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Così si fa ancora in diversi colori un musaico rustico e molto bello, pigliando piccoli pezzi di colature di mattoni, disfatti e troppo cotti nella fornace, et altri pezzi di colature di vetri, che vengono fatte quando pel troppo fuoco scoppiano le padelle de' vetri nella fornace; si fa, dico, murando i detti pezzi, fermandogli nello stucco, come s'è detto di sopra, e facendo nascere tra essi coralli et altri ceppi maritimi, i quali recano in sé grazia e bellezza grandissima. Così si fanno animali e figure, che si cuoprono di smalti in varii pezzi posti alla grossa e con le nicchie su dette; le quali sono bizzarra cosa a vederle. E di questa specie n'è a Roma fatte moderne di molte fontane, le quali hanno desto l'animo d'infiniti a essere per tal diletto vaghi di sì fatto lavoro.

È oggi similmente in uso un'altra sorte d'ornamento per le fontane, rustico affatto, il quale si fa in questo modo: fatte di sotto l'ossature delle figure o d'altro che si voglia fare e coperte di calcina o di stucco, si ricuopre il difuori a guisa di musaico di pietre di marmo bianco o d'altro colore, secondo quello che si ha da fare, overo di certe piccole pietre di ghiaia di diversi colori; e queste, quando sono con diligenza lavorate, hanno lunga vita. E lo stucco con che si murano e lavorano queste cose è il medesimo che inanzi abbiamo ragionato, e per la presa fatta con essa rimangono murate. A queste tali fontane di frombole, cioè sassi di fiumi tondi e stiacciati, si fanno pavimenti murando quelli per coltello e a onde a uso d'acque, che fanno benissimo. Altri fanno alle più gentili pavimenti di terra cotta a mattoncini con varii spartimenti et invetriati a fuoco, come in vasi di terra, dipinti di varii colori e con fregi e fogliami dipinti; ma questa sorte di pavimenti più conviene alle stufe et a' bagni che alle fonti.

Cap. VI. Del modo di fare i pavimenti di commesso.

Tutte le cose che trovar si poterono, gli antichi, ancora che con difficultà, in ogni genere o le ritrovarono o di ritrovarle cercarono: quelle, dico, ch'alla vista degli uomini vaghezza e varietà indurre potessero. Trovarono, dunque, fra l'altre cose belle i pavimenti di pietre ispartiti con varii misti di porfidi, serpentini, e graniti, con tondi e quadri, et altri spartimenti, onde s'imaginarono che fare si potessero fregi, fogliami et altri andari di disegni e figure. Onde, per poter meglio ricevere l'opera tal lavoro, tritavano i marmi, acciò che essendo quelli minori, potessero per lo campo e piano con essi rigirare in tondo e diritto et a torto, secondo che veniva lor meglio; e dal commettere insieme questi pezzi lo dimandarono musaico, e nei pavimenti di molte loro fabriche se ne servirono; come ancora veggiamo all'Antoniano di Roma et in altri luoghi, dove si vede il musaico lavorato con quadretti di marmo piccioli, conducendo fogliami, maschere et altre bizzarrie; e con quadri di marmo bianchi et altri quadretti di marmo nero fecero il campo di quegli. Questi, dunque, si lavoravano in tal modo: facevasi sotto un piano di stucco fresco di calce e di marmo, tanto grosso che bastasse per tenere in sé i pezzi commessi fermamente, sin che, fatto presa, si potessero spianar di sopra: per che facevano nel seccarsi una presa mirabile et uno smalto maraviglioso, che né l'uso del caminare né l'acqua non gl'offendeva. Onde, essendo questa opera in grandissima considerazione venuta, gli ingegni loro si misero a speculare più alto, essendo facile a una invenzione trovata, aggiugner sempre qualcosa di bontà. Per che fecero poi i musaici di marmi più fini, e per bagni e per stufe i pavimenti di quelli, e con più sottile magistero e diligenza quei lavoravano sottilissimamente, facendosi pesci variati et imitando la pittura con varie sorti di colori, atti a ciò, con più specie di marmi, mescolando anco fra quegli alcuni pezzi triti di quadretti di musaico di ossa di pesce, ch'hanno la pelle lustra. E così vivamente gli facevano, che l'acqua postavi di sopra velandogli, pur che chiara fosse, gli faceva parere vivissimi nei pavimenti; come se ne vede in Parione in Roma in casa di messer Egidio e Fabio Sasso. Per che parendo loro questa una pittura da poter reggere all'acque et ai venti et al sole per l'eternità sua, e pensando che tale opra molto meglio di lontano che d'appresso ritornerebbe, perché così non si scorgerebbono i pezzi che il musaico d'appresso fa vedere, ordinarono per ornar le volte e le pareti dei muri, dove tai cose si avevano a veder di lontano. E perché lustrassero e dagli umidi et acque si difendessero, pensarono tal cosa doversi fare di vetri, e così gli misero in opra; e facendo ciò bellissimo vedere, ne ornarono i tempii loro et altri luoghi, come veggiamo oggi ancora a Roma il tempio di Bacco et altri. Talché da quegli di marmo derivano questi, che si chiamano oggi musaico di vetri, e da quel di vetri s'è passato al musaico di gusci d'uovo, e da questi al musaico del far le figure e le storie di chiaroscuro, pur di commessi, che paiono dipinte; come tratteremo, al suo luogo, nella pittura.

Cap. VII. Come si ha a conoscere uno edificio proporzionato bene, e che parti generalmente se li convengono.

Ma perché il ragionare delle cose particulari mi farebbe deviar troppo dal mio proposito, lasciata questa minuta considerazione agli scrittori dell'architettura, dirò solamente in universale come si conoscano le buone fabriche e quello che si convenga alla forma loro per essere insieme et utili e belle. Quando s'arriva, dunque, a uno edificio, chi volesse vedere s'egli è stato ordinato da uno architettore eccellente e quanta maestria egli ha avuto, e sapere s'egli ha saputo accomodarsi al sito e alla volontà di chi l'ha fatto fabricare, egli ha a considerare tutte queste parti. In prima, se chi lo ha levato dal fondamento ha pensato se quel luogo era disposto e capace a ricevere quella qualità e quantità di ordinazione, così nello spartimento delle stanze come negli ornamenti che per le mura comporta quel sito, o stretto o largo, o alto o basso; e se è stato spartito con grazia e conveniente misura, dispensando e dando la qualità e quantità di colonne, finestre, porte e riscontri delle facce fuori e dentro nelle altezze o grossezze de' muri, e in tutto quello che c'intervenga a luogo per luogo. È di necessità che si distribuischino che lo edificio le stanze, ch'abbino le lor corrispondenze di porte, finestre, camini, scale segrete, anticamere, destri, scrittoi, senza che vi si vegga errori: come saria una sala grande, un portico picciolo e le stanze minori; le quali per esser membra dell'edificio, è di necessità ch'elle siano, come i corpi umani, egualmente ordinate e distribuite secondo le qualità e varietà delle fabriche: come tempii tondi, [in] otto facce, in sei facce, in croce, e quadri, e gli ordini varii secondo chi et i gradi in che si trova chi le fa fabricare. Perciò che quando son disegnati da mano che abbia giudicio, con bella maniera mostrano l'eccellenza dell'artefice e l'animo dell'auttor della fabrica.

Perciò figureremo, per meglio esser intesi, un palazzo qui di sotto, e questo ne darà lume agli altri edifici, per modo di poter conoscere, quando si vede, se è ben formato o no. In prima, chi considererà la facciata dinanzi, lo vedrà levato da terra o in su ordine di scalee o di muricciuoli, tanto che quello sfogo lo faccia uscir di terra con grandezza, e serva che le cucine o cantine sotto terra siano più vive di lumi e più alte di sfogo; il che anco molto difende l'edificio da' terremuoti e altri casi di fortuna. Bisogna poi che rappresenti il corpo dell'uomo nel tutto e nelle parti similmente, e che per avere egli a temere i venti, l'acque e l'altre cose della natura, egli sia fognato con ismaltitoi che tutti rispondino a un centro che porti via tutte insieme le bruttezze et i puzzi che gli possano generare infermità. Per l'aspetto suo primo, la facciata vuole avere decoro e maestà et essere compartita come la faccia dell'uomo: la porta da basso et in mezzo, così come nella testa ha l'uomo la bocca, donde nel corpo passa ogni sorte di alimento; le finestre per gli occhi, una di qua e l'altra di là, servando sempre parità, che non si faccia se non tanto di qua quanto di là negli ornamenti o d'archi, o colonne, o pilastri, o nicchie, o finestre inginocchiate, o vero altra sorte d'ornamento, con le misure et ordini che già s'è ragionato, o dorici, o ionici, o corinti, o toscani. Sia il suo cornicione che regge il tetto fatto con proporzione della facciata, secondo ch'egli è grande, e che l'acqua non bagni la facciata e chi sta nella strada a sedere. Sia di sporto secondo la proporzione dell'altezza e della larghezza di quella facciata.