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«Quattro ore dopo mezzogiorno» disse Galad.

«Ne sei certo?»

«Sì.»

«Non ci saremmo dovuti fermare a mezzogiorno per discutere la nostra prossima mossa?» Quella riunione si sarebbe dovuta tenere una volta che fossero usciti dalla palude.

«Per ora abbiamo poche scelte» disse Galad. «Condurrò gli uomini a nord verso l’Andor.»

«I Figli hanno incontrato... ostilità lì.»

«Ho delle terre appartate su a nordovest. Non verrò cacciato via lì, chiunque detenga il trono.»

Volesse la Luce che fosse Elayne a sedere sul Trono del Leone. Volesse la Luce che fosse sfuggita agli intrighi delle Aes Sedai, anche se lui temeva il peggio. C’erano molti che l’avrebbero usata come una pedina, non ultimo al’Thor. Lei era ostinata e questo poteva renderla facile da manipolare.

«Avremo bisogno di provviste» disse Trom. «Il foraggio è difficile da trovare, e sempre più villaggi sono vuoti.»

Galad annuì. Una preoccupazione legittima.

«È un buon piano, però» disse Trom, poi abbassò la voce. «Lo ammetto, Damodred, ero preoccupato che avresti rifiutato il comando.»

«Non avrei potuto. Abbandonare i Figli ora, dopo aver ucciso il loro capo, sarebbe stato sbagliato.»

Trom sorrise. «È sempre così facile per te, vero?»

«Dovrebbe essere così facile per chiunque.» Galad doveva assurgere al ruolo che gli era stato dato. Non aveva altre opzioni. «L’Ultima Battaglia sta arrivando e i Figli della Luce combatteranno. Perfino se dovremo stipulare alleanze con il Drago Rinato in persona, noi combatteremo.»

Per qualche tempo, Galad non era stato certo su al’Thor. Di sicuro il Drago Rinato avrebbe dovuto combattere all’ultima Battaglia. Ma quell’uomo era al’Thor, oppure era un fantoccio della Torre e non il vero Drago Rinato? Il cielo era troppo cupo, la terra troppo spezzata. Al’Thor doveva essere il Drago Rinato. Questo non voleva dire, naturalmente, che non fosse anche un burattino delle Aes Sedai.

Presto superarono i grigi alberi scheletrici, raggiungendo altri che erano più normali. Questi avevano ancora foglie ingiallite e troppi rami morti. Ma era meglio della lanugine.

Circa un’ora dopo, Galad notò il Figlio Barlett tornare. L’esploratore era un uomo magro, con una cicatrice su una guancia. Galad alzò una mano mentre l’uomo si avvicinava. «Che notizie?»

Barlett lo salutò col braccio contro il petto. «La palude si prosciuga e gli alberi si assottigliano tra circa un miglio, mio lord Capitano Comandante. Il campo al di là è aperto e vuoto, la strada verso nord sgombra.»

Grazie alla Luce!, pensò Galad. Annuì a Barlett e l’uomo si precipitò di nuovo tra gli alberi.

Galad lanciò un’occhiata indietro verso la fila di uomini. Erano inzaccherati, sudati e affaticati. Ma erano ancora uno spettacolo meraviglioso, di nuovo con indosso l’armatura e con i volti determinati. Lo avevano seguito attraverso questo schifo di palude. Erano bravi uomini.

«Passa parola agli altri lord Capitani, Trom» disse Galad. «Fa’ in modo che trasmettano la notizia alle loro legioni. Saremo fuori da tutto questo in meno di un’ora.»

L’uomo più anziano sorrise, sul suo volto un sollievo come quello che provava Galad. Galad continuò ad avanzare, facendosi forza contro il dolore alla gamba. Il taglio era fasciato bene e c’era poco pericolo di ulteriori danni. Era doloroso, ma col dolore si poteva convivere.

Finalmente liberi da questo pantano! Avrebbe dovuto pianificare con attenzione il loro itinerario successivo, tenendosi alla larga da cittadine, strade principali o tenute di lord influenti. Passò in rassegna le mappe nella sua testa, mappe che aveva memorizzato prima del suo decimo giorno del nome.

Era impegnato in questo quando la volta gialla si assottigliò e una luce solare filtrò tra le nubi a fare capolino tra i rami. Presto notò Barlett in attesa presso il limitare degli alberi. La foresta terminava all’improvviso, quasi netta come una linea su una mappa.

Galad sospirò di sollievo, assaporando il pensiero di essere di nuovo fuori all’aperto. Uscì dagli alberi. Solo allora un enorme numero di truppe iniziò ad apparire, sormontando un’altura proprio alla sua destra.

Clangori di armature e nitriti di cavalli riempirono l’aria mentre migliaia di soldati si allineavano in cima alla sporgenza. Alcuni erano Figli nella loro piastra e maglia, con elmi conici lucidati per brillare alla perfezione. I loro tabarri e mantelli immacolati scintillavano, il sole raggiato che luccicava sui loro petti, le lance sollevate in formazione. Quelli più numerosi erano fanti, che non indossavano il bianco dei Figli, bensì semplice cuoio marrone. Amadiciani, probabilmente forniti dai Seanchan. Molti avevano archi.

Galad barcollò all’indietro, la sua mano che andava alla spada. Ma seppe all’istante che era stato preso in trappola. Non pochi dei figli indossavano abiti adornati con il pastorale della Mano della luce: gli Inquisitori. Se i normali Figli erano una fiamma per bruciare il male, gli Inquisitori erano un violento falò.

Galad fece un rapido calcolo. Da tre a quattromila Figli e almeno altri sei o anche ottomila fanti, metà dei quali con archi; diecimila truppe fresche. Ebbe un tuffo al cuore.

Trom, Bornhald e Byar si affrettarono fuori dalla foresta dietro Galad assieme a un gruppo di altri Figli. Trom imprecò piano.

«Dunque,» disse Galad, voltandosi verso l’esploratore, Barlett, «sei un traditore?»

«Tu sei il traditore, Figlio Damodred» replicò l’esploratore, il suo volto duro.

«Sì,» disse Galad «suppongo si possa vederla a quel modo.» Questa marcia attraverso la palude era stata proposta dai suoi esploratori. Galad riusciva a capirlo ora: era stata una tattica per ritardarli, un modo perché Asunawa superasse Galad. Inoltre la marcia aveva lasciato gli uomini di Galad spossati, mentre le forze di Asunawa erano riposate e pronte per la battaglia.

Una spada raschiò nel proprio fodero.

Galad alzò immediatamente una mano senza voltarsi. «Pace, Figlio Byar.» Sicuramente era stato Byar a mettere mano alla sua arma, con tutta probabilità per uccidere Barlett.

Forse si poteva recuperare qualcosa da questa situazione. Galad prese la sua decisione rapidamente. «Figlio Byar e Figlio Bornhald, voi con me. Trom, tu e gli altri lord Capitani portate i nostri uomini sul campo e fateli disporre in formazione.»

Un numeroso capannello di uomini sul fronte dell’armata di Asunawa stava venendo avanti, cavalcando giù per il fianco della collina. Molti indossavano il pastorale degli Inquisitori. Avrebbero potuto far scattare la loro imboscata e uccidere rapidamente il contingente di Galad. Invece mandavano un gruppo per parlamentare. Quello era un buon segno.

Galad volteggiò in sella, reprimendo un sussulto per la sua gamba ferita. Anche Byar e Bornhald montarono a cavallo e lo seguirono sul campo, i tonfi degli zoccoli ovattati dalla folta erba ingiallita. Asunawa in persona era nel gruppo in avvicinamento. Aveva spesse sopracciglia ingrigite ed era così magro da sembrare una bambola fatta di bastoncini di legno su cui fosse stata stesa della stoffa per imitare la pelle.

Asunawa non stava sorridendo. Di rado lo faceva.

Galad arrestò il suo cavallo davanti all’Alto Inquisitore. Asunawa era circondato da una piccola scorta dei suoi Inquisitori, ma era anche accompagnato da cinque lord Capitani; Galad aveva incontrato — o servito sotto — alcuni di essi durante il breve tempo da lui trascorso tra i Figli.

Asunawa si sporse in avanti sulla sua sella, gli occhi infossati che si stringevano. «I tuoi ribelli si stanno mettendo in formazione. Di’ loro di non farlo, oppure i miei arcieri tireranno.»

«Di certo non ignorerai le regole di ingaggio formale» disse Galad. «Scaglieresti delle frecce su uomini che si stanno mettendo in formazione? Dov’è il tuo onore?»

«Gli Amici delle Tenebre non meritano alcun onore» sbottò Asunawa. «Né meritano pietà.»