Da lì, Gawyn si diresse ai terreni di addestramento, nonostante il disagio che provava verso di essi. Aveva bisogno di un po’ di allenamento con la spada.
Egwene esalò un lungo sospiro, rilassandosi e chiudendo gli occhi. Perché era così difficile tenere sotto controllo le sue emozioni quando aveva a che fare con Gawyn? Non si era mai sentita così poco Aes Sedai come quando parlava con lui.
Così tante emozioni mulinavano dentro di lei, come diversi tipi di vino che si versavano e si mischiavano assieme: rabbia per la sua testardaggine, un desiderio bruciante di essere fra le sue braccia, confusione per la propria incapacità di mettere una di quelle sensazioni prima dell’altra.
Gawyn aveva una capacità di penetrare attraverso la sua pelle fin nel suo cuore. Quella sua passione era incantevole. Lei era preoccupata che, se lo avesse vincolato, questa l’avrebbe infettata. Era così che funzionava? Che sensazione dava l’essere vincolati, percepire le emozioni di un’altra persona?
Lei voleva questo con lui, la connessione che le altre avevano. Ed era importante che lei avesse persone su cui poteva contare perché la contraddicessero, in privato. Persone che la conoscevano come Egwene, piuttosto che come l’Amyrlin.
Ma Gawyn era troppo altalenante, troppo privo di fiducia, ancora.
Egwene rilesse la sua lettera per il nuovo re di Tear, che spiegava che Rand stava minacciando di rompere i sigilli. Il suo piano per fermarlo sarebbe dipeso dal raccogliere il sostegno delle persone di cui lui si fidava. Egwene aveva rapporti contraddittori su Darlin Sisnera. Alcuni dicevano che era uno dei più grandi sostenitori di Rand, mentre altri affermavano che era uno dei suoi più grandi detrattori.
Mise da parte la lettera per il momento, poi scrisse alcuni pensieri su come presentare al Consiglio la questione dei Custodi. Gawyn aveva avanzato un’argomentazione eccellente, anche se si era spinto troppo oltre e aveva presunto troppo. Avanzare una supplica alle donne che non avevano nessun Custode perché ne scegliessero uno, spiegando tutti i vantaggi ed evidenziando come questo avrebbe potuto salvare vite e aiutare a sconfiggere l’Ombra... questo sarebbe stato appropriato.
Si versò del tè alla menta dalla teiera sul lato della sua scrivania. Stranamente non si era guastato così spesso di recente, e questa tazza aveva un sapore piuttosto buono. Lei non aveva detto a Gawyn dell’altro motivo per cui gli aveva chiesto di lasciare la sua porta di notte. Aveva problemi a dormire, sapendo che lui era lì fuori, solo a pochi passi di distanza. Era preoccupata di poter scivolare fuori e andare da lui.
La cinghia di Silviana non era mai riuscita a spezzare la sua volontà, ma Gawyn Trakand... lui stava arrivando pericolosamente vicino a farlo.
Graendal aveva previsto l’arrivo del messaggero. Perfino qui, nel più segreto dei suoi nascondigli, il suo arrivo non era inatteso. La Prescelta non poteva nascondersi dal Signore Supremo.
Il nascondiglio non era un palazzo, una baita elegante o un’antica fortezza. Era una caverna su un’isola di cui a nessuno importava nulla, in un’area dell’Oceano Aryth che nessuno visitava mai. A quanto ne sapeva, non c’era nulla degno di nota o interesse lì vicino.
Le sistemazioni erano decisamente terribili. Sei dei suoi preferiti minori si prendevano cura di quel posto, che consisteva appena di tre camere. Lei aveva coperto l’ingresso con della pietra, e l’unico modo per entrare o uscire era tramite passaggio. Acqua fresca proveniva da una fonte naturale, il cibo da scorte che lei aveva portato lì in precedenza, e l’aria attraverso fessure. Era umido, ed era modesto.
In altre parole, era precisamente il genere di posto dove nessuno si sarebbe aspettato di trovarla. Tutti sapevano che Graendal non poteva sopportare una mancanza di lusso. Quello era vero. Ma la parte migliore sull’essere prevedibili era che ti consentiva di fare l’inaspettato.
Sfortunatamente, nulla di questo si applicava al Signore Supremo. Graendal osservò il passaggio aperto davanti a lei mentre si rilassava su un divanetto di seta gialla e blu. Il messaggero era un uomo dalle fattezze piatte e pelle dall’abbronzatura intensa, che indossava rosso e nero. Lui non aveva bisogno di parlare: la sua presenza era il messaggio. Una dei suoi favoriti — una bellissima donna dai capelli neri con grandi occhi castani che una volta era stata una Somma Signora tarenese — fissò il passaggio. Pareva spaventata. Graendal si sentiva quasi allo stesso modo.
Chiuse la copia rilegata in legno di: "In fiamme nella neve" che aveva tra le mani e si alzò in piedi, con indosso un sottile abito di seta nera con nastri di streith che correvano giù per il vestito. Attraversò il passaggio, attenta a trasmettere un’aria di fiducia in sé stessa.
Moridin era in piedi dentro il suo palazzo di pietra nera. La stanza non aveva mobilio; soltanto il camino, con un fuoco che ardeva. Signore Supremo! Un fuoco, in una giornata così calda? Graendal mantenne la sua compostezza e non iniziò a sudare.
Moridin si voltò verso di lei, i puntini neri dei saa che galleggiavano nei suoi occhi. «Sai perché ti ho convocato.» Non era una domanda.
«Lo so.»
«Aran’gar è morta, perduta per noi... e dopo che il Signore Supremo ha trasmigrato la sua anima l’ultima volta. Si potrebbe pensare che tu stia facendo l’abitudine a questo genere di cose, Graendal.»
«Io vivo per servire, Nae’blis» disse lei. Fiducia! Doveva sembrare fiduciosa.
Lui esitò appena un poco. Bene. «Di sicuro non stai insinuando che Aran’gar abbia tradito.»
«Cosa?» disse Graendal. «No, certo che no.»
«Allora in che modo quello che hai fatto è un servizio?»
Graendal assunse un’espressione di confusione preoccupata sulla sua faccia. «Be’, stavo solo eseguendo l’ordine che mi era stato dato. Non sono qui per ricevere un elogio?»
«Tutt’altro» disse Moridin in tono secco. «La tua confusione simulata non funzionerà con me, donna.»
«Non è simulata» disse Graendal, preparando la sua menzogna. «Per quanto non mi aspetti che il Signore Supremo sia compiaciuto di perdere una dei Prescelti, il guadagno valeva ovviamente la perdita.»
«Quale guadagno?» ringhiò Moridin. «Ti sei lasciata cogliere di sorpresa e hai scioccamente perso la vita di una dei Prescelti! Avremmo dovuto poter contare su di te, più di chiunque altro, per evitare di incappare in al’Thor.»
Lui non sapeva che lei aveva legato Aran’gar e l’aveva lasciata morire; pensava che questo fosse un errore. Bene. «Colta di sorpresa?» disse lei, suonando mortificata. «Io non ho mai... Moridin, come hai potuto pensare che avrei lasciato che mi trovasse per caso!»
«Tu hai fatto questo di proposito?»
«Ma certo» disse Graendal. «L’ho praticamente guidato per mano a Collina di Natrin. Lews Therin non è mai stato bravo a vedere i fatti proprio di fronte al suo naso. Moridin, non capisci? Come reagirà Lews Therin a quello che ha fatto? Distruggere un’intera fortezza, una città in miniatura, con centinaia di occupanti? Uccidere innocenti per raggiungere il suo scopo? Questo come peserà dentro di lui?»
Moridin esitò. No, non aveva considerato questo. Graendal sorrise dentro di sé. Per lui, le azioni di al’Thor avrebbero avuto perfettamente senso. Erano i mezzi più logici, pertanto più sensati, per raggiungere un obiettivo.
Ma al’Thor stesso... la sua mente era piena di fantasticherie su onore e virtù. Questo evento avrebbe pesato dentro di lui, e parlare di lui come Lews Therin a Moridin avrebbe corroborato ciò. Queste azioni avrebbero lacerato al’Thor, avrebbero squarciato la sua anima, avrebbero sferzato il suo cuore lasciandolo scorticato e sanguinante. Avrebbe avuto incubi, avrebbe portato la sua colpa sulle spalle come il giogo di un carretto stracarico.