse Perrin, abbassandosi su un ginocchio per guardare il lupo negli occhi. «Noam. Ti ricordi di me?»

Ma certo. Tu sei Giovane Toro.

«Intendo, ti ricordi di me da prima, quando ci incontrammo nel mondo della veglia? Mi hai inviato un’immagine di quello?»

Noam aprì le fauci e tra esse apparve un osso. Un grosso femore su cui c’era ancora della carne. Giacque sul fianco, masticando la carne. Tu sei Giovane Toro, trasmise, ostinato.

«Ricordi la gabbia, Noam?» chiese Perrin piano, inviando l’immagine. L’immagine di un uomo, i suoi abiti luridi mezzi strappati via, rinchiuso in una cella di legno improvvisata dalla sua famiglia.

Noam rimase immobile e la sua immagine tremolò per un attimo, diventando quella di un uomo. L’immagine del lupo tornò immediatamente e lui ringhiò, un suono basso e pericoloso.

«Non ho rievocato brutti tempi per farti arrabbiare, Noam» disse Perrin. «Io... be’, io sono come te.»

Io sono un lupo.

«Sì» disse Perrin. «Ma non sempre.»

Sempre.

«No» disse Perrin con fermezza. «Una volta tu eri come me. Pensare altrimenti non lo rende reale.»

Qui lo fa, Giovane Toro, trasmise Noam. Qui lo fa.

Quello era vero. Perché Perrin stava insistendo tanto su quello? Hopper l’aveva mandato qui, però. Perché Sconfinato avrebbe dovuto avere la risposta? Vederlo, sapere chi era, riportava indietro tutte le paure di Perrin. Lui aveva fatto pace con sé stesso, eppure qui c’era un uomo che si era abbandonato completamente al lupo.

Questo era ciò di cui Perrin era stato terrorizzato. Questo era ciò che aveva creato il disaccordo fra lui e i lupi. Adesso che l’aveva superato, perché mai Hopper l’avrebbe mandato qui? Sconfinato fiutò la sua confusione. L’osso scomparve e Sconfinato posò la testa sulle zampe, alzando lo sguardo su Perrin.

Noam — la sua mente quasi svanita — aveva pensato solo a liberarsi e a uccidere: era stato un pericolo per chiunque attorno a lui. Ora non c’era nulla di tutto ciò. Sconfinato sembrava in pace. Quando avevano liberato Noam, Perrin si era preoccupato che l’uomo sarebbe morto presto, ma pareva vivo e in salute. Vivo, almeno: Perrin non poteva valutare molto delle sue condizioni da come l’uomo appariva nel sogno del lupo.

Tuttavia, la mente di Sconfinato stava molto meglio ora. Perrin si accigliò fra sé. Moiraine aveva detto che non restava nulla dell’uomo Noam nella mente della creatura.

«Sconfinato» disse Perrin. «Cosa pensi del mondo degli uomini?»

Perrin venne colpito immediatamente da una rapida successione di immagini. Dolore. Tristezza. Raccolti che morivano. Dolore. Un omone corpulento, mezzo ubriaco, che picchiava una donna graziosa. Dolore. Un incendio. Paura, dispiacere. Dolore.

Perrin barcollò all’indietro. Sconfinato continuò a inviare immagini. Una dopo l’altra. Una tomba. Una tomba più piccola accanto a essa, come per un bambino. L’incendio che si espandeva. Un uomo — il fratello di Noam; Perrin lo riconobbe, anche se l’uomo all’epoca non era sembrato pericoloso — adirato.

Era una fiumana, troppo. Perrin ululò. Un lamento per la vita che Noam aveva condotto, un’elegia di tristezza e dolore. Non c’era da stupirsi che quest’uomo preferisse la vita di un lupo.

Le immagini si fermarono e Sconfinato voltò la testa. Perrin si ritrovò ad annaspare in cerca di fiato.

Un dono, trasmise Sconfinato.

«Per la Luce» sussurrò Perrin. «Questa è stata una scelta, non è così? Hai scelto il lupo di proposito.»

Sconfinato chiuse gli occhi.

«Ho sempre pensato che mi avrebbe preso, se non fossi stato attento» disse Perrin.

Il lupo è pace, trasmise Sconfinato.

«Sì» disse Perrin, posando una mano sulla testa del lupo. «Io capisco.»

Questo era l’equilibrio per Sconfinato. Diverso dall’equilibrio per Elyas. E diverso da quello che aveva trovato Perrin. Lui capiva. Questo non voleva dire che il modo in cui permetteva a sé stesso di perdere il controllo non fosse pericoloso. Ma era l’ultimo pezzo di cui aveva bisogno per capire. L’ultimo pezzo di sé stesso.

Grazie, trasmise Perrin. L’immagine di Giovane Toro il lupo e Perrin l’uomo in piedi l’uno accanto all’altro, in cima a una collina, entrambi con lo stesso odore. Trasmise quell’immagine all’infuori, con quanta forza poteva. A Sconfinato, ai lupi nei paraggi. A chiunque avrebbe ascoltato.

Grazie.