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Entrando dentro, nel primo ricetto sia magnifico, e unitamente corrisponda all'appiccatura della gola ove si passa, e sia svelto e largo, acciò che le strette o de' cavalli o d'altre calche che spesso v'intervengono, non faccino danno a lor medesimi nell'entrata o di feste o d'altre allegrezze. Il cortile, figurato per il corpo, sia quadro et uguale, o vero un quadro e mezzo, come tutte le parti del corpo, e sia ordinato di porte e di parità di stanze dentro con belli ornamenti. Vogliono le scale publiche esser commode e dolci al salire, di larghezza spaziose e d'altezza sfogate, quanto però comporta la proporzione de' luoghi. Vogliono oltre acciò, essere ornate e copiose di lumi, et almeno sopra ogni pianerottolo, dove si volta, avere finestre o altri lumi; et insomma vogliono le scale in ogni sua parte avere del magnifico, attesoché molti veggiono le scale e non il rimanente della casa. E si può dire che elle sieno le braccia e le gambe di questo corpo; onde, sì come le braccia stanno dagli lati dell'uomo, così deono queste stare dalle bande dell'edificio. Né lascerò di dire che l'altezza degli scaglioni vuole essere un quinto almeno, e ciascuno scaglione largo due terzi, cioè come si è detto, nelle scale degli edifici publici, e negli altri a proporzione; perché quando sono ripide non si possono salire né da' putti né da' vecchi, e rompono le gambe. E questo membro è più difficile a porsi nelle fabriche, e per essere il più frequentato che sia e più comune, avviene spesso, che per salvar le stanze le guastiamo. E bisogna che le sale con le stanze di sotto faccino un appartamento commune per la state, e diversamente le camere per più persone; e sopra siano salotti, sale e diversi appartamenti di stanze che rispondino sempre nella maggiore; e così faccino le cucine e l'altre stanze; ché, quando non ci fosse quest'ordine et avesse il componimento spezzato, et una cosa alta e l'altra bassa, e chi grande e chi picciola, rappresenterebbe uomini zoppi, travolti, biechi e storpiati: le quali opre fanno che si riceve biasimo e non lode alcuna. Debbono i componimenti dove s'ornano le facce o fuori o dentro, aver corrispondenza nel seguitar gli ordini loro nelle colonne, e che i fusi di quelle non siano lunghi o sottili, o grossi o corti, servando sempre il decoro degli ordini suoi. Né si debbe a una colonna sottile metter capitel grosso né base simili, ma secondo il corpo le membra, le quali abbino leggiadra e bella maniera e disegno. E queste cose son più conosciute da un occhio buono, il quale, se ha giudicio, si può tenere il vero compasso e l'istessa misura, perché da quello saranno lodate le cose e biasimate.

E tanto basti aver detto generalmente dell'architettura, perché il parlarne in altra maniera non è cosa da questo luogo.

DELLA SCULTURA

Cap. VIII. Che cosa sia la scultura, e come siano fatte le sculture buone, e che parti elle debbino avere per essere tenute perfette.

La scultura è una arte che levando il superfluo dalla materia suggetta, la riduce a quella forma di corpo che nella idea dello artefice è disegnata. Et è da considerare che tutte le figure, di qualunque sorte si siano, o intagliate ne' marmi o gittate di bronzi o fatte di stucco o di legno, avendo ad essere di tondo rilievo, e che girando intorno si abbino a vedere per ogni verso, è di necessità che a volerle chiamar perfette ell'abbino di molte parti.

La prima è che, quando una simil figura ci si presenta nel primo aspetto alla vista, ella rappresenti e renda somiglianza a quella cosa per la quale ella è fatta, o fiera o umile o bizzarra o allegra o malenconica, secondo chi si figura; e che ella abbia corrispondenza di parità di membra: cioè non abbia le gambe longhe, il capo grosso, le braccia corte e disformi; ma sia ben misurata, et ugualmente a parte a parte concordata dal capo a' piedi. E similmente, se ha la faccia di vecchio, abbia le braccia, il corpo, le gambe, le mani et i piedi di vecchio, unitamente ossuta per tutto, musculosa, nervuta, e le vene poste a' luoghi loro. E se arà la faccia di giovane, debbe parimente esser ritonda, morbida e dolce nell'aria, e per tutto unitamente concordata. Se ella non arà ad essere ignuda, facciasi che i panni ch'ella arà ad aver addosso, non siano tanto triti ch'abbino del secco, né tanto grossi che paino sassi; ma siano con il loro andar di pieghe girati talmente, che scuoprino lo ignudo di sotto, e con arte e grazia talora lo mostrino e talora lo ascondino, senza alcuna crudezza che offenda la figura. Siano i suoi capegli e la barba lavorati con una certa morbidezza, svellati e ricciuti, che mostrino di essere sfilati, avendoli data quella maggior piumosità e grazia che può lo scarpello: ancora che gli scultori in questa parte non possino così bene contraffare la natura, facendo essi le ciocche de' capelli sode e ricciute, più di maniera che di immitazione naturale. Et ancora che le figure siano vestite, è necessario di fare i piedi e le mani che siano condotte di bellezza e di bontà come l'altre parti. E per essere tutta la figura tonda, è forza che in faccia, in profilo e di dietro ella sia di proporzione uguale, avendo ella a ogni girata e veduta a rappresentarsi ben disposta per tutto. È necessario adunque che ella abbia corrispondenza, e che ugualmente ci sia per tutto attitudine, disegno, unione, grazia e diligenza; le quali cose, tutte insieme, dimostrino l'ingegno et il valore dell'artefice.

Debbono le figure così di rilievo come dipinte, esser condotte più con il giudicio che con la mano, avendo a stare in altezza dove sia una gran distanza; perché la diligenza dell'ultimo finimento non si vede da lontano, ma si conosce bene la bella forma delle braccia e delle gambe, et il buon giudicio nelle falde de' panni con poche pieghe: perché nella semplicità del poco si mostra l'acutezza dell'ingegno. E per questo le figure di marmo o di bronzo, che vanno un poco alte, vogliono esser traforate gagliarde acciò che il marmo, che è bianco, et il bronzo, che ha del nero, piglino all'aria della oscurità, e per quella apparisca da lontano il lavoro esser finito, e d'appresso si vegga lasciato in bozze. La quale avvertenza ebbero grandemente gli antichi, come nelle lor figure tonde e di mezzo rilievo che negli archi e nelle colonne veggiamo di Roma, le quali mostrano ancora quel gran giudicio che egli ebbero; et infra i moderni si vede essere stato osservato il medesimo grandemente nelle sue opere da Donatello. Debbeno oltra di questo considerare, che quando le statue vanno in un luogo alto, e che a basso non sia molta distanza da potersi discostare a giudicarle da lontano, ma che s'abbia quasi a star loro sotto, che così fatte figure si debbon fare di una testa o due più d'altezza. E questo si fa, perché quelle figure che son poste in alto si perdono nello scorto della veduta stando di sotto e guardando allo in su; onde, ciò che si dà di accrescimento viene a consumarsi nella grossezza dello scorto, e tornano poi di proporzione, nel guardarle, giuste e non nane, ma con bonissima grazia. E quando non piacesse far questo, si potrà mantenere le membra della figura sottilette e gentili, che questo ancora torna quasi il medesimo.